Preelibatezze per palati fini a prezzi stracciati. Il mito del cibo alla buvette della Camera si tramanda di generazione in generazione, figlio di una narrazione d’altri tempi, quando la Casta – o quella che comunque così veniva etichettata – aveva dei benefici all’interno di Montecitorio.

Ma gli anni sono passati e le cose si sono evolute. Compresi i costi degli alimenti e delle bevande nel bar del Transatlantico, dove tra un morso al panino e un sorso di succo d’arancia si definiscono strategie politiche, si sussurra qualche indiscrezione ai giornalisti. Si fa la cronaca e la storia della politica.

Alla cassa, però, si paga il giusto, sfatando le leggende metropolitane, tanto che pure le foto di scontrini con prezzi ultra convenienti a fronte di pasti pantagruelici si sono rarefatte sui giornali. Ma con il cambio della guardia al governo una trasformazione bussa alle porte del palazzo.

È pronta la svolta in salsa tricolore, per cui l’offerta della ristorazione dovrà rispondere alla logica della tutela del made in Italy, che fai il paio con il pallino della sovranità alimentare. E in questo contesto si è inserita l’operazione, benedetta dal presidente della Camera, Lorenzo Fontana sotto la supervisione del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, di stringere un patto con la fondazione Campagna amica di Coldiretti. Così far arrivare sulle tavole del ristorante dei deputati e, in parte, della mensa dei dipendenti i prodotti del territorio.

Coldiretti nel menù

L’iniziativa è stata messa in atto «senza oneri aggiuntivi per il proprio bilancio», hanno fatto sapere da Montecitorio, fin da subito, presentando il progetto come una delle forme di innovazione di questa legislatura.

L’obiettivo è di acquistare «in misura prevalente, i prodotti necessari per lo svolgimento del servizio, privilegiando prodotti a km0 e seguendo il calendario della stagionalità». Coldiretti ha quindi aggiunto: «Gli accordi riguardano un’ampia gamma di categorie merceologiche e potranno in futuro essere estesi», specificando che si tratta di una «svolta a tavola che avvicina le istituzioni ai cittadini che hanno dimostrato un crescente interesse per l’acquisto di prodotti alimentari direttamente dagli agricoltori».

Solo che un mese dopo l’avvio di questa nuova fase, quasi nessuno ha notato la differenza con i giorni precedenti, in particolare alla buvette e nel bar di Montecitorio, comunemente definito “dei dipendenti”. L’offerta della frutta è la stessa, panini e pizzette sono farciti come sempre. I sapori non sono così tricolori. Certo un miglioramento dello standard è segnalato alla mensa, dove si recano i lavoratori del palazzo.

Ma anche qui dipende dalla scelta dei piatti, se c’è un tipo di verdura o meno. Campagna amica riferisce che l’offerta riguarda principalmente il comparto ortofrutticolo, e in parte anche carne e pesce, con la puntualizzazione che l’intesa è in via sperimentale. Quindi non prescrive una quantità precisa di prodotti da garantire. Si va un po’ a spanne, a quello che si può portare a Montecitorio. «È chiaro che non possiamo soddisfare al momento l’intera richiesta dei servizi di ristorazione della Camera», è la ribadisce Campagna amica.

Ma la certezza è fissata: quello che manda al palazzo è rigorosamente proveniente dal territorio laziale. Lollobrigida può rivendicare di aver teso una mano agli amici della potente organizzazione di cui Fratelli d’Italia e il suo ministero dell’Agricoltura sono interlocutori di riferimento. Lo spot è riuscito bene, il messaggio è arrivato all’esterno, e nelle intenzioni dovrebbe essere solo il trailer di quello che accadrà in futuro. Fratelli d’Italia ha l’ambizione di lasciare il segno a tavola, rifacendo anche i menù della Camera, seguendo il modello del Senato dove – a detta di molti – si mangia meglio.

Paolo Trancassini, deputato questore di FdI, è l’alfiere dell’iniziativa: ha già reso noto nei mesi scorsi che si punta a introdurre dei piatti regionali. Non è chiaro, però, se l’offerta sarà solo rivolta agli onorevoli o se sarà estesa a tutti i frequentatori del palazzo, a cominciare dalla già menzionata mensa dei dipendenti.

Né tantomeno è specificato se saranno coinvolti i bar che garantiscono servizi di ristorazione. La certezza, per ora, è che la società cooperativa di Reggio Emilia Cir food gestisce attualmente il servizio. L’appalto è stato aggiudicato nel 2019, con una durata quadriennale e un valore complessivo superiore a 20 milioni di euro, ma è in scadenza. Si parla di un bando di gara, che nelle intenzioni tricolori di Fratelli d’Italia dovrebbe rispondere a precise richieste. Con un vincitore annunciato: le lobby più vicine al partito di maggioranza. E il menù a base Coldiretti.

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