Mercoledì le comunicazioni di Mario Draghi in parlamento. Il premier ha rassegnato le sue dimissioni, respinte dal presidente della Repubblica. Ora il paese è a un bivio. 

Conte parla ai parlamentari stellati

Conte interviene all’assemblea congiunta dei parlamentari del Movimento 5 Stelle. 

«Tutte le nostre richieste sono state respinte. C’è stato un atteggiamento di totale chiusura». Mario Draghi «ha tratto le conseguenze». La nostra non partecipazione al voto non era un voto contrario alla fiducia, ma dal comunicato di Draghi abbiamo dedotto che è stata intesa così. Il premier si assume la responsabilità della sua decisione di dimettersi nonostante esista una maggioranza a suo sostegno. 

Il «disagio politico»

«Abbiamo fatto le nostre proposte a Draghi, in nove punti; abbiamo mandato giù di tutto». Far parte di una maggioranza così ampia comporta compromessi ma il nostro sostegno non comporta la rinuncia alla giustizia sociale e alla transizione ecologica: «Se ci siamo noi devono esserci questi principi, altrimenti non possiamo esserci». Il nostro disagio politico in questo perimetro di maggioranza è stato manifestato a Draghi, ma non c’è stata nessuna indicazione concreta. Siamo scomodi, lo sappiamo, dice Conte, che parla di «ostilità nei confronti del Movimento». Non potremo condividere responsabilità di governo se non ci saranno prospettive di risoluzione per i temi che ci stanno a cuore.

L’ultimatum di Forza Italia

Per il partito di Silvio Berlusconi, che Mario Draghi continui a guidare un governo è auspicabile, ma questo governo deve reggersi su una maggioranza capace di escludere il Movimento 5 Stelle. In questa direzione si è espresso Antonio Tajani: «Noi abbiamo le idee molto chiare, non possiamo continuare a governare con i cinque stelle, la nostra presenza è alternativa alla loro. Se non ci sarà un altro governo Draghi senza i cinque stelle si tornerà a votare», ha detto l’eurodeputato, e coordinatore nazionale di Forza Italia.

Letta vuole «ritrovare il filo della maggioranza»

«Siamo dentro un casino incredibile», ha detto stamattina Enrico Letta, che spera in una ricomposizione della maggioranza e fa un appello ai Cinque Stelle. Parla in occasione del congresso del Psi, e dice: «Il nostro paese deve ritrovare il filo di questa maggioranza, che deve essere in grado di continuare a fare il suo lavoro bene nell'interesse del paese». Infine l’appello al Movimento 5 Stelle «perché sia della partita di mercoledì, con la voglia di rilanciare rispetto ai grandi contenuti nuovi che sono intervenuti». Il segretario Pd si dice comunque «pronto a combattere» in caso di elezioni in autunno.

La raccolta firme renziana

«Non è il momento di arrendersi alla rassegnazione. Va fatto di tutto per arrivare al Draghi bis a cominciare dal firmare la petizione (obiettivo 100mila firme). È il tempo della responsabilità, non del rancore grillino», scrive su Twitter Matteo Renzi, leader di Italia viva.

La Lega «responsabile»

Il paese esca dallo stallo ma «basta provocazioni M5S-Pd», è la versione di Matteo Salvini. La Lega «conferma la propria responsabilità, nonostante le continue provocazioni e i ritardi imputabili ai 5Stelle, che hanno provocato la crisi di governo, e al Pd che anche nelle ultime ore ha insistito sul ddl Zan contribuendo ad aggiungere confusione a confusione». Salvini e Berlusconi hanno avuto una telefonata nel tardo pomeriggio e fatto filtrare una «piena sintonia». Salvini riunirà lunedì alle 20.30 i gruppi parlamentari.

Tormenti stellati

Oggi gli esponenti del Movimento 5 Stelle tornano a riunirsi, il bivio è se ritirare o meno dal governo i ministri 5 S. «Siamo pronti al ritiro, ma Giuseppe Conte non ci ha chiesto questo passo», ha riferito il ministro all’Agricoltura Stefano Patuanelli. 

L’agenda

Giovedì Mario Draghi ha rassegnato le sue dimissioni al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che le ha respinte. L’entourage del premier fa intendere che nonostante i tempi supplementari la sua decisione non è revocabile. L’ipotesi di un Draghi Bis è comunque nel dibattito. Per questa opzione spingono dichiaratamente Matteo Renzi e Carlo Calenda, ad esempio.

Il limbo

Una ricomposizione è possibile? Ci sperano i dem, ci spera – da fuori confine – chi a Bruxelles e a Washington preferirebbe la stabilità della guida di Draghi in una fase di crisi intrecciate, tra guerra in Ucraina e allerta inflazione. Esiste comunque il piano delle elezioni anticipate, ed è un piano che prima fra tutti dichiara di coltivare Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia che è fuori dal governo e che spera di entrarci da protagonista dopo la tornata elettorale. 

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