Mandanti, dossier, e caccia agli informatori delle notizie pubblicate dalla stampa. Ma anche la biografia professionale e i compiti svolti dai due indagati dalla procura di Perugia, il finanziere Pasquale Striano e il magistrato Antonio Laudati. E poi i sistemi informativi della Direzione nazionale antimafia che sono un colabrodo («Senza mai ricevere attacchi», però precisa) e l’occasione mancata del Pnrr nel settore della Giustizia.

È stata un’audizione fiume quella di Giovanni Melillo, procuratore capo della Direzione nazionale antimafia, davanti ai deputati e senatori della commissione antimafia. Pareri personali e tecnicismi per oltre tre ore, per mettere ordine nel caos di notizie e dichiarazioni scoppiato con l’indagine della magistratura umbra sui due uomini della Dna e sulle 14 persone (tra cui i tre giornalisti di Domani) che avrebbero ricevuto informazioni riservati dal finanziere Striano.

«Informazione corretta»

«La mia è stata una richiesta animata da sincero spirito di collaborazione, per venire incontro all’interesse pubblico per un’informazione corretta e obiettiva», esordisce Melillo, spiegando i motivi della richiesta – sua e del procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone – di essere auditi dal Csm, dalla commissione antimafia e dal Copasir. Quella che traccia è il quadro di una «terribile vicenda di cui si occupano i colleghi di Perugia». Secondo il capo della procura antimafia Striano non agiva da solo, ma è solo un’impressione: «Per estensione e sistematicità, la raccolta di informazioni che è attribuita a Striano ha caratteristiche che difficilmente ricorrono a iniziative individuali. Se esiste un perimetro di responsabilità più ampio lo scoprirà la procura di Perugia». Melillo ricorda infatti che anche lui era finito nella rete di dossier e spioni architettata da Pio Pompa, ex agente del Sismi legato all’allora capo dei servizi Niccolò Pollari.

Melillo parla a lungo degli accessi del finanziere Striano, ricostruendo la catena di comando dell’unità Sos all’interno della Dna, che ha riformato non appena arrivato a capo della Dna. Gli accessi di Striano sarebbero poi più sui server della guardia di finanza, come fa notare il senatore Roberto Scarpinato, che su quelli della procura antimafia.

Crosetto e Gravina

Melillo affronta poi il tema dei dossier. Racconta di uno con informazioni riservate sul ministro della Difesa Guido Crosetto, che più volte ne ha paventato l’esistenza. La prima volta, dopo le tre inchieste che questo giornale realizza sui suoi compensi milionari ricevuti da Leonardo e altre industrie degli armamenti fino a poco prima del suo ingresso nel governo Meloni. «Striano ha realizzato un dossier su Crosetto all’inizio del 2023, tre mesi dopo che l’ho sostituito», ha dichiarato Melillo. Ma in questo “dossier” (un appunto investigativo sulle infiltrazioni della criminalità nel settore turistico nella Capitale, dove Crosetto spunta per i legami pericolosi di alcuni suoi soci in tre B&B), del finanziere, non c’è traccia di informazioni finanziarie o patrimoniali del ministro. Cioè nulla ha a che vedere con l’inchiesta di Domani che svelava i conflitti di interessi con l’industria degli armamenti. Il “dossier” è stato pubblicato da un giornale filogovernativo lo scorso agosto dopo la fuga di notizie che ha inquinato l’indagine condotta dai pm di Perugia, e su cui Cantone ha aperto un fascicolo.

Ai parlamentari, Melillo ha manifestato la sua preoccupazione per le numerose informazioni bancarie che spuntano sui quotidiani, facendo riferimento ad alcuni articoli pubblicati da altri quotidiani sulle finanze di alcuni «importanti calciatori». Per questo ricorda di aver sollecitato i vertici delle procure di monitorare la stampa per vedere quali informazioni venivano pubblicate e su quali giornali, per sapere e andare alla caccia di eventuali talpe.

Melillo ha anche affrontato la vicenda di Gabriele Gravina, il presidente della Figc, ricostruendo la genesi di quello che a Perugia è considerato un «dossier» fatto da Striano e e Laudati e che invece alla procura di Roma ha portato all’apertura di un fascicolo di indagine con Gravina primo indagato per appropriazione indebita e autoriciclaggio.

La Dna

Ricorda che la Dna «ha le carte in regola» con condivisione unanime di «tutti i procuratori istituzionali», ma che bisogna chiarire «nodi problematici che ruotano intorno alla gestione delle Segnalazioni delle operazioni sospette».

Nelle banche dati della procura nazionale antimafia «non sono presenti tutte le Sos realizzate» ma il 16 per cento delle oltre 150mila che ogni anno passano da Bankitalia.

Sottolinea la loro importanza nelle indagini contro la mafia e gli investimenti nelle opere pubbliche, l’infiltrazione del Pnrr, o del finanziamento del terrorismo internazionale. E ricorda il ruolo straordinario che hanno svolto «nello svelare la rete di copertura della latitanza di Matteo Messina Denaro».

La riorganizzazione di Melillo per qualcuno non è abbastanza. Il parlamentare di Azione Enrico Costa vuole presentare un emendamento per far sì che le Sos siano atti di indagine, e quindi coperte da segreto e non pubblicabili dai quotidiani.

Subito accodata Forza Italia: «Vanno corrette con una norma ad hoc», ha dichiarato Pierantonio Zanettin.

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