C’è la guerra, ma la guerra del fisco. I partiti della maggioranza litigano, si accapigliano, urlano e si dividono sulla riforma in esame in parlamento. Un tale caos che l’iter della delega fiscale si è fermato, dovrà pensarci il premier Mario Draghi a rimettere insieme i pezzi, ennesimo scivolone che mette alla prova il governo in un momento delicatissimo sul piano internazionale e interno. Ma che ci sia una guerra alle porte d’Europa pare non importi ai partiti italiani.

Claudio Borghi, deputato della Lega molto vicino a Matteo Salvini, nella tarda serata di mercoledì ha scritto un tweet che ha riassunto ironicamente quanto è successo poco prima in commissione Finanze alla Camera: «Delega fiscale, ciao ciao».

È stato l’epilogo di una discussione tra i partiti di maggioranza andata ancora una volta molto male. Questa volta, però, c’è stata un’aggravante: nell’infruttuosa dialettica sulla riforma fiscale, tra governo e il centrodestra, le vittime sono state un microfono, un fascicolo e la campanella del presidente Luigi Marattin (Italia viva) lanciati a terra con furia dal deputato Alessio Villarosa (ex M5s, ora nel gruppo misto).

I lavori si sono ovviamente fermati e, a differenza delle altre volte, non riprenderanno finché non sarà il governo a trovare una soluzione. Matteo Salvini, che con il suo partito critica apertamente la riforma, ha chiesto un incontro al premier Mario Draghi «per evitare nuove tasse», si terrà la prossima settimana, e ha assicurato che parlerà con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Il problema dei numeri

I primi problemi seri sono iniziati con il catasto il mese scorso, quando la Lega ha provato in tutti modi a cancellare la parte del provvedimento che riguardava il tema. «L’opposizione della Lega sulla delega fiscale era prevista, andiamo avanti, c’è stata già una discussione in commissione, l’abbiamo vinta due volte, speriamo di vincerla ancora», ha detto il premier Mario Draghi prima che il clima in commissione esplodesse.

Nella seduta serale, i deputati si sono occupati principalmente di addizionali dell’Irpef. Argomenti apparentemente semplici ma i voti hanno comunque preso una piega rischiosa, con modifiche respinte per un solo voto di scarto o per pareggio (che alla Camera vale come un “no”).

Dal catasto all’Imu

Luigi Marattin (Italia viva) - Foto LaPresse

Il clima è peggiorato quando si è iniziato a parlare sull’esenzione dell’Imu per alcuni tipi di immobili. La Lega ha presentato un emendamento sulla questione, sottoscritto anche da Forza Italia. Dopo una serie di interventi a favore della modifica, con la rappresentante del governo Maria Cecilia Guerra (sottosegretaria all’Economia), che invece aveva dato parere contrario, il presidente Marattin ha deciso di sospendere la seduta notturna prima di porre in votazione l’emendamento. Erano passate le 22, orario fissato in precedenza entro cui chiudere i lavori.

Intervengono i commessi

Sono iniziate le proteste, molto accese, con alcuni parlamentari che hanno aggredito verbalmente il presidente che è rimasto in piedi nella sua postazione. Il momento di tensione ha richiesto l’intervento dei commessi, il personale che contribuisce alla gestione del parlamento, per separare alcuni deputati e, soprattutto, allontanarli da Marattin. Villarosa del gruppo Misto ha lanciato alcuni oggetti presenti sul tavolo. Marco Osnato di Fratelli d’Italia ha urlato al presidente: «Qui finisce male».

Marattin ha riferito tutto al governo e da qui in avanti lascerà che se ne occupi: «Le riforme non si fanno “24 a 24”, ho rimesso la questione a palazzo Chigi per un chiarimento politico e ho annullato tutte le convocazioni della commissione. Così non si può andare avanti». La delega fiscale è quindi definitivamente ferma. «Le mediazioni in commissione sono finite», ha detto Marattin.

Il tema delle tasse

Salvini in mattinata ha organizzato un vertice della Lega con i responsabili economici del partito. Al termine ha annunciato che i partiti di centrodestra che stanno al governo chiederanno un incontro a Draghi. Il motivo ufficiale del colloquio è di «evitare nuove tasse», che al momento la delega fiscale però non prevede; quello ufficioso, invece, è di spremere la precaria maggioranza su cui si regge l’esecutivo. E logorare ancora la leadership di Draghi. Lo stesso premier ha ribadito che «il governo non ha alcuna intenzione di aumentare le tasse», la riforma «non porta incrementi sull’imposizione fiscale degli immobili».

Il Pd, con il segretario Enrico Letta, ha difeso il governo: «È incomprensibile e assurdo che si pongano le condizioni per una potenziale crisi in questo momento», ha detto Letta, che ha aggiunto: «Basta terrorismo comunicativo, basta campagna elettorale fatta da parte della destra su questi temi». Il presidente del M5s, Giuseppe Conte, si è limitato a dire di «essere preoccupato dall’atteggiamento molto rigido di alcune forze di centrodestra».

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