«Oggi Meloni non è che parlava da un posto qualunque, ma dal congresso di Vox, il partito neofranchista, il partito che vuole rilegittimare il regime franchista in Spagna. Meloni era lì ed era l’ospite d’onore del congresso».

Sono trascorsi due mesi dal 10 ottobre. Ma a rileggerle oggi, quelle frasi del segretario del Pd Enrico Letta, quel suo modo di mostrare, senza denunciare apertamente, l’assenza di gradi di separazione tra Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, neo franchisti e neo fascisti, sembrano pronunciate anni fa.

Perché nel mezzo Letta ha partecipato, con Meloni, alla presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa (17 novembre). Mentre ieri sera è salito sul palco di Atreju, la festa dei giovani di FdI in corso di svolgimento a Roma, dove è stato introdotto dalla stessa leader, come «un antesignano di questa festa».

In effetti una rapida ricerca permette di ritrovare una partecipazione di Letta datata 2005, sesta edizione di quella che all’epoca era la festa dei giovani di An dal titolo “Versus, l’elogio del contrasto”.

Ma al di là dell’aneddotica da album dei ricordi ciò che conta è che Letta è arrivato ad Atreju dopo aver consegnato al Corriere.tv testuali parole: «È bene che il presidente o la presidente della Repubblica venga eletto da larga maggioranza e abbia un largo sostegno e consenso, sarebbe contraddittorio il contrario. Se comprende anche Giorgia Meloni? Sì, sarebbe positivo coinvolgere anche l’opposizione». E allora è lecito domandarsi: cosa ha trasformato, in appena due mesi, una frequentatrice di pericolosi consessi neo franchisti in un’interlocutrice affidabile in vista delle elezioni del Quirinale?

In ginocchio da lei

C’è sicuramente un discorso di opportunità politico-istituzionale. Non sarebbe saggio, e Letta lo sa, presentare l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, come uno scontro tra i partiti. Ci sarà tempo per dividersi e regolare i conti nel segreto dell’urna. Oggi la parola d’ordine è armonia. Nessuno si deve sentire escluso. Ma c’è anche un certo imbarazzo. «Ho la vaga impressione, leggendo i giornali in questi giorni, che devo dare l’idea di non essere troppo in sintonia con Giorgia Meloni. È partito un film che non è reale, siamo qui come avversari», ha detto il segretario del Pd ad Atreju.

Avversari che però, ultimamente, sembrano piacersi un po’ troppo. E Letta non è il solo. Alla festa dei giovani di FdI sono passati e passeranno (si conclude il 12 dicembre) tutti i principali leader di partito e una buona rappresentanza di ministri.

Persino il M5s, ormai evidentemente diviso tra contiani e dimaiani, ha ritrovato una certa compattezza sull’argomento. L’ex premier Giuseppe Conte, con una battuta, ha incoronato Meloni come guida del centrodestra augurandosi, al tempo stesso, di poter «discutere con Fratelli d’Italia sulle riforme costituzionali».

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è spinto un passo oltre spiegando di temere che «nel centrodestra ci sia una profonda spaccatura sul Quirinale soprattutto a opera di Matteo Salvini, che in questo momento non so quanto possa essere affidabile. Sicuramente io reputo più affidabile Giorgia Meloni».

Insomma, volendo aggiornare uno slogan ormai diventato un marchio di fabbrica: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana e piaccio a tutti”. E forse non è un caso visto che il primo a legittimarla è stato Mario Draghi che, dal primo giorno di insediamento del suo governo, non ha mai smesso di dialogare e ascoltare le ragioni dell’unico partito di opposizione.

Fu vera conversione?

La leader di FdI si trova ovviamente a suo agio nel ruolo di centro dell’attenzione della politica nazionale. Si gode le investiture internazionali (per l’Economist potrebbe essere lei la «prima donna premier» d’Italia) e prova a percorrere la strada che la separa da palazzo Chigi.

In pochi però, di sicuro non Letta, sembrano ricordare che in Europa Meloni, presidente del partito dei conservatori europei (Ecr), è sempre alleata dei “neo franchisti” di Vox e dei polacchi del Pis che, fino a qualche settimana fa, non sembravano disdegnare l’idea di un gruppo sovranista insieme a Salvini, Viktor Orbán e Marine Le Pen. Non solo, in Italia non mancano certo esempi di Fratelli d’Italia con simpatie per stagioni e personaggi che hanno segnato in maniera indelebile la storia del nostro paese.

Insomma, non basta organizzare un “Natale dei conservatori” (questo il titolo dell’edizione 2021 di Atreju) per proporsi come qualcosa di nuovo e diverso dalla peggior destra europea.

Ma Meloni evidentemente ha capito le regole del gioco. Soprattutto ha capito che tutti, da Draghi a Letta, passando per Conte e forse financo Silvio Berlusconi, hanno bisogno di lei per mettere in difficoltà Salvini e creare tensioni all’interno di un centrodestra che, si presentasse alle urne unito, avrebbe ancora molte, troppe possibilità di vincere le elezioni.

  

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