«A livello internazionale la priorità è sgretolare questo euro e rifondare questa Europa. Sì, quindi, alle alleanze anche con gli unici che non sono europirla: i francesi della Le Pen, gli olandesi di Wilders, gli austriaci di Mölzer, i finlandesi... insomma, con quelli dell’Europa delle patrie». Cosa altro deve aggiungere il senatore eletto a Locri, per caso, e poi tornato a Milano, per essere più esplicito, perché i soloni benpensanti aprano gli occhi e le istituzioni e i partiti reagiscano di conseguenza? Procedendo ad una conventio ad excludendum, ad esempio.

Si chiama estrema destra. Lo dicono i militanti, i programmi, i valori, i documenti, gli eletti, gli elettori, quelli del partito e gli italiani nella loro complessità, che collocano la Lega e loro stessi tra 8 e 9 in una scala che ha il massimo della “destra” nel 10. E lo dice senza alcuna remora, da anni, il leader indiscusso, senatore Matteo Salvini. Non solo con frasi che esprimono concetti e idee tipiche delle compagini della destra estrema, ma direttamente coltivando alleanze con partiti che nel resto del mondo sono identificati, e trattati, da partiti estremisti, e pericolosi. Per la democrazia.

«Adesso si può pensare a posti o vagoni riservati ai milanesi», così il ministro dei trasporti nel 2009. E altre amenità di cui sono dense le agenzie di stampa. Qual è la soglia da valicare per prendere atto che la Lega (nord) è un partito di estrema destra, sebbene governi? Le parole sono pietre – o proiettili secondo Lacan - e martellano odio, da cinque lustri almeno.

Parole che definiscono il senso comune e segnalano il limite della decenza, che una volta travalicato è difficile ricostruire. Parole contro i terroni, i “marocchini”, contro i musulmani, contro le moschee, contro i burocrati, contro i centri sociali, gli immigrati – «li andiamo a prendere in barca a casa loro e li mettiamo in un albergo da queste parti», contro… uno sproloquio di contro, una setta che alimenta paure e vive sul nemico.

La rete dell’internazionale razzista

Per quanto riguarda le alleanze la faccenda è ancora meno considerata nella sua chiarezza. Sul piano internazionale la sponsorizzazione dell’ex Front National di Marine Le Pen, presentata quale moderata ma che mai ha superato la fiamma tricolore; la vicinanza mai denunciata al nazionalismo ortodosso di Vladimir Putin, e la tessitura di un quadro fitto di alleanze con altri partiti della destra radicale a Bruxelles, le frequentazioni con i nazisti dell’AfD – Alternativa per la Germania – ancora recentemente rinvigorite a livello ufficiale, sebbene fino a poco tempo fa nascoste in vista delle elezioni del 2024, ma rimanendo nello stesso gruppo parlamentare europeo.

Quasi che ci fosse una differenza tra estremisti di destra più e meno cattivi. E il riferimento al gruppo di Visegrád, in una competizione ormai aperta con Meloni sulla pelle dei migranti e dei poveri. Insomma, i leghisti hanno reso esplicito quello che nella Lega di qualche anno prima era solo evocato. Sottaciuto. La Resistenza e l’antifascismo sminuiti ed equiparati all’Unione sovietica.

Fieri di essere di estrema destra

Lo dicono gli attori politici, lo scrive da anni la letteratura scientifica internazionale, ma in Italia c’è una volontaria rimozione psicopatologica, per non ammettere che al governo c’è, e c’è stata, una forza politica di estrema destra e degli esponenti che inneggiavano a vagoni divisi per immigrati nelle metropolitane, al “bianco Natale”, alle ronde padane, al dio Po, al tricolore bruciato («non mi rappresenta») e al Quirinale dileggiato, all’Italia divisa, ai mitra contro le carrette del mare, alla castrazione chimica, alla criminalizzazione dei minori specialmente se rom, alla lava del Vesuvio e dell’Etna, ai richiami lombrosiani contro i meridionali; che dileggiavano Napoli e la sua cultura immensa, per i cui “canti” tribali del 2009 Salvini fu anche condannato per razzismo.

«Dire “prima il Nord” è razzista? Ma per piasè», sempre il senatur giovane nel 2012. Il quale cavalca, alimenta e capitalizza posizioni tipiche dei partiti di estrema destra sui diritti civili, la pena di morte, l’aborto, la famiglia “tradizionale”, l’avversione per i migranti, la guerra di religione (Dio difeso a Budapest, il rosario e la Vergine ostentate, il giuramento sul Vangelo vanno nella stessa direzione), la difesa di una Europa intergovernativa e non federale.

Nazionalismo regionalista

La destra estrema rappresentata dalla Lega ha avuto una torsione nazionaleggiante con il tentativo, fallito perché di carta, di costruire un partito post nordista. Nel nord la lega affonda le proprie radici e di quel nord difende gli interessi, salvo propaganda paternalista e malcelato fastidio per il sud, come confermano le azioni e le politiche proposte.

Il tratto nazionalista sia esso comunale, regionale o “padano” rimane incontaminato, e lo slogan «prima il nord» contende la primazia a «prima gli italiani». Il gruppo di riferimento cambia a seconda della tattica elettorale, rimane il tratto politico culturale di un partito che, in tutta Europa, tranne che a Roma, riconoscono e definiscono per quello che è: una forza di estrema destra.

E le sortite di Salvini dovrebbero suonare come allarmi, ma vengono viceversa derubricate come boutade, esagerazioni caratteriali. Partiamo dai concetti, e dalle parole.

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