Doveva andare al contrario: all’inizio il Pd progettava l’alleanza con Calenda in Lombardia e con i Cinque stelle nel Lazio; in entrambi casi c’erano i numeri per giocarsela. Invece l’accelerazione del terzo polo sulla berlusconiana Letizia Moratti ha cambiato tutto. Pierfrancesco Maiorino ha dovuto faticare per essere considerato il vero sfidante di Fontana.

Crede di avercela fatta, si è alleato con M5s e ora fa appello ai terzopolisti: voto disgiunto o voto utile, per lui. Tanto Moratti non resterà neanche in consiglio regionale. 

Alla chiusura della campagna elettorale avrà tutti i candidati del congresso Pd a fianco a lei (stasera a Varese, ndr). Vengono da lei, e vanno non nel Lazio a fianco di Alessio D’Amato, perché lei è riuscito a fare l’accordo con M5s e invece nel Lazio dovrebbero condividere il palco con Calenda e Renzi?

No, vengono da me perché siamo uniti per cambiare la Lombardia. Da subito le divisioni interne non hanno frenato il Pd, anzi ho accettato di candidarmi solo quando ho capito che nel Pd c’era un ampio arco di sostenitori. Non avrebbe avuto senso fare altrimenti. E questa unità e compattezza si è già vista in questi giorni.

Ma lei è un esponente della sinistra Pd e i “riformisti” del suo partito sono il terreno di caccia di Letizia Moratti. È sicuro della fedeltà di quella parte di elettorato, e dei dirigenti del suo partito?

Non solo ne sono sicuro, ma sono convinto che accadrà il contrario. È del tutto evidente che la scelta di sostenere Moratti da parte di Carlo Calenda, e di rompere così l’accordo con il Pd, sia stata una scelta sciagurata. Moltissimi elettori del Terzo Polo voteranno per noi e per me, proprio perché vogliono cambiare. Sanno che con il turno unico la partita non è a tre ma a due, tra me e Fontana.

Moratti dice che il centrosinistra non esiste più, “c’è solo una sinistra inchinata ai Cinque stelle”. Comunque vada il voto, Moratti sarà una leader dell’area riformista del Terzo Polo o il suo impegno con Calenda svanirà?

Moratti rischia di non entrare neanche in consiglio regionale, vista la legge vigente. E comunque non sono molto interessato al suo futuro, mi interessa il futuro della Lombardia ed è il motivo per cui abbiamo creato un laboratorio forte e bello, e andiamo avanti.

La sanità è la principale voce dell’agenda della campagna regionale, per ragioni ovvie: perché è la prima voce di bilancio, perché durante la pandemia la Lombardia non ha brillato a causa del suo sistema sanitario, almeno nella prima fase. Moratti sostiene, dati alla mano, che quando è arrivata lei la giunta Fontana ha cambiato passo. Contesta i dati del suo successo?

Se sulla sanità Moratti attacca Fontana, vuol dire che Moratti attacca Moratti. Ma è un dibattito che ormai annoia. L’accoppiata Fontana-Moratti ha fatto esplodere le liste d’attesa come non è avvenuto in nessuna altra regione d’Italia. Abbiamo bisogno di una grande riorganizzazione, che voglio fare con i medici, gli infermieri, i lavoratori delle professioni sanitarie e il Terzo settore. Perché la sanità lombarda non è più all’altezza della sua storia, della sua tradizione e anche della qualità dei professionisti che vi lavorano.

La storia della sanità lombarda è in gran parte storia di sanità privata, da voi prestazioni private lievitano particolarmente.

Fontana e Moratti hanno fatto fare affari ai grandi gruppi della sanità privata, e in modo ambiguo. Dobbiamo potenziare la sanità pubblica, perché altrimenti rischia di essere un tappo su tutto il sistema. Dobbiamo dare grandi risorse al pubblico perché sia più efficace e più accogliente, e dobbiamo contrastare la lunghezza delle liste d’attesa. Dire in sostanza ai lombardi “se volete farvi curare, pagate” è un ricatto inaccettabile.

La legge sull’autonomia regionale varata dal governo pochi giorni fa è stata un favore a Fontana?

È stata una chiara manovra elettoralistica. Anche perché siamo di fronte ad una bozza presentata, ma poi ci sarà un lungo iter in parlamento, che molto probabilmente modificherà il testo. Quindi in realtà ancora non si capisce bene di cosa parliamo, è stata fatta un po’ di propaganda. Va ascoltato l’allarme dei tanti sindaci secondo i quali l’autonomia così realizzata non dà risorse ai comuni, anzi rischia di toglierle.

La coalizione di destra è data per favorita nel Lazio e in Lombardia. Le regionali finiranno per essere solo un test dei pesi della maggioranza del governo nazionale?

In Lombardia è chiaro che fra loro c’è conflitto, e questo peraltro minerebbe anche un’eventuale nuova giunta Fontana. Fatti loro, noi andiamo avanti con determinazione perché vogliamo una Lombardia più giusta e anche più ambiziosa.

La nostra classe dirigente è migliore della loro. Leggo i nomi di Giulio Gallera (ex assessore al welfare della giunta Fontana, ndr) e di Romano La Russa (ex assessore alla sicurezza, fratello di Ignazio, ndr) come prossimi assessori.

Noi invece per la giunta abbiamo ricevuto la disponibilità di Gherardo Colombo, del sindaco di Brescia Emilio Delbono, di Francesca Balzani, e questo mi riempie di orgoglio. Nomi che sono una garanzia.

In squadra vorrebbe anche Carlo Cottarelli. Si è voluto coprire sul lato “destro” della sua coalizione?

Ma no, ho voluto coinvolgere una persona lungimirante rispetto all’idea di politiche di sviluppo. Cottarelli è una persona di grande intelligenza e saggezza. Anche la sua disponibilità ci impreziosisce.

Il modello Lombardia è un laboratorio per il Pd? Dopo il voto, il centrosinistra dell’era giallorossa tornerà a parlarsi o Renzi e Calenda andranno definitivamente la loro strada?

Mi auguro che a livello nazionale le tre forze d’opposizione riprendano il dialogo. Ma dopo le elezioni, nel Terzo polo si aprirà una riflessione sulla strategia perché molti elettori non seguiranno l’indicazione di votare Moratti. Perché si vota Moratti e si manda in giunta Gallera e La Russa.

Perché Fontana ha riabilitato Gallera, che era stato in sostanza cacciato dalla giunta durante la pandemia e sostituito con Moratti?

Intanto perché evidentemente non hanno capito i loro errori. Comunque la prospettiva è molto chiara: se rivince Fontana, non vince una nuova classe dirigente di una destra nuova, rivincono quelli che hanno governato fin qui. Ci sarebbe un governo Fontana bis, più ingrigito e se possibile ripiegato su sé stesso.

A destra ci sono invotabili?

Preferisco usare questo spazio per dire che nelle nostre liste abbiamo una squadra amplissima, e che abbiamo tanti sindaci candidati o al mio fianco con grande generosità e passione.

Cito a memoria i sindaci di Milano, Lecco, Bergamo, Cremona, Mantova, Varese.

Eppure c’è una Lombardia profonda che da sempre non premia la sinistra e il centrosinistra.

Abbiamo una buona proposta. È chiaro che in una parte della Lombardia dobbiamo fare un enorme lavoro di ricostruzione di un rapporto, di un dialogo. So bene che qui alle spalle abbiamo ventotto anni di sconfitte, ma davanti abbiamo la possibilità di farcela. Che è un’opportunità per costruire un centrosinistra, un’alleanza dei democratici e dei progressisti, anche in queste terre.

Fa un appello al voto disgiunto o al voto utile?

Credo che gli elettori del Terzo polo in alcuni casi voteranno solo Majorino Presidente e in altri faranno il voto disgiunto, votando anche la loro lista. Ma saranno tutti modi per dire la stessa cosa: che non si vuole la destra per altri cinque anni.

Se sarà sconfitto, resterà in consiglio regionale?

È una domanda che porta una tragica jella, ma le rispondo: ovviamente sì. Segnalo che lei questa stessa domanda non l’ha fatta a Letizia Moratti.

Glielo dico io: Moratti ha già dichiarato che non resterà in consiglio regionale. Io invece l’ho detto dall’inizio: sono convinto che accettare quella che sembrava all’epoca una sfida impossibile, e ora appare come una sfida difficile ma possibile, significava in ogni caso prendersi un impegno serio, quello di rimanere poi comunque in consiglio regionale.

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