«Non sono numeri, sono persone», ha esordito l’Autorità garante dei diritti dell’infanzia, Carla Garlatti, dalla Sala della Regina di Montecitorio, e dopo ha levato la sua voce contro il nuovo decreto sui migranti che il governo Meloni si prepara ad approvare. Critica l’intenzione di avviare una stretta attraverso l’aumento dei controlli sull’età: «Non è pensabile, in alcune aree non ci sono nemmeno i certificati anagrafici». E boccia l’ipotesi di mettere i minori non accompagnati nei centri insieme agli adulti.

Garlatti è intervenuta in occasione dell’illustrazione della relazione al parlamento sulle attività svolte nel 2022, alla presenza del presidente della Camera Lorenzo Fontana. Il suo intervento ha messo tra i primi punti i ragazzi che sopravvivono al mare.

In primo luogo ha chiesto di «rispettare il principio di presunzione di minore età all’arrivo in Italia»: «È difficile e costoso procurarsi i documenti e per i rifugiati addirittura impossibile». Senza contare che le donne soprattutto vivono sempre il rischio di finire nelle mani dei trafficanti: «In questo modo si va a dare una mano alla criminalità organizzata, le ragazzine vengono costrette a dire di essere maggiorenni per avviarle allo sfruttamento sessuale».

A tutti i ragazzi, ha proseguito, «va inoltre assicurato nel più breve tempo possibile il primo colloquio», che serve a capire quale destino cerca per sé stesso il minore.

La norma

Nel Consiglio dei ministri di oggi, il governo vuole istituire una pratica per cui la situazione emergenziale dia il via libera ad esami e controlli, come le radiografie e rilevazioni antropometriche, approvate anche solo oralmente direttamente all’arrivo, per individuare l’età di chi approda. Inoltre è prevista l’espulsione qualora venga dimostrato che il migrante mente sulla sua età.

Una materia alquanto scivolosa, visto che nella stessa bozza del decreto c’è scritto che tutti gli esami hanno un ragionevole margine di errore.

L’altro problema, su cui la garante punta il dito è l’accoglienza nei centri. Di fronte alla possibilità che i posti nelle strutture dedicate ai minorenni siano pochi, il testo non ancora approvato dà il via libera a usare parti dedicate dei centri per adulti per chi ha 16 o 17 anni. Anche in questo caso la posizione di Garlatti è diversa: «Servono strutture ad hoc, differenti da quelle degli adulti, e tutori volontari».

Garlatti ha poi esortato a trovare soluzioni strutturali, anche perché sono lustri che l’Italia deve affrontare il fenomeno migratorio.

Chiedere al garante

In questo contesto, è stata formulata la richiesta di dare maggiore ascolto all’Autorità garante. Come ricorda il comunicato ufficiale, Garlatti si esprime in un momento in cui è stata l’attualità a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica sui minorenni. Dal dramma di Caivano al numero straordinario di arrivi di minori sulle coste italiane, Garlatti chiede maggiore spazio per il l ruolo dell’Autorità garante, ma anche per la Bicamerale infanzia, e per tutte le istituzioni di amministrazione attiva che si occupano di bambini e ragazzi, a partire dal Dipartimento per le politiche della famiglia retto dalla ministra Eugenia Roccella.

Gli ambiti di intervento prioritario si moltiplicano e sono già stati segnalati al governo Meloni sin dal suo insediamento: povertà minorile, dispersione scolastica, salute mentale, ambiente digitale e partecipazione. Un discorso che coinvolge anche l’Autonomia differenziata: non è poi più rinviabile sempre secondo Garlatti un intervento che colmi le disparità presenti nel paese. Va completato il lavoro per introdurre i livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali previsti dalla Costituzione.

«Tuttavia – ha sottolineato Garlatti – non ha senso parlare di futuro senza l’impegno di tutti gli adulti ad assicurare a ogni minorenne un presente libero da abusi, violenza, discriminazioni, differenze economiche e sociali, disagio e povertà. Quando pensiamo al futuro tendiamo a pensare al domani e a rinviare. Il futuro invece è adesso: è oggi che ci dobbiamo dare fare».

E l’avvertimento: «Ciascuno di noi deve sentirsi investito in prima persona, come componente di una comunità che sa mettersi in ascolto e che non si volta dall’altra parte. Solo così potremo parlare seriamente di futuro». La convinzione è chiara: «Lo scontro politico non fa bene all’infanzia».

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