«Che tempi bui». Saviano esordisce così prima di iniziare l’intervista nel giorno in cui uno dei quotidiani governativi gli dedica la prima pagina con il suo volto sovrastato dal titolo “Lo stupidologo”. «Meloni usa Paolo Borsellino come simbolo, ma il suo partito non ha niente da spartire con quella storia». «Questa destra è la peggiore possibile», dice, «è razzista, violentissima».

Saviano non fa sconti al governo. Ha concluso da poco l’ultimo progetto editoriale: “Chi chiamerò a difendermi”, il terzo podcast della serie su Giovanni Falcone, prodotta da Audible firmato dallo scrittore di Gomorra, sotto scorta da oltre 15 anni per le minacce della camorra. Il podcast sarà disponibile a partire dal 23 maggio, il giorno del ricordo della strage di Capaci in cui la mafia uccise il giudice Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. 

Giovanni Falcone è un simbolo. Il tuo scopo però è raccontare cosa c'è dietro il mito. Cosa hai trovato?

Ho cercato di raccontare ciò che era Giovanni Falcone, una persona in grado di avere conoscenza  millimetrica del potere criminale, quindi scaltro, strutturato, coraggioso, e dall’altra parte ingenuo, non si è accorto che i suoi colleghi lo stavano fregando nelle manovre per che le sue mosse era maldestre come candidarsi al Csm, il suo isolamento era totale.

Ricordo del primo verbale di Tommaso Buscetta vergato a mano da Falcone. Mi colpì la scrittura ordinata, immutata per pagine e pagine, la grafia sprigionava tranquillità. Eppure già all'epoca sapeva benissimo che la mafia ucciderlo. Come si può essere così lucidi in momenti così drammatici per la propria vita?

Falcone sapeva di essere nemico di un’organizzazione che aveva deciso di utilizzare il terrorismo per attaccarlo, Oggi è soprattutto il fango lo strumento per disinnescare i nemici delle organizzazioni mafiose. Cosa nostra lo vedeva come la persona che avrebbe potuto cambiare le leggi necessaria alla lotta alla magia, in grado di cambiare l’opinione pubblica. La sua lucidità derivava dalla consapevolezza che tenere insieme forma (il diritto) e sostanza (l’inchiesta) era l’unica strada per dimostrare oggettivamente l’esistenza di cosa nostra. 

Perché un podcast?

Perché è come mettersi attorno al fuoco e ascoltare una storia. Quindi chiedo il tempo al mio ascoltatore per ascoltare una storia che lo commuoverà, lo farà arrabbiare, riflettere. La rende più accessibile storie complesse. Il podcast facilità l’entrata in questi meccanismi. 

Nella narrazione costruita da Giorgia Meloni Paolo Borsellino è un mattoncino fondamentale. Lei dice di avere iniziato a fare politica dopo la sua uccisione. Credi che questa destra sia degna di sventolare la sua bandiera?

Utilizzano Borsellino perché aveva una formazione politica conservatrice, a differenza di Falcone e Antonino Caponnetto. Ma è pura propaganda, non c’è nulla della tradizione del pool antimafia, di cui faceva parte Borsellino, presente nella storia di Fratelli d’Italia. Niente, assolutamente niente. 

Meloni è stata nel governo Berlusconi con Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario condannato per camorra. Una storia che tu conosci bene

Meloni non ha detto nulla di Cosentino, suo collega al governo, né sui funzionari di Fratelli d’Italia coinvolti in vicende criminali. Hanno taciuto circa il senatore Antonio D’Alì e Marcello Dell’Utri. Abbiamo avuto in questi mesi due soggetti che hanno ricoperto ruoli apicali ai vertici dello stato, D’Alì (ex sottosegretario agli Interni durante i governi Berluconi) e Cosentino, condannati in via definitiva per mafia. Mai nella storia repubblicana si era arrivati a questo. Mai. 

Quest'anno ricorrono i 30 anni delle stragi del 1993. C'è un'indagine a Firenze, Domani ha dedicato diverse puntate e fatto alcuni scoop su questo filone che vede indagati Berlusconi e Dell'Utri come presunti mandanti occulti e politici. Tu credi che ci sia stata una regia esterna e superiore nelle stragi?

Sulle stragi non arriveremo mai a una verità condivisa, è letteralmente impossibile. La regia esterna sarà impossibile da individuare dal punto di vista giudiziario, ma abbiamo già una verità storica: chi l’ha isolato, chi l’ha perseguitato, chi l’ha ucciso. 

Cosa pensi della chiusura del programma di Massimo Giletti mentre erano in preparazione puntate sulle stragi?

È una storia oscura quella della chiusura del programma. Non ho elementi per valutare cosa sia davvero successo. Ma è tutto molto pericoloso quello che sta accadendo in questo paese. Sembra impossibile trovare uno spazio dove potere in maniera costante dare attenzione a queste dinamiche.
Qual è l'eredità più importante che ci ha consegnato Falcone?

«Il coraggio come scelta, quindi prendere una posizione pur sapendo che le conseguenze saranno terribili, ma se sai che quella posizione è giusta, se irrori continuamente di interrogativi, riflessioni, di trasformazioni questa tua verità sai che dà senso alla tua via. L’altra eredità è la conoscenza: Falcone nei suoi processi non ha mai cercato scorciatoie.

Nel podcast racconti di quando lo accusavano di non indagare i politici.

Lui sapeva che se avesse rinviato a giudizio politici solo con indizi, sarebbero stati assolti e avrebbe così consegnato la patente di legalità che queste persone non meritavano.

È lo stesso ragionamento di Borsellino, che diceva: non c’è bisogno di una sentenza per dire che una persona è vicino alle mafie, è il loro comportamento, raccontate quello che fanno: gli appalti, i loro silenzi, come stanno gestendo il paese, da questo capirete se sono vicini a quel mondo o no, che non per forza è reato, molto spesso sono dialoghi a distanza e tra politica e criminalità. Non sempre c’è il denaro come scambio, ma il consenso. Non delegare tutto ai tribunali, come se la magistratura fosse la sola a poter dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Con questo governo io temo anche una pressione sulla macchina giudiziaria, sta occupando tutto, l’Italia è una paese che sta davvero facendo paura». 

L'assalto alla Rai. Fazio che va via, le voci dissidenti rispetto al pensiero della maggioranza che rischiano la cacciata. Cose già viste nel ventennio berlusconiano. O siamo oltre?

Siamo molto oltre. All’epoca esisteva una forma di resistenza. Oggi no, vengono invitati nei talk i picchiatori dei giornali che non sono giornali ma sono squadristi. E non c’entra la democrazia: non è che se io ho una posizione anti razzista devo invitare il razzista, non è che se io sono storico dell’olocausto devo invitare il negazionista. Il gioco delle contrapposizioni serve solo a far litigare e quindi a generare l’eccitazione dello stomaco e un residuale share. I vertici Rai scelti da questo governo sono il peggio possibile. 

Il naufragio di Cutro, le reazioni del governo. Quale tra queste ti ha colpito di più?

«In realtà le dichiarazioni del governo sono quasi tutte spaventose, la conferenza stampa dopo Cutro è stata un orrore. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è riuscito a rimanere al suo posto nonostante si sia trasformato in una marionetta di Salvini, una delle figure più impresentabili della storia politica europea degli ultimi 50 anni.

Addirittura.

«L’archiviazione dell’inchiesta sul caso Metropol sui fondi russi vale più di mille condanne per capire che cosa ha tentato di fare la Lega di Salvini. Invito tutti a leggere il decreto di archiviazione perché segna la fine politica vera Salvini. Ecco, chiunque si trovi di fronte a lui è sufficiente che gli legga quel documento per farlo tacere su tutto. La magistratura ha dimostrato che c’era il tentativo di prendere soldi dai russi, e che questo non è andato in porto per ragioni legate alla fuga di notizie. Al resto ci ha pensato la Russia, che non ha mai risposto alle richiesta di collaborazione dell’ autorità giudiziaria italiana.

Sia la Lega sia Fratelli d’Italia hanno da tempo teorizzato la «sostituzione etnica». 

«Meloni è molto furba, ha parlato di sostituzione etnica per tutta la sua campagna elettorale che dura da anni, e poi ha fatto fare la figura del fesso soltanto al cognato, Francesco Lollobrigida (ministro della sovranità alimentare, ndr): che non ha potuto difendersi dicendo “perché state attacando me? Salvini e Meloni hanno parlato mille volte di sostituzione etnica”. Ha preferito fare la parte del fesso, invece di raccontare la realtà».

Qual è la realtà, dunque?

«Questa destra populista è razzista, violentissima. Non sono in grado di avere una visione comune di paese in grado di poter costruire una sistema sociale più giusto. Meloni finge di parlare a Bruxelles la lingua dei liberali, in Italia continua a parlare la lingua del picchiatore quale lei è. Diritti lgbt violati, la difesa della famiglia tradizionale, che va ad attaccare qualsiasi altro tipo di forma d’amore. Il “Dio patria famiglia”  pronunciato da Meloni è pericoloso perché sta dicendo che vale solo il loro Dio, solo la loro idea di patria e solo la loro idea di famiglia. Ecco perché quel paradigma è spaventoso. Mentre chi ha un’altra visione, non perseguita, non impedisce che un’altra possibilità sia realizzata. L’immigrazione è stato lo strumento principale di propaganda di questa destra, che non aveva niente, né identità né storia».

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