«L’accademia ci tollera, ma i cambiamenti non sono ancora entrati nel profondo». È questa la netta diagnosi di Maria Serena Sapegno, già professoressa di Letteratura italiana e Studi delle donne e di genere alla Sapienza di Roma, la quale non ha paura ad usare ancora la parola «patriarcato», che «continua ad esistere e condizionare le donne, anche nell’accademia, con la forza dei non detti».

Professoressa, la didattica universitaria si è però aperta agli studi di genere.

Sì, ma non sul piano ufficiale. Diciamo che l’accademia tollera questi studi e tollera le donne che li praticano soprattutto grazie all’Unione europea. Per vincere bandi di ricerca importanti e ottenere punteggio, infatti, le università hanno bisogno di prevedere didattica e attività legate alle questioni di genere. Insomma aprire questi corsi oggi conviene, ma la cultura e la struttura profonda dell’accademia non è cambiata.

Gli spazi sono ancora pochi, quindi?

Sono pochi e soprattutto non sono istituzionalizzati. Il mio corso di Studi di genere, per esempio, non è una materia ufficialmente registrata ed è catalogata sotto sociologia. Intendo questo quando dico che questa didattica non è davvero entrata in modo strutturato e nel profondo del sistema accademico. È ancora legata all’iniziativa delle singole studiose.

Siamo ancora al punto che singole donne debbano aprire la strada?

Il sistema è ancora molto fragile ed è affidato alle singole che accettano di farsene carico, pagandone anche il prezzo. Per essere chiare: non si fa carriera occupandosi di queste cose. La struttura dell’accademia rimane patriarcale: quanti sono i miei colleghi che ritengono che questi studi siano importanti? Una minoranza assoluta, mi creda. La maggioranza pensa che siano quisquilie e in questo la cultura cosiddetta woke degli ultimi anni non ha aiutato.

Perché?

I suoi eccessi ideologici, soprattutto negli Stati Uniti, sono sfociati anche nella mancanza di rispetto per le opinioni altrui. Questo ha prodotto una ampia insofferenza nei confronti delle battaglie di genere. Di più: ha permesso a tanti di dire che basta, noi donne abbiamo stancato con le nostre pretese. L’effetto è stato un backlash contro il femminismo, di cui anche Donald Trump è una delle incarnazioni.

Dal punto di vista della carriera accademica, il gender gap si sta colmando?

Nelle materie umanistiche non esiste più un blocco vero e proprio nel fare carriera. Quando ero studentessa io non c’erano professoresse donne, ora invece sono tante anche a livelli alti. Tuttavia i meccanismi dell’accademia sono sempre gli stessi e molto, nel fare carriera, dipende da quanto – come donne – ci si pone in contrasto con la struttura costituita, a quanto si dà fastidio. Molte barriere continuano ad esserci, solo che non vengono dette. Per esempio se rimani incinta, allora significa che non sei abbastanza dedita agli studi. Insomma, permane il fatto che le donne sono ancora vissute come un soggetto imprevisto del mondo pubblico: nessuno lo dice apertamente, ma si percepisce. Se le donne non sono allenate a riconoscere questi sottotesti, si convincono di essere loro il problema e non la struttura che sta tentando di tenere fuori.

Le giovani sono allenate a vederli?

Per molte è difficile da credere che questi blocchi ancora ci siano, perché sono abituate a pensare di essere in un mondo in cui esiste la parità di genere. Se ne accorgono quando lo sperimentano. I meccanismi patriarcali, però, sono subdoli proprio perché non sono espliciti ma si nutrono dei non detti, che anche le donne hanno introiettato.

Quali consigli dà alle sue studentesse?

Io non do consigli, ma con ciò che insegno provo a veicolare alcuni messaggi. Il primo è che le donne devono essere consapevoli di loro stesse e della strada che ha portato le donne ad arrivare dove sono oggi, perché altrimenti partono deboli. Il secondo è che le donne devono allearsi con le altre donne, perché da sole non si va da nessuna parte e bisogna imparare a fare rete. Il terzo è di avere fiducia nei propri mezzi ma di sapere anche che la strada per realizzarsi non sarà una passeggiata, dunque bisogna essere solide e sapersi rialzare davanti alle tante difficoltà che ci saranno.

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