Ci sono molte famiglie, uomini e donne di fede, palloncini azzurri che si stagliano in una giornata tersa. Un cartello dice sì alla vita, un padre avanza portandone un altro che recita: che uomini siamo se non sappiamo difendere i bambini, una ragazza giovanissima dice ridendo a un’amica «tanto sappiamo che siamo dalla parte giusta».

Il sole è alto e il vento sferzante in via dei Fori Imperiali, i manifestanti si sentono benedetti da una splendida giornata. Benedetta è la loro gioia, benedetta forse anche la mia inquietudine, davanti al palco della decima edizione della Marcia per la vita.

La Marcia per la vita è un’iniziativa che si dichiara “pro-life”, nata per «affermare la sacralità della vita umana e la sua assoluta intangibilità dal concepimento alla morte naturale, senza alcuna eccezione, alcuna condizione, alcun compromesso». L’intento è cristallino e consiste in una battaglia permanente per l’abolizione della legge 194. La presidentessa Virginia Coda Nunziante ha già in passato espresso le sue posizioni in merito: l’aborto non è ammissibile neanche in caso di stupro, men che meno in caso di malformazioni del feto, il primo passo è togliere i finanziamenti pubblici, quello successivo arrivare al divieto assoluto.

Solo certezze

Sono qui per ascoltare, per capire che cosa sta succedendo, sono in compagnia di un’amica e condividiamo la medesima sensazione di stordimento. Una donna si aggira brandendo un grosso crocifisso, un uomo travestito da orsetto distribuisce palloncini ai bambini, altri uomini in abito talare saltano intonando canti, un addetto alla sicurezza gira mano nella mano con quella che sembra essere una persona vestita da Minnie; strani elementi di eccentricità, in un contesto che bandisce ogni differenza che non sia arruolabile alla causa.

Ci sono molti cartelli, spiegano che la vita inizia dal concepimento, che i diritti umani partono dal grembo materno, che quarant’anni di legge 194 hanno causato sei milioni di morti. In realtà la legge 194 di anni ne ha quarantatré, e non è chiaro quale fondamento abbia la cifra riferita al numero di aborti praticati. Sarà, di fatto, solo il primo dei molti riferimenti più e meno espliciti all’Olocausto, al genocidio, a Norimberga, in una costante mistificazione storica. Un padre si guarda intorno soddisfatto e constata ad alta voce che ci sono tanti bambini, il figlio di più o meno otto anni risponde «ovvio, ce ne saranno migliaia». In verità i partecipanti alla manifestazione sono un migliaio nel loro complesso, ma di intervento in intervento mi chiedo, è opportuno prendersi il rischio della sottovalutazione?

Possiamo sorridere del fatto che in apertura passino Eye of the tiger, fare le pulci al testo della ballata del cantautore antiabortista, bollare come folklore il presentatore che del vento dice “Sarà una folata dello Spirito Santo”, additare il cartello che grida “aborto e eutanasia spaziamoli via” con una zeta sola. Possiamo, insomma, prendere gli alfieri della vita a tutti i costi sotto gamba, ma sarebbe un errore.

Dal palco, Coda Nunziante ringrazia le politiche e i politici presenti: Lorenzo Fontana, Simone Pillon, Filippo Bianchi e Andrea Sciuti, Maurizio Gasparri, Isabella Rauti, Cinzia Pellegrino, Valeria Mennuni, Mario Adinolfi, l’europarlamentare Simona Baldassarre. Matteo Salvini ha mandato un messaggio di sostegno. A tutti loro viene detto: «la Marcia è apartitica, ma abbiamo bisogno dei nostri politici perché sono loro che devono aiutarci ad abrogare la legge 194 e tutte le leggi che sono contro il diritto naturale».

Fare numero

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 22-05-2021 Roma , Italia Cronaca Manifestazione Pro vita e famiglia Nella foto: Momenti della manifestazione delle associazioni pro vita e a difesa della famiglia con la partecipazione di religiosi cattolici Photo Mauro Scrobogna /LaPresse May 22, 2021  Rome, Italy News Pro life and family event In the photo: Moments of the demonstration of pro-life associations and in defense of the family with the participation of Catholic religious

Stiamo assistendo all’evento fuori dalle transenne. Alcuni ragazzi con la pettorina della sicurezza ci invitano, gentilmente, a passare all’interno, oppure a metterci in coda al corteo statico. Quando sorridendo scuotiamo la testa un uomo in borghese ribadisce il medesimo invito con maggiore decisione. Capiamo l’antifona, è necessario entrare definendo un’appartenenza oppure allontanarsi. Con cortesia decliniamo la proposta e optiamo per la zona franca del marciapiede antistante, neutrale e incontestabile.

Da lì assistiamo agli interventi degli ospiti d’onore, l’ambasciatore della Polonia e l’ambasciatore dell’Ungheria presso il Vaticano. L’ambasciatore ungherese dice molte cose, ma la più interessante emerge da un aneddoto. Racconta, dopo tre anni dall’inizio della sua permanenza in Italia, di aver incontrato una donna incinta per strada ed essersi stupito, poiché era la prima in assoluto in cui si imbatteva. Dice, ma com’è possibile? L’Italia dovrebbe essere la patria dei bambini. Spiega che questo lo ha capito guardando La strada di Fellini, film in cui si vedevano bambini dappertutto. È interessante, penso, che di fronte a un capolavoro cinematografico che narra di povertà assoluta, tra tutte le cose si pensi alla poesia di una perduta arcadia della natalità.

Gli ospiti parlano di famiglia, di uomo in quanto sinonimo di umanità. Per un tempo lunghissimo nessuno parla veramente di donna, fino a che non viene dato spazio alla testimonianza di una coppia di Milano, alla confessione di un aborto compiuto quarant’anni addietro, al senso di colpa e alla convinzione di non poter essere perdonate mai, alle lacrime pubbliche.

Di donne parlano anche le testimonianze registrate con voci di ragazze, l’argomento dogmatico esposto senza ulteriori approfondimenti è che quando si parla di gravidanza ci sono in ballo due corpi, non più uno solo. Di donne parla anche chi afferma che l’aborto è sempre una ferita insanabile, ed è per questo che mando un vocale a una cara amica che ha abortito diversi anni fa, chiedendole cosa ne pensa. Mi risponde «Io ho abortito, sto benissimo, e non ci penso mai. Sono molto contenta di averlo fatto».

La morte è il nemico

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 22-05-2021 Roma , Italia Cronaca Manifestazione Pro vita e famiglia Nella foto: Momenti della manifestazione delle associazioni pro vita e a difesa della famiglia con la partecipazione di religiosi cattolici Photo Mauro Scrobogna /LaPresse May 22, 2021  Rome, Italy News Pro life and family event In the photo: Moments of the demonstration of pro-life associations and in defense of the family with the participation of Catholic religious

Nella retorica della Marcia la cosa che più stupisce è la totale opposizione del concetto di vita  rispetto a quello di morte. Come se quest’ultima fosse un nemico, il male da combattere. Al contempo la vita risulta indissolubilmente associata all’idea di sofferenza da abbracciare con docilità, in contrasto con l’individualismo di un’umanità dedita alla ricerca di “una vita comoda”. Sommando gli interventi nazionali e internazionali, i contribuiti video e audio, è possibile affermare con ragionevole certezza che tutto ciò che riguarda il libero arbitrio è per definizione sbagliato. Le battaglie del Sessantotto per l’emancipazione femminile, l’approvazione della legge 194, gli anticoncezionali, la pillola del e dei giorni dopo, quella abortiva, le delicate vicende di Eluana Englaro e Dj Fabo, la gestazione per altri (in questa sede definita “utero in affitto”), ma anche la fecondazione omologa ed eterologa. L’impressione è che in questa concezione di società immobile la vita stessa sia nemica della vita.

Siamo quasi alla fine, quando Antonio Suetta, Vescovo di Sanremo, Ventimiglia, si presenta in collegamento ed esplicita il pensiero sotterraneo che si annidava tra le pieghe di tutti i precedenti interventi: “la disobbedienza al volere di dio è foriera di una serie di sovvertimenti che sotto le mentite spoglie delle libertà personali minacciano uno dei capisaldi dell’umana convivenza, la famiglia. Il dibattito in corso sul Disegno di legge Zan ne è un’amara conferma e noi non staremo a guardare, ma ci alzeremo in piedi”. Aggiungerà, poco più avanti: «Affermeremo l’indissolubilità del vincolo coniugale», in una battaglia che va combattuta «con tutti i mezzi e, neppure tanto sommessamente, ricordo, con il nostro voto».

La restaurazion

La Marcia per la vita ci congeda facendo salire i bambini sul palco, Virginia Coda Nunziante ricorda che siamo docili strumenti di un dio regista che, infine, è sempre vincitore. Afferma infine che l’obiettivo non è limitato all’abolizione delle leggi contro il diritto naturale, ma punta a restaurare un’Italia profondamente cristiana, poiché pace armonia e prosperità si raggiungeranno solo in caso di conversione.

La mia amica, allontanatasi per esasperazione, torna porgendomi delle focaccine farcite. Masticandole esprimo le mie preoccupazioni, lei non riesce a prenderli sul serio, ma si interroga incredula sul senso di un’ideologia basata sulla limitazione della libertà altrui.

Anni fa ha avuto un’operazione e, se in futuro vorrà dei figli, dovrà ricorrere alla fecondazione assistita. Penso a lei, penso a me che vorrei poter continuare con la contraccezione nel modo che ritengo più opportuno, penso alle amiche e conoscenti che in passato hanno scelto l’aborto, penso all’enorme conquista che è la pillola del giorno dopo, alle unioni civili, alla necessità di una legge contro l’omotransfobia.

Poi penso a una vita quotidiana in cui tutto questo non esista più. Né la possibilità di non procreare, né quella di procreare come meglio si creda, né la speranza di continuare un percorso di incremento dei diritti. Penso alla percentuale di obiettori di coscienza operanti nella sanità pubblica, e a quello che è stato più volte ripetuto dal palco, la marcia per la vita continua tutto l’anno.

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