C’è un governo paurosamente in ritardo, mentre Catania e il suo aeroporto, dopo il rogo di 9 giorni fa, sono nel caos. Anche lo scalo di Palermo fino a ieri è rimasto chiuso temporaneamente per una serie di incendi nelle campagne vicine alla pista, aggravando una situazione già disastrosa. Tutto ciò mentre il ministro alle Infrastrutture e ai trasporti, Matteo Salvini, si sveglia una settimana dopo il disastro, con migliaia di siciliani e turisti abbandonati e sballottati sino a 400 chilometri di distanza per poter partire o atterrare, e convoca una riunione. Sembra tardi per salvare l’immagine della Sicilia finita sotto i piedi, compromessa dal punto di vista economico e turistico da un aeroporto in ginocchio per un rogo. Riapre in agosto.

Salvini ha fatto di più, facendosi fotografare al mare con i familiari. Il silenzio del governo Meloni in una vicenda tutta siciliana, tanto pirandelliana, è imbarazzante a tal punto da far dire a esponenti della stessa maggioranza che la vicenda è stata presa sottogamba. Salvini non ha dedicato al rogo un solo momento della sua fitta serie di appuntamenti in agenda. Non è sembrato interessato alle centinaia di racconti da incubo dei passeggeri in una terra infuocata dai 40 gradi, con attese snervanti nei terminal tramutati in dormitori, passeggeri presi da “colpi di calore”, un sistema di assistenza quasi inesistente. Un girone infernale con passeggeri alla rincorsa di bus navetta inesistenti per gli scali di Comiso, Palermo e Trapani. In compenso, il ministro ha pubblicato due post contro l'abbandono degli animali in estate, problema storico, nobile, ma in contrasto stridente con quanto avveniva a Catania.

A una settimana dal disastro, Salvini si è finalmente fatto vivo, ricordando, forse, che l’Italia non finisce in Calabria e ha convocato per ieri mattina un vertice al Mit, con al centro il dossier sull’aeroporto di Catania.

Urso e Schifani

A metterci una pezza, forse imbarazzato dal silenzio governativo, ci ha pensato il ministro siciliano delle imprese e del made in Italia, Adolfo Urso, fino a innescare una polemica col governatore Renato Schifani. Urso si è di fatto sostituito al collega ai Trasporti e ha sparato ad alzo zero contro le inefficienze evidenti del Cda che gestisce l’aeroporto. «Ormai è evidente che ci sia stata una mancata programmazione e che siano state carenti le verifiche sui programmi infrastrutturali annunciati e mai realizzati. Il danno al sistema produttivo di Catania e della Sicilia orientale è grave, sia per l’impatto immediato e non solo nel campo turistico nel pieno della stagione, sia per quello reputazionale».

Le parole di Urso hanno scatenato la ferma reazione del presidente Schifani: «Polemiche sterili». In questo calderone senza fine si inseriscono le parole della ex ministra azzurra Stefania Prestigiacomo che già lo scorso 20 luglio chiedeva un intervento deciso del governo. «Il rogo che si è sviluppato domenica 16 a Fontanarossa ha gettato la Sicilia in uno stato di emergenza che i vertici istituzionali isolani sembrano non comprendere in tutta la sua gravità e che il governo nazionale dovrebbe avocare e gestire. Ciò che è avvenuto ha evidenziato le gravissime lacune in materia di piani di sicurezza dell’aerostazione».

L’opposizione

Ad attaccare il governo e Salvini anche il segretario regionale dem Anthony Barbagallo, che è pure capogruppo Pd in commissione Trasporti alla Camera: «Quello che sta accadendo all’aeroporto di Catania conferma che il centrodestra parla solo di logiche di accaparramento di posti e poltrone e non mette persone adeguate a gestire settori fondamentali e nevralgici. Chiediamo che il governo istituisca una task force che dia sostegno immediato a tutti i passeggeri».

Le parole del deputato dem aprono uno squarcio sul sistema infrastrutturale siciliano, con le emergenze che quotidianamente si devono affrontare e che comprendono anche quella dei migranti. Ci voleva una fiammata al terminal A per evidenziare carenze incredibili che tutti hanno fatto finta di non vedere e che mette in risalto un sistema aeroportuale siciliano centrato su due poli Catania e Palermo, che per volumi di traffico non riescono più a sostenere i vecchi ritmi e finiscono schiacciati sotto il peso logistico, oltre che ambientale, quando a fare i capricci ci si mette anche l’Etna con le sue eruzioni e la cenere.

In questo scenario si inseriscono le parole di Orazio Arancio, rugbista di fama nazionale, vittima del caos: «È imbarazzante. Mi vergogno. Dopo una settimana ti aspetti un minimo di organizzazione, invece nulla».

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