Gaetano Manfredi è il nuovo sindaco di Napoli. Festeggiano la vittoria i democratici, i grillini, i mastelliani, i deluchiani, i forzisti, i renziani. Le tredici liste a sostegno dell’ex ministro dell’Università hanno portato Manfredi al trionfo con oltre il 60 per cento dei consensi.

Una coalizione che è partita dall’alleanza tra il Pd e il M5s fino ad allargarsi alle liste Napoli viva, ispirata dall’ex coordinatore di Forza italia e dai renziani, Napoli libera, promossa dal presidente della regione Vincenzo De Luca, con la benedizione di Clemente Mastella.

Una vittoria annunciata che sorprende solo nei numeri, la distanza tra Manfredi e lo sfidante Catello Maresca, già pubblico ministero anticamorra, si attesta sui 40 punti percentuali. Praticamente il magistrato non ha spostato voti, non ha costruito l’alternativa, ma soprattutto ha iniziato la sua corsa molto tardi, seminando rancori e raccogliendo defezioni.

Si è presentato come candidato civico, appoggiato dalle liste di centrodestra, ma ha iniziato la sua avventura rinunciando al sostegno dei portatori di voti di Forza italia. «Non salirò sul palco con Luigi Cesaro, è per questo che dico che il mio percorso è tutt’altro che scontato non corrisponde a quello che una certa stampa sta raccontando», dice Catello Maresca all’annuncio della sua candidatura, lo scorso maggio.

Luigi Cesaro è senatore di Forza italia, la procura di Napoli di cui faceva parte Maresca, in passato, aveva chiesto l’arresto di Cesaro prima dell’archiviazione. Il boss Raffaele Cutolo ha raccontato che Cesaro è stato suo autista negli anni ottanta e diverse informative hanno raccontato contatti tra l’esponente forzista e diversi esponenti della camorra.

Durante la campagna elettorale, Maresca ha più volte chiarito che i Cesaro, Luigi e anche figlio Armando, entrambi in Forza italia, «fanno campagna per Manfredi» aprendo uno scambio di smentite con il candidato di centrosinistra.

Ma la rinuncia al sostegno di Cesaro, in realtà, è solo il primo segnale della fallimentare campagna elettorale di Maresca, iniziata con una rissa fisica a colpi di testate tra candidati di destra, finita con le bocciature di alcune liste a suo sostegno, come quella della Lega.

Con questa premessa la vittoria di Manfredi era ampiamente prevedibile, non arriva certo perché gli elettori hanno voluto segnare una discontinuità rispetto ai dieci anni di amministrazione di Luigi de Magistris.

La discontinuità nel dialogo

Nelle liste a sostegno del nuovo sindaco ci sono diversi esponenti della giunta uscente. L’ambientalista Raffaele Del Giudice, dopo l’esperienza da assessore all’ambiente e vicesindaco, si è candidato in una lista a sostegno di Manfredi, ispirata dal presidente della regione Vincenzo De Luca, un tempo acerrimo nemico proprio di de Magistris.

Anche Sergio D’Angelo, ex assessore alle politiche sociali della giunta arancione, si è candidato a sostegno di Manfredi.

Il nuovo sindaco eredita una città indebitata, ma che ha avuto un aumento considerevole di turisti e recuperato l’immagine internazionale compromessa dai rifiuti in strada negli anni di governo del Pd della città e della regione.

Il vero punto di rottura che la città si aspetta da Manfredi è nella capacità di costruire dialogo. «La novità potrebbe arrivare dal superamento del concetto di autonomia, un guscio vuoto. Napoli è città internazionale e si governa dall’Europa, dall’Italia e dalla regione senza litigare con tutti», diceva D’Angelo in campagna elettorale.

Quello che de Magistris ha fatto è stato espellere predatori, mangiatoie dal governo della città, ma che è rimasta senza visione, con piedi d’argilla e in attesa delle risposte a molte delle domande che si poneva dieci anni fa.

Le questioni aperte sono quelle di sempre. La prima riguarda i rifiuti, la città è uscita dall’emergenza ma non ha gli impianti, a partire da quelli di compostaggio, per ambire all’autonomia. La seconda riguarda i trasporti, la viabilità cittadina e la riqualificazione di alcune zone della città.

La terza riguarda la questione sociale, Napoli in dieci anni ha perso la metà degli assistenti sociali, ha un quarto della capacità di offerta di asili nido rispetto agli standard europei con una spesa sociale pro capite che vale un terzo della media italiana.

Sfide che il nuovo sindaco affronta con una larga maggioranza, si confronterà con l’opposizione minoritaria guidata da Maresca e con quella di un vecchio amico del centrosinistra, l’ex sindaco Antonio Bassolino.

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