Segretario Maurizio Landini, domani la Cgil sarà a Napoli per un’altra tappa della Via Maestra, con le associazioni, su lavoro, Europa, pace. A che punto è il dialogo con il governo?

Il nostro è un percorso che nasce dalle manifestazioni contro la guerra e riafferma il rapporto che si è costruito fra Cgil, associazioni, laiche e cattoliche, e reti di cittadinanza. Poniamo al governo, e al paese, la necessità di politiche e riforme che attuino la Costituzione, a partire dalla centralità del lavoro, che non deve essere precario e deve essere sicuro, l’aumento dei salari e delle pensioni, il rafforzamento del servizio sanitario nazionale e del sistema d’istruzione, la costruzione della pace dalla diplomazia: non è il momento di aumentare le spese militari. L’unità del paese è un valore: diciamo no all’autonomia differenziata e al premierato che scardinano la Costituzione. L’attacco avviene anche sulla libertà d’informazione e sull’autonomia della magistratura: denunciamo una logica crescente di autoritarismo che porta il governo a mettere in discussione il ruolo delle organizzazioni sindacali, e in fin dei conti delle persone che lavorano.

Le riforme di cui parla sono ora alle camere. Ma sull’occupazione, il governo rivendica buoni risultati.

Il governo dà i numeri. Abbiamo 4 milioni e mezzo di persone che lavorano part time, 3 milioni con contratti a termine, un milione di somministrati, altrettanti a chiamata, aumentano il lavoro autonomo e le finte partite Iva. Milioni di persone pur lavorando sono povere. Nel paese aumentano diseguaglianze e povertà, e sono in discussione il diritto alla salute, all’abitare, e la sicurezza sul lavoro. Le politiche che il governo propone, anziché affrontare alla radice questi problemi, li alimentano.

Perché i morti sul lavoro hanno i numeri da guerra, e gli stessi da anni?

Perché è il modello di fare impresa che si è affermato in questi anni ad uccidere. I morti sul lavoro, nella stragrande maggioranza, avvengono nel sistema degli appalti e dei subappalti, riguardano in misura maggiore il settore edilizio, dei trasporti, della manutenzione, persone spesso precarie. Questo modo di fare impresa è favorito, da anni, da una legislazione balorda. Da noi un’impresa è controllata una volta ogni quindici anni, se va bene. Anziché investire sulla prevenzione, sulla formazione e sul potenziamento degli ispettorati e della medicina del lavoro, si è liberalizzato il mercato e si sono ridotti i vincoli. Bisogna eliminare i subappalti a cascata, la logica del massimo ribasso, e investire in protezioni di sicurezza. In questi anni sono aumentati gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Perché il governo si è rimangiato il redditometro?

Perché non vuole colpire l’evasione fiscale e continua a fare marchette elettorali in quella direzione. Gli strumenti per combatterla ci sono: quelli per tracciare gli spostamenti di denaro, mettere in collegamento le banche dati. Manca la volontà. In un paese dove l’evasione continua ad ammontare fra gli 80 e i 90 miliardi l’anno, e l’Irpef al 90 per cento è pagata dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, proponiamo da tempo una vera riforma fiscale. Il governo si è fatto dare dal parlamento una delega senza discutere con nessuno, neanche con noi. Ma noi rappresentiamo quelli che le tasse le pagano e garantiscono i servizi sociali anche per quelli che non le pagano. Abbiamo un diritto in più di dire la nostra e pretendiamo un confronto.

La raccolta delle firme sui vostri referendum coincide con la campagna elettorale. Era voluto?

Le firme vanno presentate entro settembre, per non raccoglierle ad agosto siamo partiti prima. Puntiamo a consegnarle a luglio. Vogliamo mettere nelle mani dei lavoratori e dei cittadini la possibilità di cambiare le leggi sbagliate e di cancellare la precarietà.

Elly Schlein ha firmato anche il quesito sul jobs act, ma il Pd si è diviso.

Noi mettiamo in discussione tutta la legislazione che è stata fatta negli ultimi 25 anni, dalla fine degli anni 90. Sugli appalti, la legge che ha cancellato la parità di trattamento economico e normativo risale al 2003, governo Berlusconi. Sulla liberalizzazione dei contratti a termine, l’ultimo che ha dato un ulteriore colpo è il governo Meloni. La cancellazione delle tutele contro i licenziamenti ingiusti, che sono un diritto di civiltà, è stata fatta dal jobs act, governo Renzi. Quanto a Schlein, mi pare sia stata coerente: ha contestato quella legge, ha scritto nel suo programma la cancellazione. Ma è importante la quantità di firme che stiamo raccogliendo tra tutti i cittadini e, oltre agli esponenti Pd, da un arco vasto della politica, da Conte, a Bonelli e Fratoianni, a Rifondazione, Santoro, Vauro, intellettuali, giuristi e anche esponenti della Chiesa.

Ma era chiaro che Conte avrebbe usato questo referendum come una clava contro il Pd.

A me pare che se la politica vuole recuperare credibilità e rappresentanza sociale, è sia utile che si ponga il tema di rappresentare le persone che per vivere debbono lavorare. Che sono la maggioranza. Noi proponiamo che tutte le persone che lavorano abbiano stessi diritti e stesse tutele normative e salariali.

C’è chi dice che è un referendum senza senso, perché tornare alla legge Fornero non significa ripristinare il vecchio Art.18.

Non ci limitiamo ai referendum. Presenteremo alcune proposte di iniziativa popolare sui temi del mercato del lavoro, della sanità, di una legge sulla rappresentanza, del lavoro autonomo e di quello regolato da algoritmi, dell’equo compenso e della validità generale dei contenuti normativi e salariali dei contratti nazionali. Rilanciamo la lotta per il rinnovo dei contratti nazionali che quest’anno riguarda milioni di lavoratori, pubblici e privati. Al governo e alle imprese diciamo che c’è un’emergenza salariale che si affronta aumentando i salari e contrastando la precarietà. C’è un problema di qualità del lavoro che si afferma riducendo gli orari e garantendo il diritto alla formazione.

È già in corso una raccolta di firme dei partiti del centrosinistra sul salario minimo. Firmerete quella?

Siamo favorevoli all’introduzione per legge del salario orario minimo. Ma è necessario fare anche una legge sulla rappresentanza che cancelli i contratti pirata e faccia diventare i contenuti dei contratti, salariali ma anche normativi - ferie, malattie, infortuni, orari - diritti per tutte le persone.

E se il referendum dovesse essere perso, o non raggiungesse il quorum? Non sarebbe un boomerang?

Ogni anno 120mila giovani se ne vanno all’estero. Così il Paese ha già perso speranza e futuro. È il momento del coraggio. Noi crediamo che la maggioranza dei cittadini italiani è pronta a costruire un Paese più giusto. Ci rivolgiamo a tutti, chiediamo di partecipare per restituire i diritti tolti.

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