«Certezza del diritto, certezza della pena. Che significa che chi è indagato o sotto processo deve avere il massimo delle garanzie, ma significa anche che quando sei condannato con sentenza passata in giudicato la pena te la devi scontare».

Così parlava la presidente del Consiglio Giorgia Meloni il 5 febbraio, quando all’Auditorium della Conciliazione, in occasione dell’evento di chiusura della campagna elettorale di Francesco Rocca (oggi presidente del Lazio) interveniva di fronte a una sala gremita. E dopo poche ore che questo giornale ha ripubblicato il video di quell’intervento, la sottosegretaria Augusta Montaruli condannata in via definitiva a un anno e se mesi, si è dimessa con un testo diviso in sei storie di Instagram.

La Cassazione giovedì notte ha confermato la sentenza della Corte d’appello che ha chiarito che Montaruli, oggi deputata, quando era consigliera regionale in Piemonte si è fatta rimborsare indebitamente spese per 25mila euro, tra cene di lusso, borse, Sawarovski, e i libri, Mia suocera beve e Sexploration. Giochi proibiti per coppie, macchiandosi di peculato. Lei continua a professarsi innocente, nonostante la pena sia arrivata alla luce degli scontrini: «Ho deciso di dimettermi dall’incarico di governo – ha detto l’esponente di FdI – per difendere le istituzioni certa della mia innocenza».

La gioventù

Già a novembre dell’anno scorso era finita al centro delle polemiche per la sua gita a Predappio alla tomba di Benito Mussolini. «Errori di gioventù», aveva detto per giustificarsi. E anche sulle spese, ha tirato fuori «il giudizio verso una ragazza di 26 anni, entusiasta di entrare per la prima volta in un’assemblea legislativa e che riteneva di non dover dubitare delle indicazioni sulle modalità di uso dei fondi dei gruppi». I presidenti del gruppo di Camera e Senato, Tommaso Foti e Lucio Malan, hanno comunque ricordato che dopo la decisione di lasciare il ministero «generosa e spontanea», resta in parlamento, visto che la legge Severino non la obbliga a lasciarlo. Adesso la aspettano «attiva e determinata», sia nel gruppo parlamentare sia nel partito. Chi parla male della questione per loro è «un avvoltoio».

Avvertimento

Giorgio Mulè (LaPresse)

L’avvertimento in realtà è arrivato in primo luogo dall’alleato di governo. Il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulé prima della scelta di Montaruli aveva detto esplicitamente che il passo di lato era la scelta da considerare. Il messaggio non è piaciuto, e nel pomeriggio sono arrivate «fonti» di FdI che hanno ricordato che «anche Berlusconi è un condannato in via definitiva e ciò nonostante resta il deus ex machina degli azzurri».

Non è solo suscettibilità, visto che la scena si ripete. Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio perché, come ha lui stesso ammesso, ha passato al collega di partito Giovanni Donzelli delle intercettazioni relative a conversazioni tra l’anarchico Alfredo Cospito e tre boss mafiosi.

Donzelli, deputato e vicepresidente del Copasir, ha pensato bene di leggerle in aula alla Camera per attaccare il Pd. Mulé si era prontamente e pubblicamente dissociato. Le opposizioni aspettano. Il candidato alla segreteria del Pd Stefano Bonaccini venerdì aveva chiesto le dimissioni di Montaruli. L’altra candidata Elly Schlein ha detto che «aspettiamo ancora quelle di Donzelli e Delmastro».

 

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