Non c’è un «asse» fra Salvini e Zingaretti sul maggioritario, il segretario Pd deve respingere un’altra durissima ondata di critiche che nasce dalla notizia di un presunto accordo con la Lega per conservare la legge esistente. Martedì sera durante la direzione del Pd laziale in effetti il segretario, annunciando l’accordo con i Cinque stelle nella sua regione, il Lazio – operazione di rafforzamento della giunta che ha messo comunque di malumore le minoranze – ha tratteggiato uno scenario futuro che rende particolarmente utili le alleanze: «Si voterà con il sistema elettorale attuale, maggioritario, perché Forza Italia si è sfilata dal proporzionale», dunque l’alleanza serve anche per non isolarsi e fare solo testimonianza «come fece Renzi».

Fin qui però la proposta del Pd è una legge proporzionale. Che durante l’ultimo scampolo del governo Conte II è stata bloccata da Italia viva. Insorge Matteo Orfini, leader dei Giovani turchi, una delle minoranze durissime contro il segretario: «Abbiamo tagliato i parlamentari per subalternità al M5s e ora facciamo il maggioritario per compiacere la destra. Ovviamente avendo negli organismi deciso di fare esattamente l’opposto», scrive su Facebook, «Mi chiedo se arriverà mai un momento in cui il gruppo dirigente del Pd proverà a fare una cosa semplice: non quello che vogliono Di Maio e Salvini, ma quello che vuole il Pd». Il Nazareno replica con una sciabolata: la notizia dell’asse Salvini-Zingaretti sul maggioritario «è totalmente priva di fondamento», il Pd è per il proporzionale, «creare polemiche infondate fa parte del degrado politico nel quale è precipitato il confronto interno del Pd contro il suo gruppo dirigente».

Controreplica di Orfini: «Il degrado lo ha prodotto chi in un organismo politico ha sciattamente comunicato che quanto discusso in tre riunioni della direzione e votato all’unanimità era superato perché Salvini e la destra non erano d'accordo», «Accolgo la nota delle autorevoli anonime fonti del Nazareno come una opportuna correzione delle parole avventate dette dal segretario Zingaretti alla direzione del Lazio». Toni durissimi. Ormai Forza Italia si è sfilata dal fronte del proporzionale, è molto probabile che resti il famigerato «Rosatellum», con le necessarie correzioni alle storture della rappresentanza che provoca, tanto più dopo il taglio dei parlamentari.

Ma lo scontro ormai è su tutto. Le due minoranze che chiedono il congresso anticipato, Giovani turchi e Base riformista, criticano la linea politica del Pd e ne chiedono la correzione. «È incredibile», sbotta il segretario, «I contagi continuano a crescere, sta arrivando la terza ondata, le dosi dei vaccini sono a rischio e noi parliamo di congressi e giochi di potere». Quanto alla linea contestata, «tutte le decisioni sul governo Conte, la proposta di legge elettorale, la gestione della crisi e la formazione del governo Draghi, sono state prese collegialmente da organismi dirigenti unitari. Così come la condotta parlamentare in questi tre anni è stata guidata da capigruppo che non avevano sostenuto questa segreteria. Una delle condizioni fondamentali dei rapporti politici è la lealtà». Zingaretti, da segretario, aveva scelto di non cambiare i presidenti dei gruppi con esponenti vicini alla sua maggioranza. Ma l’assedio al segretario sembra arrivare anche da altri fronti. Ha colpito ieri un tweet di Pier Luigi Castagnetti: «Osservo dalla periferia e con qualche sofferenza la crisi del Pd. Capisco la resistenza Zingaretti verso un congresso straordinario. Ma a fronte di sondaggi al 14 per cento qualcosa di straordinario bisognerà pure inventarsi. E anche subito». Castagnetti è un padre nobile del Pd, un popolare e un dirigente prudente negli interventi sul partito, anche perché considerato vicino al Colle.

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