Sembra un groviglio irrisolvibile, quello delle alleanze del centrosinistra, ma con pazienza Enrico Letta prende in mano i bandoli e prova a districarli. Ieri alla direzione del Pd allargata ai gruppi parlamentari ha portato tutti, passaggio dopo passaggio, a votargli all’unanimità un mandato a trattare con gli alleabili.

Nella relazione di apertura ha inviato un saluto ai ragazzi dei Fridays for Future riuniti a Torino, «la destra», ha chiosato, «ha l’obiettivo di affossare il Green deal europeo». Il segretario ha battuto sul tasto della destra «nero fossile» che rischia di vincere alle politiche del 25 settembre. Nel dibattito Matteo Orfini ha subito colto l’occasione per incalzarlo: «Se siamo quelli che interloquiscono con i FfF non possiamo rispondere di chi fa campagna sul nucleare». Leggasi Carlo Calenda.

Letta non ha voluto «rispondere» delle proposte di Azione e +Europa. Ma deve tentare di allearsi con loro. E anche dall’altra parte, con i rossoverdi, che ieri hanno presentato il proprio simbolo. Così il segretario Pd ha fatto una proposta che fino al giorno prima sembrava impraticabile: «Le alleanze che stipuleremo saranno solo elettorali. Questa legge non postula coalizioni con un simbolo, ma solo alleanze elettorali. E siglare alleanze elettorali fa la differenza, ci dobbiamo provare».

Ci sono pochi giorni per chiudere gli accordi: entro il 14 agosto si debbono consegnare i simboli, entro il 22 le liste e le alleanze. Il Pd «risponderà per il Pd», spiega, lui sarà il «front runner» della lista Pd allargata. Per i presenti è un messaggio chiaro: da statuto sarà lui il candidato premier. Pazienza che intanto Calenda dica di essere disponibile per palazzo Chigi nel caso in cui Mario Draghi non gradisse veder agitato il proprio nome come una clava.

C’è anche la questione dell’agenda Draghi. Ma quella era un’agenda di mediazione con le destre di governo: «Il Pd avrà l’Agenda del Pd». Letta tratterà su tre criteri: «Andare a discutere con forze politiche fuori dal trio della irresponsabilità e che portino un valore aggiunto. Poi, che si approccino con spirito costruttivo, senza insulti nei confronti di nessuno, e senza veti».

L’identikit degli interlocutori non si attaglia ai Cinque stelle, «irresponsabili» numero uno; neanche a Italia viva: la percezione è che imbarcare Matteo Renzi farebbe perdere più voti di quanti ne porterebbe.

Infine c’è lo «spirito costruttivo», lo stop ai «veti». È un messaggio a Calenda che si è offerto come alleato del Pd a patto di lasciare a piedi i rossoverdi (per esempio contrari all’inceneritore romano). I rossoverdi ricambiano. «A chi ci dice che si debbono fare le centrali nucleari – replica Angelo Bonelli – rispondiamo che in Francia reggono solo se c’è pantalone».

Ma Nicola Fratoianni aggiunge: «Di fronte a questa destra, la peggiore, serve un’esame di coscienza per costruire la più larga convergenza». Tutti d’accordo sul metodo. E tuttavia Goffredo Bettini chiede di «verificare bene il rapporto con Calenda che ha fatto della demolizione degli altri la sua cifra politica». Il vicesegretario Peppe Provenzano di non dare l’impressione di costruire «un’alleanza degli inclusi, sarebbe un regalo a Meloni».

Per il ministro Andrea Orlando «se dovessimo censurarci perché c’è uno che ti smentisce, rinunceremmo alle nostre potenzialità di fuoco». E Orfini: «Se vogliamo fare pace con il mondo della scuola non potremo avere qualcuno che non ce lo fa fare». Pensa all’ex ministra Mariastella Gelmini, titolare di una riforma molto contestata nell’èra Berlusconi e nuovo acquisto di Azione; ma anche a Lucia Azzolina, ministra del Conte II, detestata da insegnanti e precari.

Letta annuncia che le liste Pd allargheranno le braccia ai civici per contendere i collegi uninominali («quei sessanta seggi che possono fare la differenza»). Non ha certezze ma disponibilità: lunedì ha sentito Calenda, ieri pomeriggio ha incontrato Luigi Di Maio e Beppe Sala, presto vedrà i rossoverdi. Intanto invita i suoi alla battaglia «strada per strada». «Vedrete Salvini pieno di madonne, Berlusconi con le foto del 2004, Meloni con la peggior destra del mondo, che ha perso in America e che perderà anche in Italia. Vinceremo noi».

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