Fratelli d’Italia in parlamento ha l’imbarazzo della scelta, e così la sottosegretaria appena dimessa Augusta Montaruli, dopo la condanna definitiva in cassazione a un anno e sei mesi, non solo torna con i complimenti del team di Giorgia Meloni a fare la deputata, ma anzi, il 28 febbraio è arrivato l’annuncio ufficiale che siederà in commissione Affari costituzionali, della presidenza del Consiglio e interni. Prenderà il posto di Maddalena Morgante, la deputata di Fratelli d’Italia nota per aver aver attaccato la partecipazione di Rosa Chemical a Sanremo perché troppo “fluida”.

Tutti i parlamentari hanno l’obbligo di andare in commissione, e il partito ha preferito lasciare lo spazio in una delle più importanti alla condannata per peculato che si è fatta rimborsare impropriamente quando era consigliera regionale borse, Swarovski e libro hot. Resta comunque in un’altra la navigata pasionaria no gender con inclinazioni al negazionismo climatico.

I passaggi

Dopo che Domani ha avuto conferma della condanna in cassazione di Montaruli, e ricordato con articolo e prova video che Giorgia Meloni invitava i condannati a scontarsi la pena, la sottosegretaria ha deciso di procedere con le dimissioni dal suo ruolo di sottosegretaria al ministero dell’Università. Un addio con sei storie su Instagram in cui si dichiarava comunque innocente e si rammaricava della giovane età in cui aveva presentato gli scontrini.

L’avvocato difensore della deputata e dell’ex presidente della Regione Roberto Cota (condannato pure lui, nella sua lista spese le celebri mutande verdi), durante il processo portava avanti come linea difensiva che né i segretari, né i capigruppo di allora avevano mai detto che fosse sbagliato.

La cassazione però ha dovuto badare ai fatti. Dopo la veloce e parziale uscita di scena di Montaruli, il Fatto Quotidiano ha dettagliato lo shopping fatto dal 2010 al 2012 come consigliera della Regione Piemonte. Dalla tabella compilata dagli investigatori della Guardia di finanza e successive specificazioni durante i processi sono emersi: orecchini dati in regalo a una collaboratrice; numerose cene consumazioni in bar, ristoranti e pasticcerie anche in periodi festivi oppure senza “nessuna giustificazione istituzionale”; un acquisto da 125 euro in un negozio Hermes di Torino; una borsa della marca Borbonese da 195 euro, e i libri Sexploration, giochi proibiti per coppie, e Mia suocera beve.

La nuova vita

Le premesse dopo l’annuncio dell’addio al governo del 18 febbraio erano chiare. Non solo il capogruppo di Montecitorio, ma pure quello del Senato, rispettivamente Tommaso Foti e Lucio Malan, avevano subito diramato un comunicato per felicitarsi del ritorno di Montaruli in parlamento a tempo pieno. Ringraziandola per la mossa «generosa e spontanea» la aspettavano «attiva e determinata», sia nel gruppo parlamentare sia nel partito. Lo spostamento è stato registrato il 23.

In commissione adesso tornerà a occuparsi del funzionamento delle istituzioni (attualmente è in discussione una legge sui conflitti di interesse) e di eventuali leggi costituzionali. La commissione ha anche un ruolo di “filtro”, valuta la legittimità costituzionale e può esprimersi sugli emendamenti di tutti gli altri progetti di legge. La deputata invece, dopo la condanna per peculato, non rientra invece nella commissione Lavoro pubblico e privato, dove sedeva prima della nomina a sottosegretaria.

Poco male anche per Morgante, la sua attività non finisce qui, e non solo per la sua partecipazione alla conferenza dei Pro vita contro «l’ideologia ambientalista» dove ha aperto un nuovo fronte. In commissione Affari costituzionali era solo la sostituta di Carlo Nordio, che aveva dovuto lasciare il posto per diventare ministro della Giustizia.

Morgante rimane stabile in commissione Affari sociali e aspetta la risposta a un’interrogazione al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Nel testo ha chiesto di sapere se la trascrizione all’anagrafe di bambini riconosciuti come figli di genitori dello stesso sesso sia una violazione di legge. Si dichiara preoccupata: «Di fatto, i sindaci hanno registrato ciò che in Italia si configurerebbe come un reato».

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