L’ipotesi della candidatura alle europee di Ilaria Salis, «non è in campo». Elly Schlein lo dice a Porta a Porta, per mettere fine alla ridda di ipotesi fiorite sulla vicenda. «Non c’è in corso nessuna trattativa», continua, «ho voluto incontrare il padre di Salis per discutere come possiamo aiutare a toglierla dalla condizione in cui si trova. Nel dibattito sul totonomi terrei fuori una situazione delicata come questa».

Il fatto è che a buttarla nel frullatore del «totonomi» delle liste Pd è stato lo stesso Nazareno, che quest’ipotesi l’ha fatta, e l’ha anche fatta filtrare.

Mercoledì dunque l’incontro al Nazareno fra Schlein e Roberto Salis. Era necessario. Il signor Salis si era sfogato con i giornali: la notizia della candidatura della figlia «bisognava gestirla meglio» (sul Foglio), «se si candida e non viene eletta, sarebbe un grave errore, in Ungheria la massacrerebbero» (sull’Huffington Post).

Ufficialmente fra i due si parla della «incresciosa» condizione della detenuta. In realtà Schlein deve assicurare che ci siano le condizioni di eleggere l’insegnante a Bruxelles, in caso contrario il rischio è di ripercussioni gravissime in Ungheria. Ma le condizioni ci sono? Per un’elezione blindata, l’insegnante dovrebbe essere capolista in una delle cinque circoscrizioni.

Ma al Centro c’è un affollamento di big e nomi competitivi: Nicola Zingaretti, Dario Nardella, Marco Tarquinio (che farebbe il pieno dei voti dei pacifisti), Matteo Ricci, Camilla Laureti, Alessia Morani. Dunque l’ipotesi proposta è nelle Isole. I Salis sono di origine sarda. Ma la Sardegna ha molti meno elettori della Sicilia. E la Sicilia ha già un asso pigliatutto: Pietro Bartolo, eurodeputato uscente, ex medico dei migranti che approdano a Lampedusa.

Mercoledì alla Camera, nella giornata della mozione di sfiducia alla ministra Santanchè – ma alla fine si vota la sfiducia al leader leghista Matteo Salvini –  c’era il pienone. Ma sulle liste i deputati dem allargavano le braccia: nessuno sa nulla di quello che combina il Nazareno.

C’è chi dice: «Ma qualcuno ha fatto tutte le verifiche tecnico-giuridiche? Innanzitutto per non peggiorare le condizioni del processo». Dalla maggioranza, poi, arrivano severe paternali. «Ma se hai chiesto alle istituzioni di occuparsi del caso, e cioè al governo e al Colle», dice il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli a un capannello di colleghi, «che fai, poi la candidi e cioè politicizzi al massimo il caso? Non ha senso».

Processione al Nazareno

ANSA

Coincidenza mercoledì a Budapest c’era l’ex segretario Enrico Letta. E ha incontrato Viktor Orbán. Motivo della visita, il giro di colloqui che l’ex premier italiano ha programmato con tutti i primi ministri europei per stendere il “Rapporto sul futuro del mercato interno europeo”, su mandato del Consiglio Ue e della Commissione.

Fonti vicine all’ex premier fanno sapere che a margine della visita si è parlato «solo delle condizioni di detenzione di Ilaria Salis».

Non della candidatura. Eppure il giorno prima, martedì, Letta e Schlein si sono incontrati a Roma. Difficile che lei, sapendo del viaggio a Budapest, non gli abbia chiesto, se non un parere, almeno di capire quali potevano essere le reazioni di Orbán in caso di candidatura della detenuta.

Ma era facile immaginarle: anche il premier ungherese è in campagna elettorale, e già in queste settimane utilizza il caso della detenuta italiana per dimostrare alla pubblica opinione ungherese che non si piegherà alle richieste umanitarie dell’Italia.

La sinistra batte un colpo

Come la tela di Penelope, le liste del Pd si compongono e scompongono ogni mezz’ora. Per la segretaria sono invenzioni della stampa, «un genere fantasy che apprezzo molto da lettrice». In realtà il genere è il thriller, almeno per i papabili che non sanno ancora se sono candidati. Altro capitolo, nell’affastellarsi di questioni a lungo rimandate, è la presenza della sinistra interna nelle liste. I riformisti hanno molti nomi “forti”, Schlein si affanna alla ricerca di civici.

E così mercoledì pomeriggio ha incontrato Andrea Orlando – che è stato in aula tutto il giorno, impegnato anche nel question time. A quanto si apprende fra i due c’è stato un confronto «a tutto campo» sulle proposte del Pd per un’Europa sociale. Orlando ha ribadito che «non bisogna perdere di vista gli obiettivi che ci siamo dati sulla transizione ecologica e digitale».

Insomma, i temi che lui sta portando avanti. Per questo la segretaria gli avrebbe chiesto di candidarsi nel Nord ovest, secondo dopo Cecilia Strada. Un posto fin qui destinato al capodelegazione a Bruxelles, Brando Benifei. I due si riaggiorneranno. In alternativa, si fa il nome di Antonio Misiani, responsabile economico Pd, anche lui della corrente di sinistra.

Il panino non c’è più

Intanto lo schema del “panino” è nella sostanza smontato. Nel Nord est la segretaria ha chiesto al presidente Stefano Bonaccini di candidarsi da capolista. Lei qui non si schiererebbe.

Lui non ha ancora sciolto la riserva, si rivedranno la prossima settimana. Schlein non si schiererebbe neanche al Sud: dopo Lucia Annunziata e Antonio Decaro, il terzo posto sarebbe di Pina Picierno, la vicepresidente del parlamento Ue. La segretaria invece manterrebbe l’idea di correre per terza nel Nord ovest. E capolista nelle Isole e al Centro.

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