- Un gruppo di ricercatori ha analizzato le parlamentarie online dei Cinque stelle nel 2013: pur analizzando un sistema democratico, sono emerse falle rilevanti e condizionamenti inconsapevoli che hanno portato gli iscritti a votare per un certo tipo di candidato.
- Sono stati avvantaggiati i primi della lista in ordine alfabetico, ma anche le donne, i disoccupati e chi appariva gradevole alla vista.
- Il paper dimostra come dunque anche la democrazia diretta rischia di non restituire risultati del tutto privi di “bias”.
Belli, giovani e con un cognome che inizi con le prime lettere dell’alfabeto. Hanno caratteristiche comuni molti degli eletti delle parlamentarie del 2012, la consultazione tra gli iscritti del Movimento 5 stelle che doveva selezionare i candidati per le elezioni politiche dell’anno seguente. E non è un caso. La ragione sta nella struttura della pagina online su cui hanno fatto la loro scelta gli iscritti al Movimento e nel modo in cui hanno selezionato chi li avrebbe rappresentati.
È quanto emerge da un paper in uscita su Contemporary Italian Politics e firmato da un gruppo di ricercatori italiani, Francesco Marolla, Angelica Maineri, Jacopo Tagliabue e Giovanni Cassani.
Lo studio
Nel 2012 gli iscritti del Movimento sono stati interpellati per scegliere chi doveva rappresentarli alle elezioni politica. La votazione, che è durata tre giorni, ha portato nelle liste, e successivamente in parlamento, volti che sarebbero diventati protagonisti della politica negli anni successivi.
Alla Camera sono stati eletti per esempio Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Alfonso Bonafede, Laura Castelli, Roberta Lombardi e Giulia Grillo. E, a quanto emerge dal paper, la selezione tra gli oltre 1.400 aspiranti deputati e senatori, è stata meno democratica di come è stata raccontata.
«Le evidenze mostrano che gli elettori hanno utilizzato cognitive shortcuts (letteralmente, scorciatoie mentali, ndr), un fatto che mina l’idea che la democrazia diretta sarebbe in grado di rimuovere i tradizionali condizionamenti della politica dominata dai partiti» si legge nel paper. Secondo i ricercatori, in realtà, si sarebbero potuti evitare molti dei bias che hanno condizionato la consultazione.
Dallo studio emerge che i candidati che apparivano nella parte superiore dello schermo durante la selezione, sistematicamente ottenevano un maggior numero di preferenze, caratteristica già documentata in elezioni in cui vengono utilizzate schede elettorali di carta, ma che appare per la prima volta anche in una consultazione online. Secondo i ricercatori, ha influito sulla selezione anche la costruzione della schermata di fronte a cui si sono trovati gli elettori accedendo al sito delle parlamentarie.
Gli iscritti vedevano una lista di nomi in ordine alfabetico, a cui erano affiancate foto fornite dai candidati e infomazioni come il sesso, l’età e la professione. Per avere maggiori dettagli era necessario cliccare sui nomi dei singoli candidati e accedere così ad altre pagine.
Questa costruzione ha portato a una situazione in cui erano immediatamente visibili solo alcuni nomi, mentre per visualizzarne degli altri era necessario uno sforzo aggiuntivo, cioè scorrere la pagina con il mouse. Inoltre, si legge nel paper, la presenza di una fotografia metteva immediatamente gli elettori a confronto con l’aspetto fisico dei candidati. I risultati parlano chiaro sulla rilevanza di questi due elementi.
Chi appariva in alto nello schermo, cioè chi ha un cognome che inizia con una della prime lettere dell’alfabeto, ha avuto performance migliori di chi ne ha uno che comincia con le lettere finali. La ragione sta nel valore del tempo che l’iscritto avrebbe dovuto impiegare per scorrere ulteriormente l’elenco. Ma anche la scelta di caricare un’immagine è stata cruciale, visto che chi l’ha affiancata al proprio nome ha avuto risultati migliori.
Chi ha scelto invece di non caricare un’immagine ha avuto un grosso svantaggio nei confronti dei concorrenti, rivela la ricerca. «Potevano rischiare di apparire meno degni di fiducia, meno dediti alla causa o meno capaci dal punto di vista tecnologico» si legge. Insomma, un bel sorriso valeva molto di più di un titolo di studio o una competenza particolare. Gli iscritti sono anche stati influenzati dall’età, preferendo candidati giovani a persone più avanti con gli anni e dal sesso, tendendo a scegliere le donne.
Si tratta di bias cognitivi diversi da quelli che si applicano alle elezioni tradizionali, in cui in genere gli elementi centrali sono l’affiliazione del candidato a una determinata corrente del partito o la sua possibilità di vincere.
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