Una riunione del gruppo del Movimento 5 stelle al Senato potrebbe sbloccare oggi pomeriggio, alle 18.30, almeno in parte, il caso Petrocelli. Dopo che il presidente Giuseppe Conte ha annunciato in maniera definitiva l’espulsione del presidente della commissione Esteri dal M5s per un suo post che inneggiava all’invasione putiniana nascondendo la Z che la simboleggia nella parola “liberaZione”, si lavora alla trasformazione delle sue parole in pratica. 

La modifica

Il gruppo discuterà sia dell’ulteriore invio di armi in Ucraina, messo in conto dal governo, ma voterà anche una modifica del proprio statuto, che secondo fonti parlamentari va nella direzione di attribuire al gruppo la giurisdizione sulla permanenza di un senatore nelle proprie file. Lo scopo è evitare la possibilità di ricorsi come quelli presentati al Senato dai parlamentari espulsi dal M5s per non aver votato la fiducia al governo Draghi. 

Se anche il gruppo dei senatori Cinque stelle dovesse espellere Vito Petrocelli, evoluzione ormai inevitabile del conflitto tra il senatore e la dirigenza di partito, il rischio è che questa mossa non sbloccherà la sua posizione di presidente di commissione. Il regolamento del Senato prevede infatti che i presidenti siano inamovibili. 

Dunque, anche in caso di espulsione, per reclamare la presidenza della commissione, che in base alle assegnazioni interne alla maggioranza spetta ai Cinque stelle, dovrebbero aspettare le dimissioni del senatore “Petrov”, come Petrocelli era soprannominato.

Improbabile che a questo punto arriveranno, difficile anche che riesca a convincerlo a lasciare la sua poltrona Loredana De Petris, capogruppo del gruppo misto, in cui Petrocelli entrerebbe una volta espulso dal Movimento.

La via del precedente

L’unica strada possibile perché il senatore vicino a Mosca sia rimosso dalla sua carica sarebbe dunque quella, ventilata già più volte, di ritirare dalla commissione tutti i membri. Se tutti i partiti decidessero di farlo, la possibilità d’azione della commissione sarebbe compromessa.

A quel punto si potrebbe far riferimento al precedente della commissione di Vigilanza Rai presieduta nel 2008-2009 da Riccardo Villari, sfiduciato all’epoca proprio con questa strategia.

La conseguenza sarebbe un coinvolgimento della presidenza del Senato, che a quel punto, vista l’impossibilità di agire dell’organo parlamentare, potrebbe sciogliere e ricostituire la commissione da zero. 

© Riproduzione riservata