All’uscita da palazzo Chigi, dopo l’incontro con la premier Giorgia Meloni per parlare della legge di bilancio, il leader del Terzo Polo, Carlo Calenda, non nasconde il sorriso. Parla di molta «soddisfazione», governo «attento e in ascolto», Giorgia Meloni «preparata, e non è di tutti i presidenti del Consiglio». Passi successivi? «Vedremo se accetteranno i nostri consigli, se serve ci interfacceremo con il ministero, dove io conosco tutti perchè è rimasto gran parte del mio staff», è la conclusione di Calenda.

Dialogo aperto

Sebbene Calenda assicuri che con Meloni non si è parlato di politica, anche solo l’incontro è un segnale chiaro alla maggioranza di governo e soprattutto a Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi ha mosso parecchi rilievi alla legge, definita «una tisana» dal vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè e ha fatto capire che sarà il parlamento la sede per i ritocchi non accolti in consiglio dei ministri.

Il Terzo polo di Calenda, che formalmente è all’opposizione, ha scelto invece una linea molto più soft: «Non faremo ostruzionismo in aula perchè andare in esercizio provvisorio è una follia», ha detto il leader, aggiungendo che su alcuni punti – «il 25 per cento della manovra» – c’è condivisione e su quelli si è confrontato con Meloni per degli aggiustamenti.

Poi è stato lo stesso Calenda a trarre il dato politico: «Se i partiti di governo, leggi FI, invece di sabotare Meloni, contribuissero a fare la manovra, e l'opposizione invece di andare in piazza presentasse provvedimenti migliorativi, forse sarebbe un Paese normale».

Sulla legge di bilancio, su cui il governo probabilmente porrà la fiducia visti i tempi stretti, una convergenza in parlamento non sarà possibile. Se però questa tecnica di confronto si consolidasse, il Terzo Polo potrebbe facilmente convergere su altri provvedimenti con il governo Meloni.

Il fastidio di Forza Italia

L’apertura a Calenda, infatti, apre un percorso utile a Fratelli d’Italia: la maggioranza ha già dimostrato di essere litigiosa e instabile e Meloni sa che potrebbe aver bisogno di cercare voti in parlamento, come successo con la nomina di Ignazio La Russa a presidente del Senato.

Sapere dove questi voti possono essere trovati e su quali punti è possibile farlo è prezioso, soprattutto considerate le intemperanze di Forza Italia.

Proprio gli azzurri non hanno gradito nè le frecciate di Calenda nè l’eccessiva disponibilità di Meloni nei suoi confronti. 

Un fuoco di fila di dichiarazioni, infatti, si è levato dalle file di FI. «Non accettiamo lezioni di chi ha perso le elezioni ed è destinato all'irrilevanza», ha detto la capogruppo di FI al Senato Licia Ronzulli, spiegando che il suo partito non intende sabotare la maggioranza, ma intende «dare contributo in più».

Anche il capogruppo alla Camera, Alessandro Cattaneo, ha risposto a Calenda, dicendo che «è ossessionato da Forza Italia perché alle elezioni aveva detto che sarebbe arrivato davanti».

«Fa male invece Calenda a tentare di dare lezioncine con il solito tono da bambino viziato. Non tocca a lui dare delle pagelle ai gruppi di maggioranza. Forza Italia, che con Berlusconi ha fondato il centrodestra, condivide non solo il programma che ha contribuito a stilare, ma anche una legge di stabilita' che va nella giusta direzione», ha commentato invece Maurizio Gasparri.

A fare sintesi della giornata è il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, che ha stigmatizzato i toni di Calenda nei confronti di FI ma, soprattutto, ha lanciato un avvertimento a Meloni.

Alla domanda del Foglio su a che cosa serva l’incontro a palazzo Chigi «Serve a Calenda. E temo che si concluderà con la solita scorpacciata di tweet da parte sua. Uno show per le televisioni».

I punti di convergenza

I punti discussi con Meloni hanno riguardato in generale i fondi del Pnrr che ancora devono essere spesi e, in merito alla finanziaria, l’impresa 4.0 estesa ai beni ambientali e energetici, un tetto nazionale al costo del gas e dell'elettricità al posto dei crediti di imposta, un aumento degli stipendi dei sanitari, inoltre è stato analizzato il reddito di cittadinanza – a cui anche Calenda è contrario e ritiene vada rimodulato – parlando di reddito di inclusione «dando le risorse ai sindaci».

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