Per quanto il governo Meloni tenti di continuare ignorarlo, il problema del Mes – il meccanismo salva Stati dell’Eurozona – sta per riproporsi. Osteggiato da Lega e Fratelli d’Italia tanto da far dire alla premier Giorgia Meloni in campagna elettorale che il suo governo non lo avrebbe mai ratificato, nel corso dei mesi l’esecutivo ha ammorbidito le sue posizioni, senza tuttavia arrivare mai al dunque. Ora, però, la ratifica è ormai una condizione ineludibile per l’Italia a livello europeo e su questo il nostro governo è incalzato su tutti i fronti.

A livello europeo la questione è in programma già oggi, nel corso dell’Eurosummit che si svolgerà al termine del vertice Ue. A livello italiano, invece, la ratifica della revisione del trattato sul Mes tornerà all’esame della Camera nella settimana dal 20 al 24, dopo la sospensiva e il rinvio votati dalla maggioranza lo scorso luglio.

Le pressioni europee

Del resto, l’Italia è rimasto ormai l’unico paese a non avere ancora proceduto alla ratifica, bloccando in questo modo anche tutti gli altri Stati che già hanno ratificato il trattato. Per questo la pazienza europea è ormai agli sgoccioli, come ha fatto notare il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe in una lettera al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Nella nota, ha invitato l'Italia ad accelerare: «Attendiamo con impazienza la sua finalizzazione il prima possibile», rendendo chiaro che oggi l’Italia sarà chiamata a dare risposte chiare. Secondo Donohoe, infatti, la ratifica rappresenta «un ulteriore passo avanti verso un'Unione bancaria più resiliente». Ma soprattutto solo una volta che la procedura sarà completata da tutti gli stati si potrà procedere a una discussione sugli «strumenti futuri del Mes», a cui anche il governo Meloni guarda con interesse come superamento dell’attuale meccanismo di stabilità.

Si tratta, insomma, di un passo obbligato e ormai non è più questione di se ma di quando. Anche perchè, come è stato più volte fatto notare sia sul fronte europeo che da parte delle opposizioni, la ratifica del Mes non produce alcun automatismo. In altre parole, la ratifica è solo a garanzia di potervi accedere in futuro ma non attiva alcun meccanismo.

Ad oggi, però, tutto rimane ancora appeso alla volontà politica della premier. Con la consapevolezza che la ratifica avrà un costo politico, dopo molti proclami opposti e mesi in cui si è tentato di allontanarla nella speranza che l’Ue diminuisse il pressing.

I dilemmi del governo

Per ora la linea ufficiale è quella di attendere indicazioni da parte di palazzo Chigi, che mantiene il più stretto silenzio. Fonti interne hanno fatto trapelare come qualche spiraglio di apertura nel corso dei mesi si sia aperto e che Meloni sia ormai persuasa, ma senza sbilanciarsi oltre.

Per palazzo Chigi, infatti, l’obiettivo sarebbe quello di riuscire a vincolare la ratifica italiana ad altre rassicurazioni sul piano economico. «Il Mes non può essere uno stigma ai danni dell'Italia, non può essere una condizione che mette in difficoltà il governo o ne riduce l'appetibilità internazionale», ha detto il ministro per i Rapporti con il parlamento, Luca Ciriani, che ha precisato come la maggioranza sia in attesa di sapere «cosa ci dirà la presidente Meloni con l'interlocuzione che avrà nel frattempo con i partner europei».

La strategia, insomma, sembra quella di prendere ancora altro tempo, per quanto ormai la deadline sia fissata. Eppure, ha fatto notare la segretaria del Pd Elly Schlein, la mancata ratifica è effettivamente sempre più un limite per la posizione italiana in Ue: «Tutti gli altri Stati stanno aspettando soltanto il governo italiano. Quindi è un fatto di credibilità».

Il problema, però, è politico: la calendarizzazione in aula alla Camera della ratifica è stata imposta da un blitz di Pd, Italia viva e Azione, dunque voltarla in quell’occasione sarebbe una sconfitta. A fronte della stretta sui tempi, infatti, il dilemma sul tavolo di Meloni e del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è sui modi: come arrivare alla ratifica senza sembrare di aver dovuto cedere alle pressioni europee e delle opposizioni. 

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