La lunga marcia verso la manovra di bilancio è ormai cominciata e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, è deciso a ottenere più fondi per la sicurezza. Del resto il terreno è delicato, su questo tema si è giocata buona parte della campagna elettorale dell’anno scorso e le previsioni dicono che sarà al centro anche della prossima, per le elezioni europee. La premier Giorgia Meloni ha mostrato di averlo capito e anche per questo al Viminale la speranza è di poter procedere senza lacci economici troppo stretti.


Il piano al vaglio del ministro sarebbe quello di non rischiare: «Meglio tenersi fuori dalla guerra della Finanziaria», è il ragionamento di chi lo consiglia. Come? Approfittando del prossimo decreto sicurezza, già informalmente calendarizzato in un consiglio dei ministri di settembre, in cui infilare tutte le esigenze economiche più impellenti, così da togliere il Viminale dalla fila dei questuanti al ministero dell’Economia.


La volontà del ministro, enfatizzata anche da un cambio comunicativo che punta a togliergli l’etichetta di tecnico per dargli quella di politico, sarebbe quella di mettere al centro dell’attività del ministero soprattutto la questione della sicurezza nelle città.


I migranti


Anche in questo senso, secondo fonti del ministero, Piantedosi ha affrontato con il giusto distacco la decisione di Meloni di accentrare la regia della gestione migratoria a palazzo Chigi, con la convocazione permanente del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica. Un tavolo da cui è escluso Matteo Salvini – che sul tema migratorio continua a giocare molta parte della sua comunicazione – e che è invece guidato dal fidato braccio destro della premier, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.


Se la mossa di palazzo Chigi può essere letta come un modo di sottrarre competenza alla Lega di cui anche Piantedosi fa parte, in realtà dal ministero viene restituita un’analisi diversa: allargare la cabina di regia significa anche spartire le responsabilità.

Responsabilità che sono molte e molto superiori agli onori su un tema come quello migratorio, in cui i numeri sono cresciuti esponenzialmente nel corso dell’estate e la gestione di chi arriva sul territorio è in perenne emergenza. Nessuna intenzione di fare la guerra a Mantovano, quindi. Anzi, è il modo per permettere al Viminale di tornare a occuparsi in modo più strutturato di gestione della sicurezza nelle città, che è anche un tema più nelle corde di un ministro che è stato per dieci anni un prefetto.


La tecnica dei blitz


Ad avere un ruolo principale saranno i blitz delle forze dell’ordine nelle aree metropolitane più problematiche, perchè considerate piazze di spaccio o luoghi di difficile accesso per lo Stato.


Si è cominciato in modo scenografico con quello a Caivano, che tuttavia ha avuto un’esito decisamente inferiore a quanto si poteva ipotizzare, visto che il comune è considerato tra le maggiori piazze di spaccio d’Europa. Quattrocento agenti hanno «bonificato» l’area - come piace dire alla premier Meloni – appena due giorni dopo la visita del governo che aveva già indotto al profilo basso chi gestisce la piazza di spaccio.

Infatti il risultato è stato magro: denunciati tre contrabbandieri di sigarette, sequestrate a due persone 44mila euro, due bombe carta, 170 cartucce di vario calibro, alcune per fucili d'assalto, 3 armi bianche (una mazza da baseball, un coltello a serramanico e un arco) 5 bilancini di precisione. E ancora: 408 grammi di hashish, 375 grammi circa di marijuana e circa 28 grammi di cocaina. Non a caso il governatore della regione Campania, Vincenzo De Luca, ha parlato di «mera propaganda».


Una propaganda che è continuata con blitz ai quartieri spagnoli di Napoli e a Tor Bella Monaca a Roma, sempre con grande dispiegamento di agenti interforze. E l’elenco, nelle intenzioni del Viminale, dovrebbe allungarsi con tanti altri interventi nel corso dei prossimi mesi. «L’ordine del ministero è quello di non badare a spese», è l’indicazione arrivata. Del resto, i soldi per portare avanti questi interventi dovranno essere trovati dopo le dichiarazioni di Meloni proprio a Caivano, in cui ha ripetuto che lo Stato «ci mette la faccia».


Accanto ai blitz, proseguiranno anche le operazioni che sono state avviate da gennaio nelle stazioni ferroviarie delle città metropolitane: «Operazioni ad alto impatto», le ha definite Piantedosi.


L’incognita vera è se queste misure ad alto tasso scenografico ma variabile impatto sul territorio producano effetti. Intanto, questa rimane la strategia del Viminale, che punta a ottenere dal governo soprattutto una cosa: «Una priorità è rappresentata dall’aumento delle risorse e degli organici delle Forze di polizia, proseguendo lo sforzo già messo in atto nella manovra di bilancio». L’intento del ministro, infatti, sarebbe quello di attivare un turnover, favorendo l’ingresso nelle forze di polizia di nuove leve ed evitando di mantenere in servizio personale ormai anziano.

Del resto, se la nuova immagine del Viminale è quella dei blitz con caschi e pistole in pugno, servono i giovani e i forti. Nell’attesa di vedere come risponderà Meloni, che fino ad oggi non ha citato la sicurezza tra le priorità della finanziaria ma non ha nemmeno mai smentito che a breve arriverà un nuovo decreto ad hoc in materia.

 

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