Mi indigna Beppe Grillo, ovvero il video da lui pubblicato su Facebook per difendere il figlio (e dunque anche gli altri tre ragazzi del branco) dalle accuse di stupro di gruppo.

È la versione 2.0 della tragica figura della mamma primordiale che difende il picciriddu perché “quella puttana la dava a tutti”. Familismo amorale, come nel famoso saggio di Edward Banfield: hai un figlio maggiorenne, ma parli – anzi sbraiti - tu per lui, tra ansia di protagonismo e difesa tribale dell’integrità del nome di famiglia.

Mi indigna che Beppe Grillo non riesca a immaginare quale dramma sia per una ragazza subire uno stupro di gruppo e trovare il coraggio di denunciarlo, proprio perché poi ci saranno persone come lui che dicono: «Era solo divertimento».

Mi indigna che Beppe Grillo sottolinei come la denuncia sia arrivata dopo ben otto giorni. Otto giorni per me sono pochi.  Magari una persona ci mette due anni.

Evidentemente Grillo non conosce cosa sia la vergogna. La vergogna è quella cosa a cui soprattutto le donne sono state educate. Se non dai genitori (sono rarissimi ancor oggi i casi di famiglie che non te la lasciano in dote), dalla società, dagli insegnanti, dalle vecchie zie, dalla lettura dei giornali, dai blog, dalla televisione.

La vergogna è quella stravolgente sensazione che si prova perché ti sei ubriacata o drogata, e comunque perché ti sei messa in condizione di farti far del male nonostante gli avvertimenti: “Non uscire, non frequentare, non vestirti così”.

La vergogna si prova quando qualcuno dice: “Te la sei cercata”, o peggio ancora quando qualcuno sostiene che ti sei pure divertita, che come no, è uno spasso la gang bang, non lo sapete? Tutte le ragazze non sognano altro che una bella gang bang, farsi scopare in rapida successione dal carino, dal brutto coi brufoli, da quello con le gambe arcuate e da quello col pisello che sa di pipì, solo perché sono nella stessa stanza. Ma come no? È divertimento matto!

E certo, il giorno dopo vai in kitesurf magari non per cercare di dimenticare, di vedere se riesci a scacciarti dalla testa il senso di disgusto e dal corpo il dolore di una violenza, ci vai, secondo Beppe Grillo, perché sei talmente allegra per la bella nottata che desideri solo fare qualche altra acrobazia, e chissà che questa sera non capiti di nuovo!

Mi indigna che Beppe Grillo abbia taciuto per le feste di Alberto Genovese, per gli stupri della famigerata Terrazza sentimento, senza prendersela con i magistrati, e invece difenda la nottata post Billionaire di suo figlio e degli amici.

Quindi, per lui Alberto Genovese è giustamente in carcere, mentre suo figlio e gli amici sono solo dei simpaticoni e non meritano nemmeno il rinvio a giudizio? Improvvisamente ultra garantista? C’è qualcosa che non mi torna.

Mi indigna che Beppe Grillo faccia finta di non immaginare che se questo probabile rinvio a giudizio arriverà dopo ben un anno e mezzo dalla controversa nottata è, forse, perché c’era un governo Conte e poi un Conte bis.

Da tempo mi chiedevo come mai questi tempi dilatati. E ora invece il comico genovese interpreta la parte di vittima di un complotto politico, il Navalny di Porto Cervo, “Arrestate me”.

Mi indigna che il disprezzo per le donne possa arrivare a tanto, essere così pervasivo da accusare una ragazza che evidentemente non è in cerca di pubblicità (altrimenti l’avremmo già vista da Giletti o magari dalla Berlinguer) di essersi inventata tutto, di aver passato in pratica una serata in allegria e magari di aver denunciato i quattro buontemponi con cui si è accoppiata solo perché le sono venuti a noia, o non le hanno più concesso le loro performanti attenzioni.

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