Si può bluffare qualche volta con qualcuno e farla franca. Ma non si può bluffare sempre e con tutti. Martedì, a metà del pomeriggio, Carlo Calenda ha ammesso in diretta sul sito del quotidiano La Stampa che sta trattando con Matteo Renzi, che l’accordo non c’è ancora ma che ci stanno lavorando. Un incontro c’è stato lunedì pomeriggio. martedì no, ma in serata arrivano conferme informali: il sì c’è, ma i due non si fiderebbero l’uno dell’altro. Renzi è ottimista: unire le forze di Italia viva a quelle di Azione sarebbe «un’opportunità straordinaria», dice. Il sogno di rimpolpare il – fin qui scarsetto – Terzo polo a cui, in caso di alleanza con Calenda, alcuni sondaggi attribuiscono il 10 per cento. Un deputato la dice più franca: «Con loro siamo sicuri di superare il 5».

Il leader di Azione è più cauto, non sia mai dovesse capitargli di fare un’altra giravolta, dopo il clamoroso divorzio con il Pd. Ma intanto, per far camminare l’idea che la sua non è l’ultima spiaggia – come il nome di un noto stabilimento di Capalbio, località dove villeggia l’ex ministro – non è una strada obbligata ma una libera scelta, ripete la sua versione sulle firme: lunedì al Corriere della sera aveva annunciato che era partita la raccolta, da martedì invece assicura di essere in possesso dell’esenzione.

Grazie «al fatto che sono europarlamentare, ho fatto fare anche dei pareri pro veritate, siamo stati molto cauti su questo». Fonti di Azione fanno l’autorevole nome di Sabino Cassese. Per confortare questa tesi, di buon mattino su Canale 5 ha chiamato in causa le istituzioni: «Il parlamento europeo, secondo quanto previsto dalla legge, ha mandato al Viminale la certificazione che sono stato eletto con una lista che era Pd-Siamo europei, una lista composita. Azione è la stessa associazione di Siamo europei, quindi l’esenzione è piena a norma di legge».

In punta di diritto

Dal Pd l’immediata replica. «È pacifico che Calenda non presentò candidature con proprio contrassegno alle ultime europee», ha spiegato il senatore Dario Parrini, «il contrassegno del Pd, recante un riferimento a Siamo europei, non era un simbolo composito, tanto che a depositarlo fu solo il Pd. Anche perché al momento di quelle elezioni Calenda era un iscritto del Pd nonché membro della sua direzione nazionale».

Il parlamento europeo e il ministero dell’Interno sono citati a caso, per il senatore: «Non spetta a loro fornire pareri sulle deroghe. Questo compito spetta a un apposito ufficio composto da magistrati». Conclusione: «L’ordinamento italiano vigente non ha ancora inserito le opinioni di Calenda tra le fonti del diritto». La domanda è d’obbligo: Calenda mente sapendo di mentire, o sbagliano gli altri, tutto il Pd insieme al professore Francesco Clementi, che martedì ne ha scritto sul Sole 24 Ore, il giurista Giovanni Guzzetta e il collega (deputato dem) Stefano Ceccanti?

La trattativa

Il punto sembra un altro. Calenda in queste ore tratta con Renzi e non per presentare una sua lista autonoma ma per accomodarsi nelle liste di Italia viva. Renzi martedì ha trascorso tutta la giornata a Roma, nel suo ufficio al Senato, in una serie di incontri. A chi gli chiede se c’è disponibilità ad accogliere Azione risponde «noi ci siamo. E siamo disponibili a dare una mano perché l’obiettivo di fare il Terzo polo richiede generosità e impegno».

«Generosità» è parola chiave. «Renzi ha dichiarato con molta generosità», dice il deputato Luigi Marattin, che in caso di accordo «lascerebbe la leadership politica di questa avventura a Calenda». Il tema non è tanto la leadership della lista, che potrebbe essere consegnata a una donna, magari la ministra Mara Carfagna. Il punto è di nuovo il simbolo: se entra nella lista di Renzi, Azione sparisce. Ma una fonte di Italia viva rassicura che, se c’è l’accordo, «il simbolo di Calenda comparirebbe, o il suo nome». E i collegi sarebbero divisi equamente. Calenda lo chiede: «C’è una discussione con Iv che dev’essere chiara, stiamo integrando due corpi».

La questione dei collegi, in realtà, non è cruciale: sono pochi quelli in cui il Terzo polo è dato in corsa. La trattativa è sulle posizioni papabili nel proporzionale. Da garantire ci sono i fedelissimi di Iv, ma anche Federico Pizzarotti, poi l’equipaggio del vascello alla deriva di Azione, e gli ex Forza Italia: le ministre Carfagna e Maria Stella Gelmini, il senatore Andrea Cangini.

La decisione deve arrivare nelle prossime ore: la finestra della consegna dei simboli e dell’ufficializzazione delle alleanze, al Viminale – che fa solo una verifica della non confondibilità del contrassegno e della autenticità dei presentatori – si apre il 12 agosto e si chiude domenica 14 alle ore 16. Il ministero ha già fatto montare i gazebo della Protezione civile per assicurare un po’ di ombra a chi si metterà in fila. I simboli che non vengono consegnati non parteciperanno alle elezioni del 25 settembre.

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