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Meglio morto che schiavo nei campi dei caporali: l’ultima protesta di Fallaye Dabo

LaPresse
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Fallaye Dabo era un bracciante arrivato dal Mali su un barcone, 28 anni, nelle campagne della Capitanata, in Puglia. Lo hanno trovato appeso a un ulivo. 

  • Fallaye Dabo, 28 anni, qualche foto che lo ritrae sorridente, veniva dal Mali a cercare la fortuna in Italia, arrivato come tutti con un barcone.
  • Dicono che era andato al Nord a cercare fortuna. Forse aveva trovato un lavoro precario per un salario da fame. E come fanno tanti altri disgraziati come lui, aveva deciso di spostarsi al Sud, in Puglia, in quel grande ghetto a cielo aperto che è la Capitanata.
  • La provincia agricola più estesa d’Italia con i suoi 500mila ettari coltivati. Terra ricca di pomodori, ortaggi e frutta che per essere raccolti richiedono braccia. Ma con salari da fame e condizioni lavorative da sfruttamento selvaggio.

Fallaye Dabo aveva appena finito di pregare. I suoi occhi si erano fermati ad ammirare le prime luci dell’alba che già illuminavano le campagne della Capitanata. Un saluto ai suoi compagni, un ultimo sguardo a quella che era da poche settimane la sua casa, e che casa non era. Una vecchia masseria abbandonata, un fornello per riscaldare il cibo, i bidoni con l’acqua per lavarsi, un materasso a terra per dormire. Fallaye Dabo era un bracciante di colore, uno dei tanti che legano la loro vita

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