«La scelta è chiara, o noi o Meloni, due Italie profondamente diverse», dice Enrico Letta a Repubblica, e cita le ultime parole dello storico segretario del Partito Comunisra, Enrico Berlinguer, dice che quella del Pd sarà «una campagna casa per casa, strada per strada» e chiude definitivamente la porta a Giuseppe Conte, il presidente del Movimento 5 stelle.

La lista

Letta punta a una lista aperta ed espansiva che includa il ministro Roberto Speranza di articolo 1. Tende la mano al fuoriuscito Luigi Di Maio e per Matteo Renzi garantisce che «parlermo con tutti». Con Carlo Calenda «discuteremo con lui con spirito costruttivo». E anche con gli ex ministri di Forza Italia: «Lo dico anche a chi a casa mia storce il naso».

L'agenda Draghi punto di partenza, ma il Pd decide di andare avanti «su lavoro, giustizia sociale, lotta alle disuguaglianze e diritti». Ma con i Cinque stelle non si torna indietro: il 20 luglio è stato punto di non ritorno. «Il percorso comune si è interrotto il 20 luglio e non può riprendere, è stato un punto di non ritorno. Lo avevo avvertito che non votare la prima fiducia sarebbe stato lo sparo di Sarajevo».

Contro Meloni annuncia una battaglia sui temi: «Certo potrei parlare di rischio fascismo, ma non farò una campagna sugli -ismi, bensì su fatti concreti. Chi ha fatto cadere il governo è già costato agli italiani una quattordicesima, perché è tramontato il taglio del cuneo fiscale che avrebbe dato ai lavoratori un mensilità in più a fine anno. Lo riproporremo nel nostro programma».

Il simbolo

Il partito democratico ha in mente di rinnovare il simbolo. «Sarà il cuore del nostro progetto Italia 27, la data di fine legislatura. L'obiettivo è arrivarci dopo aver governato e trasformato il Paese». Il simbolo «sarà il nostro, si aggiungerà la scritta. Puntiamo ad arrivare primi».

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