Davvero sbagliate le polemiche su Ilaria o su qualunque altro cittadino italiano arrestato all’estero, oppure rapito. Chiunque sia va liberato, salvato, riportato a casa il prima possibile.

Abbiamo visto situazioni diverse con italiani e italiane rinchiusi per fatti veri o presunti. Non ha importanza stabilire chi sono, a chi va la loro simpatia politica e nemmeno il motivo per il quale sono stati arrestati. Così come non ha importanza il perché sono stati rapiti, se è per troppa faciloneria o imprudenza. Fare i distinguo non serve e non è nella nostra tradizione politica repubblicana la quale invece ha come prassi che un cittadino o una cittadina del nostro paese vanno riportati a casa a tutti i costi. Negli anni abbiamo insistito e trattato con qualunque governo per riprenderci i nostri concittadini, anche con quello degli Stati Uniti che non è certo tra i più malleabili in termini di estradizione o flessibilità giuridico-carceraria. Così deve essere anche per l’Ungheria.

Chico Forti

Con gli Usa tra l’altro è ancora aperto il caso di Chico Forti che non va dimenticato e per il quale occorre continuare a perseverare. Io stesso andai a visitarlo in prigione quando ero sottosegretario.

Così come, con l’aiuto dei vari ambasciatori italiani a Caracas, come Paolo Serpi e Silvio Mignano, durante il mio mandato feci cinque visite in Venezuela anche per ottenere la liberazione di numerosi italo-venezuelani arrestati, detentori di doppio passaporto. Le autorità venezuelane li liberarono tutti, meno il figlio di un generale molto temuto.

Ho seguito altre vicende in America Latina e in Africa, come in Guinea Equatoriale dove attualmente c’è ancora un connazionale detenuto che va tirato fuori. Così fecero e fanno tutti coloro che servono lo Stato alla Farnesina: vicende seguite in genere nel riserbo perché non sempre la pubblicità o la polemica pubblica aiutano, anzi.

Approfitto per ringraziare i tanti diplomatici che si sono dedicati a tale lavoro ingrato e spesso misconosciuto ma molto importante e con loro gli uomini e le donne dell’intelligence che sono spesso fondamentali.

L’Ungheria non è un caso diverso: anche Ilaria va riportata a casa. Nessuno si deve chiedere preventivamente se ciò dipenda da quali sono le accuse: la tradizione repubblicana ci impone di intervenire e basta. L’Italia lo fa anche per i rapiti. Tutti devono avere tale certezza: gli italiani non vengono abbandonati fuori dal paese.

Ci sono casi poco conosciuti o che passano sotto silenzio nei quali parenti o amici hanno tutto il diritto di lamentarsi con i nostri governi e insistere attraverso i media chiedendo che lo stato se ne interessi. Tuttavia posso assicurare che i diplomatici e funzionari italiani all’estero stanno attenti a tali situazioni e vi lavorano costantemente. Non è così per tutti i paesi: lo sottolineo a causa della quasi automatica esterofilia nostrana secondo la quale gli altri stati occidentali farebbero meglio.

Sui passaporti di certi paesi europei è addirittura stampigliato “questo documento non dà diritto all’assistenza diplomatica all’estero”. Per l’Italia sarebbe assurdo.

Imprigionati e rapiti

Ricordo che nelle sue memorie del rapimento in Siria, Domenico Quirico rassicurò il belga preso assieme a lui e che lamentava l’abbandono: «Il mio paese non dimentica mai nessuno: tu sarai salvato perché verranno a salvare me». E così è stato.

Come Comunità di Sant’Egidio abbiamo seguito e seguiamo molti casi di rapiti, ottenendo anche delle liberazioni. So bene che ci sono state polemiche sul pagamento dei riscatti o su alcuni detenuti assistiti più di altri e così via.

Abbiamo avuto il caso dei marò che stava a cuore alla destra; abbiamo quello (molto particolare e diverso) di Giulio Regeni che sta a cuore piuttosto a certa sinistra; addirittura quello di Zaki che non è nemmeno italiano. Ricordate le “vispe terese” ossia Simona Pari e Simona Torretta rapite nel 2004 e che furono molto criticate da una parte della stampa? E tanti altri.

Mi occupai personalmente di quello di Rossella Urru e dei suoi compagni. Gli imprigionati in paesi stranieri fanno meno rumore dei rapiti ma ci si comporta allo stesso modo.

Ce ne sono ancora, anche in Europa, come Filippo Mosca in Romania.

Potrei raccontare tanti casi, come chiunque abbia lavorato per l’Italia all’estero. La sola cosa che accomuna tutte queste diversissime situazioni umane è una sola: l’Italia fa di tutto per riportare tutti a casa. È una garanzia. È l’umanesimo democratico italiano. Punto e basta.

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