C’è una presenza costante sui palchi delle convention del centrodestra: gli amministratori delegati delle società partecipate.

Il più presente è Stefano Donnarumma, amministratore delegato e direttore generale di Terna nominato nel 2020 dal governo Conte II, che si è visto sul palco di tutti e tre i partiti: prima da Fratelli d’Italia il 30 aprile, poi dalla Lega il 14 di maggio e infine da Forza Italia il 20 maggio. Con lui, ma solo agli eventi dei partiti della maggioranza (Lega e FI) sono comparsi anche l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, e quello dell’Enel, Francesco Starace.

I due condividono il percorso di nomina e di carriera. Entrambi tecnici – Descalzi è un fisico esperto di trivellazioni, Starace ingegnere nucleare – senza appartenenze politiche e con una lunga carriera interna nelle rispettive aziende, sono stati nominati per la prima volta al vertice nel 2014 dal governo di Matteo Renzi, poi confermati nel 2017 dal governo di Paolo Gentiloni e poi nel 2020 dal Conte II.

La loro presenza su palchi politici come quelli del centrodestra non è passata inosservata in particolare a palazzo Chigi e, secondo una fonte vicina a Mario Draghi, la cosa ha prodotto qualche irritazione. Visto il ruolo chiave delle società energetiche in questa fase delicata, si sarebbe preferito saperli impegnati al cento per cento nei rispettivi ruoli e anche dall’interno delle società sarebbero stati sconsigliati dall’apparire in contesti troppo marcatamente politici. Eppure, nessuno si è stupito di vederli tutti lì: segno che la stagione delle nomine sta per cominciare e rischia di finire nel cortocircuito delle prossime elezioni politiche.

La scommessa

Gli amministratori delegati delle partecipate pubbliche – stipendi a sei zeri ma posizione precaria e sottoposta a rinnovi determinati dalla politica – sono sensibili ai fermenti dei partiti, anche se di politica nazionale nessuno dei tre si intende direttamente né ha ambizioni ad entrarci. Per questo, l’obiettivo è quello di tessere buoni rapporti con tutti i partiti, ma in particolare con chi potrebbe avere più possibilità di esprimere il prossimo governo.

Le nomine avverranno nella primavera del 2023 ma i nomi andranno definiti entro marzo, esattamente nei mesi in cui si andrà a scadenza naturale della legislatura e a nuove elezioni politiche. Risultato: la prossima infornata di nomine con tutta probabilità spetterà a Mario Draghi, il quale è noto per muoversi in autonomia, però non potrà non prendere in considerazione i desiderata dei partiti della sua maggioranza. E chi potrà fare la voce più grossa è chi ha maggiori possibilità di vincere le elezioni successive: secondo i sondaggi il centrodestra, che poi con gli amministratori nominati dovrà lavorare.

Di qui la scommessa dei tre ad: tutti puntano alla riconferma, ma sanno che le possibilità sono scarse. Starace e Descalzi vorrebbero la quarta conferma – molto difficile considerando che la prassi di solito si ferma alla terza – e quello con più possibilità sarebbe Descalzi, che ha accompagnato Draghi anche nelle ultime passerelle internazionali e sarebbe quello che gode di maggior stima a palazzo Chigi.

Donnarumma, invece, è il più in bilico: viene dalle partecipate romane Areoporti di Roma e Acea e il suo nome nel 2020 è stato espressione dell’entourage grillino intorno a Giuseppe Conte, in particolare l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro. Ora che il Movimento è sempre più in dissoluzione, la sua necessità è quella di accreditarsi presso altre forze politiche: non a caso è l’unico ad essere stato presente anche alla convention dell’opposizione, con Fratelli d’Italia. La sua partita, però, è la più complicata perché il suo nome è poco accreditato a palazzo Chigi e il governo punta a una fusione di Terna, colosso delle trasmissioni dell’energia elettrica, con Snam, la società milanese di infrastrutture energetiche.

Nessuna certezza

La presenza agli eventi non significa certo contiguità politica: per i manager di stato è difficile rifiutare inviti, soprattutto dei partiti di maggioranza, e vale il principio per cui è meglio tenere rapporti distesi con tutti, vista la precarietà dei ruoli che rivestono e la fluidità della politica attuale. Inoltre esiste un livello di legittimazione reciproca: la presenza degli ad – pur tutti nominati da governi di orientamento democratico – è servita al centrodestra per accreditarsi come interlocutori; per Starace, Descalzi e Donnarumma invece il senso è di evitare veti futuri. Come potrebbe, un partito che li ha messi in cartellone ad un evento nazionale, poi cassarli dall’elenco di candidati al rinnovo?

L’operazione, quindi, è quella di consolidare rapporti trasversali. Starace, Donnarumma e Descalzi vengono da nomine maturate nell’alveo del centrosinistra e – al momento di trasmettere le proprie preferenze a Draghi - Pd e Movimento 5 stelle non farebbe certo pagare loro il prezzo di una passerella istituzionale in casa leghista. La presenza sui palchi del centrodestra, invece, serve a costruirsi una copertura anche su quel fronte.

Probabilmente, pur senza standing propriamente politico, gli amministratori delegati hanno assimilato la lezione del Quirinale e capito l’errore commesso da Draghi: peccare di superbia snobbando i partiti. Che, anche se con il governo Draghi rischiano di non essere più determinanti, esercitano comunque un’influenza che nemmeno il premier può ignorare del tutto.

 

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