La salute di Silvio Berlusconi fa registrare leggeri miglioramenti, tanto che lui stesso avrebbe chiesto di tornare a casa nonostante l’infezione polmonare in corso.

E così in Forza Italia scatta subito l’operazione di rimozione: tutto resterà uguale, come se nulla fosse. Le notizie sulle condizioni dell’ex presidente del Consiglio sono moderatamente incoraggianti. Dal punto di vista clinico, il primario di terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele e medico personale del leader di FI, Alberto Zangrillo ha fatto il punto: «Sono sereno e in qualche modo fiducioso» perché «le cose stanno andando secondo gli standard attesi».

C’è stata l’ammissione di un «coinvolgimento» particolare per «una persona che ci ha abituato a rispondere sempre al meglio. E anche davanti a una patologia grave, in una situazione veramente difficile, sta rispondendo bene alle terapie».

La polemica di Zangrillo

Nemmeno in questa occasione Zangrillo ha perso il gusto della polemica: «Ci sono dei personaggi che dovrebbero essere seri e che pensano di contravvenire quella che è la regola aurea della medicina di parlare quando si hanno tutte le informazioni».

Il primario del San Raffaele non ha gradito infatti le previsioni sul futuro del leader di Forza Italia: spetterà a lui pronunciarsi «sul fatto che Berlusconi potrà o meno continuare a lavorare e a fare politica».

Parole che rafforzano il sentimento di una «rinascita, se non una resurrezione», come l’ha definita, con riferimento al clima pasquale, Gianni Letta, al termine della visita al San Raffaele.

L’ex sottosegretario ha poi garantito che Berlusconi «tornerà in campo». Una narrazione con risvolti politici: il dopo Berlusconi può attendere. Come se non ci fossero i problemi di salute pregressi e una leucemia da affrontare per l'anziano leader.

Sulla stessa posizione si sono attestate fonti vicine alla famiglia, che hanno voluto far sapere, in via informale, come il fondatore di FI può «seguire con attenzione i vari dossier» seppure «nei limiti imposti dall’attuale situazione clinica e dalle terapie in corso».

Insomma, può fare quel che può. Che è oggettivamente poco, dato il quadro clinico.

Paolo Barelli, capogruppo alla Camera di Forza Italia e interprete del pensiero del vicepremier azzurro, Antonio Tajani, si è fatto promotore della linea rassicurante: «Non ci sono congressi in vista, né scissioni», ha detto.

Quindi, ha aggiunto il presidente dei deputati azzurri, «la volontà del presidente è di pretendere sempre di più dalla sua squadra». Una strategia che tuttavia può portare il partito dritto a sbattere: l’impreparazione al dopo Berlusconi alimenta l'incertezza.

L’apripista Rotondi

C’è, tuttavia, il sospetto tra alcuni dirigenti azzurri, ossia che l’asse formato da Marta Fascina, regista politica ad Arcore nel ruolo di compagna di Berlusconi, e Tajani, sua sponda nel partito e nel governo, voglia puntare a rafforzare la propria posizione. Come? Sfruttando la riorganizzazione voluta, almeno nel racconto mediatico, dal capo storico.

La diarchia Fascina-Tajani avrebbe il modo di rafforzarsi nel partito, ma con un esito tutto da valutare. I prossimi passaggi elettorali, dalle comunali 2023 alle europee 2024, non sono eludibili: il consenso degli azzurri è legato alla figura carismatica del leader ed è difficile che possa essere congelato indipendentemente dal suo stato di salute.

«Forza Italia è Berlusconi», ha ripetuto Confalonieri nelle ultime ore, dando forma a un timore ricorrente negli sfoghi privati di alcuni parlamentari, influenzati anche dall’emotività del momento: «Senza il presidente, il partito non esiste».

Per questo nelle prossime settimane può diventare un esempio il “modello-Rotondi”, in riferimento a quanto fatto dal berlusconiano doc, Gianfranco Rotondi, che non ha mai rinnegato il proprio credo democristiano, ma ha accettato la candidatura nelle liste di Fratelli d’Italia e oggi è iscritto al gruppo di Fdi a Montecitorio.

Senza dimenticare l'ala che fa riferimento alla capogruppo al Senato, Licia Ronzulli, sempre più esigua, ma che esiste ancora, proponendo istanze politiche più vicine alla Lega di Matteo Salvini che a Giorgia Meloni.

La presidente dei senatori ha rotto il silenzio per dire che lei «non si preoccupa di qualcosa di diverso che non sia la salute del presidente». Tesi che per il momento è ineccepibile: solo che riguarda il presente, non il futuro.

Dall’altra parte c’è il terzo polo che vuole attrarre voti e dirigenti forzisti: è un obiettivo dichiarato, e ripetuto di recente, da Matteo Renzi. Ed è un fatto oggettivo: Azione di Carlo Calenda ha già accolto profili come Mara Carfagna e Mariastella Gelmini con una storia politica legata a doppio filo con l’epoca d’oro del potere berlusconiano.

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