- Chi glielo fa fare a Giorgia Meloni di imboccare quel sentiero accidentato della riforma costituzionale avendo memoria del prezzo pagato da quanti hanno sfidato la sorte, e i numeri, sullo stesso terreno?
- Rispetto a tutti i precedenti questa stagione di riforme, ammesso veda la luce, ha una particolarità unica. Per la prima volta a reggere il timone del processo c’è la sola cultura politica rimasta estranea alla stesura della Costituzione e al patto repubblicano. Per la destra è qualcosa che ha un valore politico e simbolico enorme. Per tutti gli altri si rivela un passaggio delicatissimo e assai rischioso.
- Se il metodo studiato e offerto da palazzo Chigi si riassume nel lodo, «cambieremo la forma di governo parlamentare con o senza di voi perché abbiamo il mandato popolare a farlo» sarà dovere delle opposizioni dichiarare sul punto lo scontro più duro fuori e dentro le aule parlamentari negando l’esistenza stessa di quel mandato avendo la destra raccolto il consenso di un quarto, poco più, dell’elettorato complessivo.
Ma chi glielo fa fare? A Giorgia Meloni intendo. Chi glielo fa fare di imboccare quel sentiero accidentato della riforma costituzionale avendo memoria del prezzo pagato da quanti hanno sfidato la sorte, e i numeri, sullo stesso terreno? Da ultimo era toccato a Matteo Renzi congedarsi da palazzo Chigi dopo l’esito del referendum che lo aveva bocciato senza riserve. Ora, davvero si può pensare che sette anni più tardi la spinta a rimettersi in gioco sulla stessa materia sia un deficit di effici



