La nuova Rai meloniana è pronta, o quasi. Ci sono le ultime caselle da assegnare, le direzioni di genere e quelle dei telegiornali. C’è un clima di attesa dentro Viale Mazzini, il Consiglio di amministrazione che certificherà i nuovi incarichi è previsto per il 25 maggio. Ma sono troppi i volti nuovi a cui trovare un posto nella tv di stato, e per questo già si comincia a lavorare sul palinsesto estivo e della prossima stagione invernale.

Per declinare uno schema della nuova Rai Domani ha parlato con interni Rai e con chi gestisce il dossier nell’inner circle della premier. Ovviamente, bisogna partire dai vertici: da loro discenderanno tutti i nomi che conteranno nel servizio pubblico sovranista. Il primo da tenere d’occhio non è l’ad Roberto Sergio, ma è il direttore generale Giampaolo Rossi.

L’uomo di Giorgia Meloni in Rai, che in passato non ha nascosto le sue posizioni controverse su Vladimir Putin e George Soros (in tempi in cui anche Meloni era assai meno atlantista di oggi, va detto) può contare su un trio affidabile al suo fianco. Il primo sodale è il direttore di RaiNews Paolo Petrecca, dato ormai per riconfermato, habitué delle convention di Fratelli d’Italia che da tempo firma una all news in cui le clip diffuse da palazzo Chigi vengono spesso mandate in onda in versione integrale e senza commento.

Il secondo colonnello è Angelo Mellone, pure presidente della Lucana Film Commission e di Umbria libri. Intellettuale organico vicinissimo anche al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, con cui frequentava la curva della Lazio. Mellone avrebbe preferito Rai Cultura o Rai Fiction, ma per lui è pronto il posto da direttore del day time. La prima vittima della sua riorganizzazione sarà Serena Bortone, che dovrà dire addio alla fascia pomeridiana che pure aveva rivitalizzato in termini di ascolti dopo che per anni era rimasta saldamente in mano a Mediaset. Come alternativa, le sarebbe stata proposta la striscia di Marco Damilano su Raitre (che pure ha successo di pubblico) ma per il momento resta tutto da decidere.

Al posto di Bortone, Mellone vorrebbe Roberta Capua, in quota FdI. Oppure Milo Infante, che la Lega aveva collocato nel pomeriggio di Raidue: nonostante la ghiotta offerta, però Infante è restio a lasciare il suo pubblico, e non vuole rischiare la sfida degli ascolti con Bortone ricominciando da zero in un’altra fascia o su un altro canale.

Lo slot di Infante interessa però molto a Mellone, che vorrebbe piazzarci un factual corale (un approfondimento su storie di cronaca), dedicato ai fatti di giornata ma anche al costume. Tra le candidate più quotate come conduttrici o inviate, risulta a Domani, giornaliste come Roberta Morise, Bianca Luna Santoro e Gloria Aura Bortolini.

Il terzo uomo forte della nuova Rai è certamente Paolo Corsini, candidato alla direzione degli approfondimenti. Corsini è in Rai da decenni e si è conquistato sul campo la stima di colleghi e partiti: difficile quindi descriverlo come subalterno a Rossi, visto che può contare anche sull’appoggio della Lega, oltre alla benevolenza del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e quella di un nome di peso come quello di Bruno Vespa. Il conduttore di Porta a Porta, tra l’altro, ha ormai un solido rapporto diretto con Meloni, una circostanza che non fa felice Rossi.

Progetto Rossi

Alessandro Giuli (Foto Mauro Scrobogna/LaPresse)

Rossi, che internamente al centrodestra viene descritto come capo della fazione “estremista” contrapposto al più “moderato” ministro Sangiuliano, è uomo colto e conoscitore di Viale Mazzini, già in passato consigliere occulto di altri ad, Fabrizio Salini in primis. Ha le idee chiare sul da farsi. Tra i nomi che dovrebbero avere più spazio c’è quello di Annalisa Bruchi, che aveva condotto il programma Patriae con un altro intellettuale organico della destra sovranista, Alessandro Giuli, ma che può vantare anche ottimi rapporti con Forza Italia.

Anche la giornalista toscana Laura Tecce dovrebbe poter contare su una sponda più ampia di quella avuta finora: tra l’altro, nel suo nuovo programma Underdog, tra gli autori dovrebbe esserci Francesca Di Rocco, anche lei reduce di Anni 20, altro programma di Giuli. Si aprirebbero spazi maggiori anche per una giornalista del Tgr Sardegna considerata molto vicina a Rossi, Incoronata Boccia, e per Giulia Bonaudi, autrice in diversi programmi e con un ruolo anche in RaiNews.

Nei nuovi palinsesti sarebbe previsto anche un programma per Annalisa Chirico, gradita al dg ma spalleggiata pure da Igor De Biasio, consigliere d’amministrazione in quota Lega. Un ruolo di primo piano sarà assicurato anche a Salvo Sottile: solo un’intercessione di Marcello Ciannamea, candidato alla direzione del prime time, ha evitato che il suo programma fosse allungato a danno di Storie italiane di Eleonora Daniele, in onda su Raiuno prima di lui. Anche l’attivismo sul ritorno del concorso di Miss Italia in Rai è da ricondurre a Sottile: il conduttore dell’ultima edizione, trasmessa soltanto in streaming sui canali del concorso, era stato proprio il giornalista siciliano.

Spazio forse anche per Federico Palmaroli, in arte Osho, compagno della parlamentare di FdI Augusta Montaruli (da poco pregiudicata) e per Pino Insegno. Ma pure per Francesco Specchia, ad oggi brillante caporedattore di Libero, è previsto un nuovo programma ad hoc. Per far entrare i suoi in azienda Rossi farà riaprire il processo di immatricolazione Rai: per collaborare con il servizio pubblico da esterno c’è bisogno del cosiddetto “primo utilizzo”, una sorta di codice identificativo che negli ultimi anni è stato concesso sempre più di rado.

Tra Sergio e Sangiuliano

LAPRESSE

Se vorrà imporsi come vero e unico padrone della Rai di Meloni, Rossi avrà certamente bisogno del sostegno dei nuovi arrivati. E non sbagliare troppi programmi. I nuovi volti che intende spingere sono però poco conosciuti, qualcuno segnala flop epocali di Bruchi o Tecce, e il peso specifico leggerissimo dei tele-sovranisti candidati alla rivoluzione Rai. Si vedrà. Nelle manovre per costruire il nuovo servizio pubblico il ruolo di Sangiuliano, che sarebbe potuto essere un altro punto di riferimento nelle vicende di Viale Mazzini, è invece più defilato rispetto a quanto i retroscena raccontano. Il ministro è stato cercato da molti ma ha detto la sua soltanto nella partita dei telegiornali, esponendosi in particolare per il rampelliano Nicola Rao.

Il suo successore al Tg2 dovrà però fare a malincuore le valigie, probabilmente per andare a dirigere il settore Comunicazione e Relazioni esterne. Non la prenderà bene: il sogno del Tg1 è quasi sfumato, dove ha trovato posto per volere diretto della premier il direttore dell’Adnkronos Gian Marco Chiocci, che si è dovuto difendere non tanto dagli attacchi della stampa avversa, quanto dal fuoco amico (Rao e ad ex camerati) che ha cercato di azzoppare la sua corsa.

Infine, vanno segnalate le mosse di Sergio, amministratore delegato della Rai per il prossimo anno. Democristiano di formazione, è uomo d’esperienza, i maligni dicono «per tutte le stagioni». Quel che è certo è che l’ad è in buoni rapporti con tutto l’arco parlamentare, ma in particolar modo con l’ultimo simbolo vivente della Dc, Pierferdinando Casini. Non è dunque un caso che Alberto Matano continuerà a condurre senza problemi La vita in diretta, che aveva ottenuto durante il governo Conte II: che Matano sia amico personale dell’ex presidente della Camera è cosa nota, tanto che il senatore ha anche partecipato alle nozze del conduttore.

L’ad spiega agli amici che non vuole apparire come la marionetta di Rossi (che tutti danno nuovo ad tra un anno, quando la legge gli permetterà di sedersi sulla poltrona più ambita). Una certa autonomia si è vista durante la prima riunione dopo il suo insediamento: i primi programmi di cui ha proposto il rinnovo sono stati Report e Mezz’ora in più. Una mossa che gli ha assicurato la tolleranza del M5S (che stima molto Sigfrido Ranucci) e del Pd, ma che ha fatto sollevare più di qualche sopracciglio agli estremisti meloniani che speravano di spazzare via con il lanciafiamme i programmi considerati ostili.

Per un microfono in più

Agli altri partner di coalizione, alla fine, sono andate quote importanti della tv pubblica: Forza italia incassa la direzione del Tg2 con Antonio Preziosi e il rilancio di Check up, programma caro alla consigliera d’amministrazione in quota azzurra Simona Agnes, ma anche più spazio per Serena Autieri.

La Lega porta a casa anche la direzione del centro studi Rai per Francesco Giorgino, che però tornerà anche in video con un approfondimento in seconda serata. Un programma simile a quello che dovrebbe andare a Monica Setta, pure spalleggiata dall’area del Carroccio.

Resta poi il grande desiderio di riportare in Rai Nicola Porro, ma il conduttore di Quarta Repubblica ha mille dubbi. In quota Lega c’è anche Francesco Pionati, lanciato dal consigliere De Biasio e destinato con molta probabilità alla direzione di Radiouno.

Ma la grande crociata leghista si consumerà sul prossimo festival di Sanremo: intanto, è stato tolto di mezzo il direttore del prime time Stefano Coletta, destinato alla direzione sviluppo progetti speciali, che assomiglia, dicono in Rai, alla immaginaria fiction Machiavelli di Boris, quella che mai si realizzerà. Ma su Coletta pende anche la spada di Damocle dell’esposto Agcom contro il suo festival. A fine mese è prevista la delibera sulla questione della pubblicità occulta (anche per Instagram) e sul “caso Blanco”. La decisione potrebbe comportare anche un provvedimento sanzionatorio.

Il centrodestra spera poi in un grande ritorno: quello di Enrico Ruggeri, che nel 2020 era già stato su Raidue. Una storia tutta da cantare, come si chiamava il suo programma allora.

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