Un campo di calcio dove ci sono solo terreni, con tanto di area verde a disposizione dei cittadini, sette giorni su sette come segno di riscatto di un’area più periferica.

Un maxi progetto, a Venezia in località Tessera, con l’obiettivo ambizioso di rendere un gioiellino una zona da riqualificare, facendola assurgere a simbolo del Pnrr che cambia il volto delle città italiane.

Una delle storie di copertina del Recovery plan. Un cantiere che sarebbe solo l’apripista per una serie di interventi nell’hinterland della città lagunare. Da Jesolo a Portogruaro, da Spinea a Mira con una spesa complessiva di 333 milioni di euro.

Malcontento sui territori

Ma il sogno di costruire a Venezia quello che è stato ribattezzato Bosco dello Sport rischia di tramutarsi in un incubo, a causa dei tagli al Pnrr. La scure romana si abbatte ovunque, pure nel cuore del Veneto leghista, feudo di Luca Zaia, e nella città amministrata da Luigi Brugnaro, alleato di governo di Giorgia Meloni. La rimodulazione del Piano annunciata dal ministro Raffaele Fitto non fa sconti. A nessuno.

Tra i Piani urbani integrati c’è una voce dedicata a Venezia per il progetto, denominato Più sprint, che si trova nello stesso maxi capitolo dei programmi per la riqualificazione del quartiere Corviale a Roma e di Scampia a Napoli. Intorno alla laguna era stata ideata una delle “rivoluzioni” più ambiziose e di conseguenza più impegnative da un punto di vista economico. Un esborso di 333 milioni di euro, di cui solo una parte – 139 milioni – dovrebbe essere coperta dal Pnrr. Il condizionale è d’obbligo. Gli annunci di Fitto possono cambiare le carte in tavola, creando confusione e malcontento.

Un paradosso per la maggioranza di centrodestra che continua a promettere l’autonomia per accarezzare l’elettorato del nord, garantendo un raggio di azione più ampio a governatori e sindaci, salvo far infuriare gli amministratori locali, sia delle città che delle regioni. Indipendentemente dal colore politico.

Un bosco a Venezia

La storia è un puzzle complicato. Appena un mese fa Brugnaro gongolava per il decreto che ha sbloccato i 93 milioni di euro da spendere per il Bosco dello Sport, che prevede la realizzazione di uno stadio, un’arena, l’ultimazione della viabilità Tessera-aeroporto, insieme alle opere di urbanizzazione interna, all’arricchimento verde e alla valorizzazione del paesaggio, con l’istituzione di un’area educational. Un luogo multifunzionale, in grado di garantire la sostenibilità economico-finanziaria. Questa è la formula magica dell’amministrazione veneziana.

Il nome evoca il bosco proprio perché riprende il proposito di attuare la piantumazione di 100mila tra arbusti e alberi, sebbene gli ambientalisti non siano dello stesso parere.

«L’area di intervento (Venezia-Tessera) non presenta alcuna delle caratteristiche di degrado sociale e di vulnerabilità previste dalla normativa, avendo indici di criminalità bassissimi e una struttura territoriale prevalentemente costituita da villette unifamiliari all’interno di un paesaggio agrario incontaminato», ha sostenuto l’associazione Italia nostra.

In ogni caso si tratta di un’imponente opera di rifacimento da compiere entro il 2026, in ossequio alla scadenza imposta dal Pnrr. Al momento vige un sentimento di incertezza. I 93 milioni di euro per il “bosco” sono stati annunciati in pompa magna e dovrebbero comunque arrivare.

Tagli al Piano

L’incognita maggiore riguarda l’altra parte del finanziamento, i 46 milioni di euro necessari per una miriade di altri lavori. L’impatto complessivo è infatti calibrato su 1.815.000 metri quadrati, interessando in maniera diretta 700mila residenti nei comuni della città metropolitana di Venezia. Ma con la possibile estensione a un bacino di oltre 2 milioni e mezzo di cittadini abbracciando le altre province venete, Padova e Treviso, perché, come si legge nella tabella di presentazione di Più sprint, c’è da considerare l’afflusso «di presenze turistiche lungo il litorale adriatico, nella città storica e nei percorsi turistici naturalistici metropolitani, direttamente coinvolti dai benefici degli interventi».

Il decreto ministeriale che ha approvato la richiesta di finanziamento riporta ogni intervento per cui era stato messo a disposizione il plafond targato Pnrr. In ballo, tra gli altri, ci sono i 4 milioni di euro per la riqualificazione del polo sportivo Valmarana, una cittadella dello sport a uso polivalente nel comune di Mira. Il tutto a consumo di suolo zero.

A San Donà di Piave sono stati destinati altri 4 milioni e 200mila euro per rendere funzionale la «cantina del talenti» che, almeno negli obiettivi dichiarati, vuole diventare ad «alta intensità di frequentazione».

Oltre alle funzionalità sociali, il polo è stato pensato come un possibile volano di «crescita occupazionale per l’intero territorio, attraverso percorsi di miglioramento e diversificazione delle competenze per i giovani e per altre figure neet». Un modello di transizione e riqualificazione contro la disoccupazione giovanile.

L’elenco prosegue con i 2 milioni e 800mila euro per Spinea stanziati per la «riqualificazione degli spazi urbani», confermando la vocazione di quella che è stata la città europea dello sport nel 2023. E ancora ci sono i 2 milioni e mezzo a Jesolo per «ristrutturare l’edificio comunale di via Petrarca, noto come “ex ragioneria”, trasformandolo in uno spazio polivalente», e i 2 milioni di euro per l’impianto di Vetrego, a Mirano, giusto per citare i cantieri che richiedono investimenti più sostanziosi.

Gli interrogativi, ora, si moltiplicano. Il mantra di Fitto e del governo è quello di garantire in ogni caso i finanziamenti per le opere attingendo eventualmente ad altri capitoli. Si vedrà. Del resto la storia del programma Più sprint è stata travagliata fin dall’inizio. Il governo, in un primo momento, lo aveva escluso, poi c’era stato il ripensamento. E adesso l’incognita dei progetti sui piani urbani integrati, congelati nel Pnrr.

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