In un contesto di «ripoliticizzazione dell'8 marzo», come l’ha definita il suo segretario generale, Michele De Palma, la Fiom-Cgil sceglie la Giornata internazionale della donna per presentare un'analisi dettagliata sulla situazione del personale maschile e femminile nelle aziende metalmeccaniche italiane. Lo studio, condotto su 1.072 rapporti periodici relativi al biennio 2022-2023 e riguardante circa 450mila dipendenti, mette in luce un quadro preoccupante di disuguaglianze persistenti e, in alcuni casi, in aumento.

L’occupazione femminile cresce a rilento

I dati mostrano che l'occupazione nel biennio analizzato cresce sia per le donne sia per gli uomini, ma con significative disparità. Mentre l'occupazione femminile è aumentata del 4,94 per cento, quella maschile ha registrato un incremento doppio in termini assoluti: 8.423 nuovi posti per gli uomini contro 4.504 per le donne. Tradotto in altri termini, solo un'assunzione su tre nel settore metalmeccanico riguarda una donna.

La presenza femminile rimane particolarmente bassa tra dirigenti e operai. Nel 2023, le donne rappresentavano appena il 16,3 per cento dei dirigenti (in leggero aumento rispetto al 15,7 del 2022) e solo il 12,8 degli operai (rispetto al 12,7 per cento dell'anno precedente). La situazione è leggermente migliore tra quadri e impiegati, dove le donne costituiscono rispettivamente il 22 e il 30,2 per cento.

Un dato interessante emerge dall'analisi del lavoro in somministrazione, dove la percentuale di donne (23,4 per cento) supera il valore delle dipendenti dirette (21,4).

Part-time: la flessibilità penalizza le donne

È sul part-time che il gender gap si manifesta in maniera eclatante. Se complessivamente solo il 3,5 per cento dei dipendenti metalmeccanici ha un contratto part-time, la distribuzione per genere rivela una realtà allarmante: tra gli uomini la percentuale si ferma all'1,1, mentre tra le donne sale al 12,2 per cento.

Anche sul fronte del lavoro agile emergono importanti differenze: a utilizzare questa modalità di lavoro è il 40,1 per cento delle donne contro il 25,6 degli uomini, su una media complessiva del 28,7.

Disparità salariali in aumento

La parte più preoccupante dello studio della Fiom-Cgil riguarda il gender pay gap, che nell'industria metalmeccanica è cresciuto dello 0,6 per cento, passando dal 13,5 nel 2022 al 14,1 nel 2023. Alle donne, che rappresentano il 21,4 per cento della forza lavoro, spetta appena il 18,9 per cento del monte retributivo annuo lordo. Ma è analizzando il salario accessorio che emerge una disuguaglianza ancora più marcata.

La parte di retribuzione non contrattata collettivamente – straordinari, superminimi individuali, premi di produttività e benefit aziendali – evidenzia un divario del 25,3 per cento, contro il 10,6 registrato nel salario strutturale (contrattato collettivamente). «Siamo di fronte a un contesto sociale, culturale ed economico derivante da una gestione del potere prevalentemente maschile, che determina un oggettivo elemento di disparità e disuguaglianza crescente nel mondo del lavoro metalmeccanico», ha dichiarato il segretario De Palma.

Differenze settoriali

Lo studio evidenzia notevoli differenze anche tra i diversi settori produttivi. Nella siderurgia e nell'impiantistica – dove la presenza femminile è particolarmente bassa, rispettivamente il 7,3 e il 10,6 per cento della forza lavoro – il gender pay gap è praticamente annullato e risulta addirittura a favore delle donne.

Completamente diversa la situazione in altri comparti: nell'automotive il divario salariale raggiunge il 15,1 per cento per la retribuzione strutturale e il 22,6 per il salario accessorio; nell'elettrodomestico, la situazione peggiora ulteriormente con un gender gap del 24,7 per cento per la retribuzione strutturale e addirittura del 39,3 per il salario accessorio; nell'informatica, infine, il divario si attesta al 18,7 per cento per la retribuzione strutturale e al 29,7 per quella accessoria.

L'impegno del sindacato

Di fronte a questo quadro, la Fiom-Cgil ha elaborato una strategia articolata su tre livelli: contrattuale, informativo e legislativo.

Sul piano contrattuale, De Palma sottolinea i risultati già ottenuti: «La spinta alla contrattazione con Federmeccanica e Assistal, senza il protagonismo delle donne, non avrebbe prodotto gli stessi risultati. Il contratto dei metalmeccanici introduce tre mesi in più, per un totale di sei, alle donne vittime di violenza per ricollocarle in un altro luogo produttivo». 

Sul fronte informativo, il sindacato chiede al mondo delle imprese un accesso più capillare ai dati relativi alle disparità di genere. Sul piano legislativo, la Fiom-Cgil sollecita il recepimento della direttiva europea 2023/970 sulla trasparenza salariale. «In Italia non è stata ancora trasposta questa direttiva fondamentale», ricorda De Palma. «Il nostro paese ha tempo fino a giugno 2026, ma riteniamo che vada fatta più rapidamente».

Un problema che riguarda tutti

Il segretario generale della Fiom-Cgil sottolinea infine come la questione della parità di genere debba coinvolgere anche gli uomini: «È fondamentale discutere di questi temi nelle assemblee per determinare un cambiamento nei luoghi di lavoro, ma lo Stato deve fare la sua parte. I sindacati non possono sostituirsi alle iniziative statali sui centri antiviolenza».

Il rapporto presentato dalla Fiom-Cgil in occasione dell'8 marzo rappresenta quindi non solo un'analisi dettagliata del gender gap nel settore metalmeccanico, ma anche un invito all'azione rivolto a tutti gli attori coinvolti: aziende, lavoratori, istituzioni e società civile.

Solo un impegno collettivo potrà infatti affrontare efficacemente un problema strutturale che limita non solo le opportunità delle lavoratrici, ma anche lo sviluppo complessivo del settore e del paese.

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