Non sono bastate le convocazioni straordinarie a palazzo Chigi, gli appelli controllati letti a Sanremo, gli incontri notturni a base di arrosticini. I trattori rimangono alla Nomentana, i presidi sono prolungati, i Comitati riuniti agricoltori (Cra), che fanno capo a Danilo Calvani, promettono ventimila persone al Circo Massimo giovedì prossimo.

Non è andata benissimo la mediazione del governo, che venerdì ha deciso in fretta e furia di convocare a palazzo Chigi Coldiretti e altre associazioni degli agricoltori. In serata, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha anche raggiunto il presidio sulla Nomentana e si è confrontato con i manifestanti. Con scarso successo, a dire il vero: ha beccato fischi e gli agricoltori non si sono sentiti rassicurati dalle sue parole, anzi. Ieri pomeriggio, nonostante le condizioni meteo in peggioramento, i vertici del Cra hanno annunciato di voler continuare con la mobilitazione per portare la manifestazione al centro della capitale. E Giuliano Castellino, già leader di Forza nuova ora alla guida di Ancora Italia, ha già annunciato la sua adesione.

La protesta dilaga

Il Cra chiede l’«annullamento dei patti scellerati tra il governo italiano e i paesi emergenti dell’Africa; dimissioni di Lollobrigida; azzeramento dei vertici sindacali, gli unici che non sono stati a fianco dei lavoratori».

Come se non bastasse, Calvani ha invitato a scendere in piazza anche le altre categorie. «Lanciamo un invito a tutte le categorie: agricoltori, artigiani, commercianti, cittadini, consumatori tutti. Questa è la manifestazione di tutti. Cari italiani, ora tocca a noi. Sono giorni che siamo sulle strade. Stiamo combattendo, siamo una prova di forza civile senza violenza».

Considerato che gli ultimi sondaggi mostrano che otto cittadini su dieci sono solidali nei confronti della protesta dei trattori, un allargamento sarebbe rischiosissimo per Meloni, che deve già gestire un drastico calo del gradimento suo e dell’intero governo.

Insomma, la visita del ministro, che arriva dopo giorni di presidio alle porte di Roma, secondo alcuni manifestanti anche senza invito, nel migliore dei casi è riuscita a dividere la protesta: una parte degli agricoltori dà la responsabilità della situazione all’Unione europea, altri chiedono la testa del “cognato d’Italia”. Che, a dire il vero, ha buone possibilità di restare in sella nonostante la gestione caotica della protesta.

Certo, a soffiare sul fuoco c’è Matteo Salvini, che sminuisce l’intervento del ministro, mettendo in chiaro che «si può fare di più» per gli agricoltori accampati alle porte di Roma. L’ennesimo fronte aperto tra i due partner di governo, che però per Lollobrigida ha un inaspettato effetto collaterale positivo: il partito si è ricompattato intorno a lui e gli offre una sponda per riabilitarsi almeno nella geografia interna di Fratelli d’Italia.

Problema irrisolvibile

Impossibile da rimuovere, il marito della sorella della premier viene descritto come attivissimo in quello che sa fare meglio, cioè muovere le tessere interne al partito, gestire correnti e assecondare (oppure no) i desideri di chi gravita intorno a via della Scrofa.

Era il suo ruolo da capogruppo nella scorsa legislatura, ma ancora oggi quel che succede sul territorio, come l’impallinamento dei rampelliani nel Lazio o lo sgambetto alla corsa di Alessia Ambrosi in Trentino, vengono attribuiti alla sua regia. Attorno a lui si muovono anche le trattative per compilare le liste delle europee: finora, oltre alla sempre più probabile candidatura della premier come capolista, non ci sono molte certezze.

La logica da clan continua ad avere la meglio nella gestione del partito, quindi muoversi senza l’avallo della famiglia è impossibile. Ma mentre Arianna Meloni è percepita più come un’emanazione diretta della sorella che si sta ancora ritagliando uno spazio conquistando poco alla volta la luce dei riflettori, Lollobrigida è forte del credito che si è guadagnato a Montecitorio durante l’ultima legislatura. E allora, mentre al ministero suona l’allarme rosso per le proteste, meglio dedicarsi alle questioni interne al partito.

Certo, il cognato-ministro rischia di diventare un problema sempre più grande per Meloni. Ma non può liberarsene. Anche per questo la premier ce l’ha messa tutta per aiutarlo e ridurre la portata della protesta, invitando le associazioni a un confronto con buona parte del governo.

L’emendamento al decreto Milleproroghe per ridurre l’Irpef agricola per gli imprenditori con una dichiarazione dei redditi fino ai 10mila euro dovrebbe essere depositato già domani, ma Meloni ha anche ottenuto la disponibilità del numero uno di Coldiretti, Ettore Prandini, a tornare ad ascoltare di più i propri associati.

Merito suo anche la mancata deflagrazione della protesta a Sanremo: il governo è intervenuto per tempo per evitare che gli agricoltori salissero sul palco dell’Ariston. Alla fine Amadeus, a mezzanotte e un quarto durante la serata delle cover, ha letto un passaggio piuttosto innocuo di un comunicato presentato dal presidio degli agricoltori che aveva raggiunto la città. Nel testo si parla di insegnamento dei nonni, dignità e lavoro, ma un passaggio minaccioso compare perfino in quelle poche righe.

«Senza agricoltura non c’è vita, non c’è sovranità alimentare, non c’è libertà». La scelta di usare l’espressione “sovranità alimentare” sembra un messaggio chiaro a Meloni, che ne ha fatto la sua bandiera. Cambiando addirittura il nome del ministero dell’Agricoltura in ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Peccato che per risolvere questa grana la premier non può contare sul suo ministro.

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