Dopo le dichiarazioni di ieri di Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni prende le prime contromosse contro il cavaliere. Per ora la premier in pectore ha scelto il silenzio, ma intanto si sta costruendo un appoggio per affrontare così la tensione nell’alleanza di centrodestra.

La prima avvisaglia era stata il non voto a Ignazio La Russa alla presidenza del Senato, poi gli attestati di amicizia con Putin, la scelta di Licia Ronzulli alla guida dei senatori di Forza Italia e le sgrammaticature istituzionali hanno convinto Meloni a intervenire.

I moderati

La prima mossa è stata tecnica. Ieri al Senato si è costituito il gruppo “Maie – Noi Moderati – Civici d’Italia” grazie a una deroga dei regolamenti parlamentari per costituire un gruppo autonomo e alla sponda tattica di Fratelli d’Italia, che per l’operazione ha prestato tre dei suoi senatori.

I Moderati di Maurizio Lupi, infatti, hanno eletto solo i due senatori Antonio De Poli e Michaela Biancofiore e a loro si sono aggiunti i meloniani Giorgio Salvitti, Giovanna Petrenga, Antonio Guidi e l’eletto all’estero Mario Alejandro Borghese, perché per costituire un gruppo servono almeno 6 senatori.

Costituire un gruppo ha numerosi risvolti utili per chi ha gestito l’operazione: uffici, strutture e posizioni da reclamare nella costituzione delle strutture parlamentari.

De Poli, infatti, verrà eletto anche questore del Senato: nomina utile per arginare ogni potenziale scontro interno al centrodestra in parlamento.

In questo modo Meloni ha preparato uno spazio per i futuri transfughi da Forza Italia, per nulla disposti a rimanere nelle mani di Ronzulli o in preda alle intemperanze di Berlusconi. Del resto, ci sono nomine, ministeri e incarichi in ballo e la rottura sempre più evidente tra FI e Fratelli d’Italia preoccupa non poco i parlamentari eletti.

Ora che il contenitore è stato creato, il secondo passo è capire chi di Forza Italia guaderà in direzione del nuovo gruppo dei moderati, che come aggettivo piace sicuramente a molti di loro.

Mossa analoga è in corso anche alla Camera, dove si è costituita la componente dei Moderati e si sta lavorando a una deroga per ottenere la costituzione di un gruppo autonomo. Gli eletti sono 7, compreso il capo politico Maurizio Lupi, ma il regolamento non è stato modificato con il taglio dei parlamentari e dunque ne servono 20 per costituire un gruppo.

Il primo a spostarsi è Calogero Pisano, che da FdI va ai Moderati.

Anche la deroga non è scontata perchè esistono dei requisiti tecnici, per questo servirebbero i buoni uffici del neo-presidente leghista, Lorenzo Fontana e dunque anche un accordo della Lega all’iniziativa in campo per dare una sponda di emergenza al governo.

Un precedente che potrebbe venire in aiuto è quello della legislatura 2013, quando proprio Fratelli d’Italia costituì un gruppo con 9 deputati.

E’ probabile, in ogni caso, che anche alla Camera FdI debba mandare qualche suo deputato in soccorso, per arrivare a un congruo numero di eletti per costituire il gruppo.

L’ipotesi Autonomie

Esiste anche una seconda strada su cui Meloni si sta muovendo: al Senato esiste un altro gruppo piuttosto numeroso ed è quello delle Autonomie, che conta 7 senatori. L’altoatesina dell’Svp, Julia Unterberger, è stata rieletta presidente, gli altri componenti sono Meinhard Durnwalder anche lui dell’Svp, Luigi Spagnolli e Pietro Patton eletti in alleanza con il Pd in Trentino Alto Adige e Dafne Musolino in Sicilia con la lista di Cateno de Luca. A loro si sono aggiunti Pier Ferdinando Casini e i senatori a vita Giorgio Napolitano ed Elena Cattaneo.

Per ora il gruppo ha dichiarato che si colloca all’opposizione del governo che sta per nascere, ma i primi segnali diversi arrivano dal gruppo bolzanino dell’Svp, dove si sta facendo più forte la voce di una astensione al primo voto di fiducia. «Nessun veto», sarebbe la linea altoatesina, che con il tempo potrebbe anche diventare un prezioso appoggio a palazzo Madama, dove i voti servono di più e che Meloni sarebbe disposta a ricompensare.

La vittoria di Lupi

A capitalizzare sul colpo di coda inconsulto di Berlusconi è il sempiterno leader dei moderati, Maurizio Lupi. Per lui un ministero è praticamente certo, nonostante il magrissimo risultato elettorale del 0,9 per cento e la sua abilità nel muoversi in parlamento gli ha permesso di approfittare della confusione tra i partiti maggiori.

Non a caso è stato lui il primo, ieri, a intervenire polemicamente sulle parole di Berlusconi, dicendo di trovare «inopportuno fare passi avanti sulla lista del ministri e anche irrispettoso dal punto di vista istituzionale. La sintesi la farà Giorgia Meloni» e allontanando ogni ipotesi di filo-putinismo nel centrodestra.

Un’uscita che si può leggere anche come un messaggio ai compagni di viaggio di Forza Italia, sempre più a disagio dopo la settimana di scontro con FdI.

L’operazione dei Moderati potrebbe attirare forze anche dal Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda, già in rotta di collisione tra loro. Nel gruppo, infatti, sono presenti anche le ex ministre azzurre Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, uscite dopo un ventennio di FI proprio in rottura con Ronzulli.

© Riproduzione riservata