E due. Dopo aver spaccato la lobby delle autostrade (Aiscat), ora l’accoppiata Fabrizio Palenzona-Benetton fa il bis e divide anche la lobby degli aeroporti. Con una differenza non da poco: mentre ad Aiscat (Confindustria) Palenzona ha vinto riuscendo a imporre come successore di sé stesso il candidato che voleva lui, ad Assaeroporti (sempre Confindustria) gli è andata male.

Per la prima volta dopo anni e anni di predominio Palenzona ha perso. E siccome a nessun piace perdere, meno che mai a uno che in vita sua si era abituato a fare cappotto, Palenzona e le società degli aeroporti che gli sono a fianco, Adr (Aeroporti di Roma, Fiumicino e Ciampino) e Save (Venezia Marco Polo) hanno fatto come i bambini che giocano a calcio nel campetto vicino casa che per chiudere la partita quando il risultato non li soddisfa si portano via il pallone.

Palenzona e compagni hanno lasciato Assaeroporti e si sono fatti una nuova associazione, Aeroporti 2030, a loro immagine e somiglianza indebolendo in un colpo loro stessi e Assaeroporti nel momento forse peggiore per il sistema aeroportuale, con il covid ancora incombente, l’incertezza sul futuro, un miliardo e mezzo di euro di perdite e due anni da dimenticare.

Contro Palenzona-Benetton

Lo schieramento anti Palenzona-Benetton è stato guidato da F2i, grande società di gestione del risparmio specializzata in investimenti in infrastrutture. Insieme al fondo francese Ardian negli ultimi anni F2i con la società 2i Airport ha ampliato parecchio la sua sfera di controllo sugli aeroporti italiani.

Con il 45 per cento del capitale 2i Airport è il secondo azionista privato di Sea, il sistema aeroportuale milanese, il secondo in Italia dopo Aeroporti di Roma. 2i controlla gli aeroporti di Napoli, Torino, Olbia, Alghero, Trieste. Insomma, è diventata una potenza e mano a mano che aumentava la sua influenza cresceva anche la sua insofferenza nei confronti di un modo di gestire la lobby aeroportuale tutto incentrato su relazioni personali opache, spesso sbilanciato sugli interessi di Fiumicino e quindi dei Benetton.

Contratti in deroga

E’ una storia lunga e c’è una data che segna al tempo stesso il massimo della forza di lobby di Palenzona e l’apertura delle prime crepe all’interno di Assaeroporti. La data è la vigilia di Capodanno dell’anno 2012, governo di Mario Monti.

Palenzona fa un capolavoro dal suo punto di vista e riesce a far passare un provvedimento che sembra cucito addosso alle esigenze di Aeroporti di Roma, ma per camuffarlo un po’ coinvolge anche Milano e Venezia, con quest’ultima promossa d’un colpo scalo intercontinentale.

La norma contiene qualcosa di buono anche per gli altri aeroporti, ma poco più che briciole al confronto. E’ in quel frangente che emerge una divergenza di fatto tra gli interessi degli scali più grandi e i piccoli e medi che crescerà con il passare del tempo.

Nell’ambiente il provvedimento Palenzona è conosciuto come «contratti in deroga» e viene considerato, tra l’altro, una delle tante mine che hanno funestato il percorso di Alitalia.

Il governo Monti concede a Fiumicino la possibilità di aumentare in un colpo le tariffe aeroportuali in una misura veramente considerevole: da quel momento lo scalo romano va a mille.

Tra i vari argomenti usati da Assaeroporti ai primi posti c’è che quell’aumento delle tariffe è più che necessario per finanziare il raddoppio dell’aeroporto di Fiumicino e per rafforzare quindi il suo ruolo di scalo internazionale.

La necessità dello sviluppo di Fiumicino è indubbia, mentre è assai discutibile l’idea del raddoppio e soprattutto appare improponibile il collegamento dello sviluppo dello scalo romano con l’espansione aeroportuale sui terreni della Riserva statale del litorale romano e in particolare sulle centinaia di ettari di proprietà degli stessi Benetton.

Nonostante ciò il raddoppio di Fiumicino ha tenuto banco per quasi un decennio nel dibattito pubblico romano e solo da ultimo il progetto è stato rimesso nel cassetto dagli stessi amministratori di AdR dopo che era stato bocciato a ripetizione da varie magistrature amministrative. Le tariffe alte sono però rimaste.

Una tarantella durata mesi

Il nome di Borgomeo come nuovo presidente per imprimere una svolta ad Assaeroporti è stato avanzato dal numero uno di F2i, Renato Ravanelli per sottolineare l’importanza attribuita alla faccenda dalla sua società. Era ancora inverno e da quel momento è cominciata una tarantella durata mesi.

Benetton e soci partono all’attacco, accusano F2i di prepotenza e bollano la candidatura di Borgomeo come un’imposizione. Viene attivata la complessa procedura confindustriale per la scelta dei candidati, i tre saggi, la rosa dei nomi, le consultazioni degli associati.

Emergono due candidati: uno ufficiale, Borgomeo, e uno ufficioso, l’ex ministro della Funzione pubblica Angelo Piazza, legale di molti aeroporti. Il quale però si rende subito conto del bordello in cui si sta infilando e si fa da parte.

A norma di statuto si vota in due tornate. Nella prima il Consiglio direttivo si spacca a metà: 8 voti per Borgomeo, 7 astenuti. Nel tentativo di mitigare la frattura, viene concordata la nomina a vice presidente dell’amministratore di AdR, Marco Troncone.

Ma anche lui dura poco: passano alcuni giorni e Troncone si dimette. AdR e l’aeroporto di Venezia nel frattempo si fanno la loro associazione, ma il fronte pro Borgomeo va avanti e punta al secondo appuntamento con gli elettori: l’assemblea dei 32 soci

. Qui i voti si pesano in base all’importanza dei singoli scali, ma Borgomeo vince con una maggioranza di due terzi. Assaeroporti volta pagina, con molte ammaccature però.

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