A trovare ancora qualcuno nella politica italiana che oggi sia dalla parte di Vladimir Putin, dopo la sua decisione di riconoscere le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk si fa fatica. Certo, restano alcune sicurezze, come Mario Borghezio, eurodeputato della Lega, che ieri ha detto che Putin è soltanto «un sovranista che difende lo spazio vitale russo».

Anche Alessandro Di Battista, ex parlamentare del Movimento 5 stelle ridimensiona la portata dell’intervento russo. Perlomeno evita di parlare di «spazio vitale», ma spiega che «la Russia non sta invadendo l’Ucraina. Ieri la Russia in una fase di stallo dei negoziati, si è limitata a formalizzare l’esistenza (dunque riconoscere) di due repubbliche separatiste e russofone». 

Spariti invece tanti altri di quelli che una volta erano grandi sostenitori del presidente russo, sparsi soprattutto nell’universo gialloverde. Una prova tangibile della simpatia di Cinque stelle e Lega era emersa già dal contratto di governo tra i due partiti, che prevedeva un impegno per la revisione delle sanzioni già in essere nei confronti della Russia nel 2018.

Matteo Salvini

Uno dei sostenitori più accesi di Putin era sicuramente il leader della Lega. Il suo profilo Facebook conserva ancora diversi omaggi al presidente russo della scorsa legislatura, quando Salvini scriveva cose come «Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!» accanto a una foto che lo immortala con indosso una t-shirt con la fotografia del presidente sopra la camicia. Siamo nel 2015. 

Risale invece all’anno precedente una fotografia in cui stringe la mano proprio a Putin e scrive: «Nel 2014 si dialoga, non si minacciano guerre e sanzioni».

Salvini rilancia la foto anche nel 2017, in cui chiede ai follower: «Secondo me Renzi non vale neanche un mignolo del presidente russo. Secondo voi?» 

Oggi, Salvini è stato a lungo in silenzio, ma alla fine si è cautamente espresso sulle sanzioni alla Russia: «Se fossero necessari degli interventi per carità. La domanda è: quanto sono servite le passate sanzioni? Quanto hanno risolto? Quanto sono costate all’Italia e alle aziende italiane? Bisogna abbassare tutti i toni... Spero non ci sia nessuno che tifi per la guerra».

Salvini ha anche auspicato che continui il dialogo: «Spero che il presidente Draghi faccia di tutto per evitare il conflitto e vada sia a Kiev che a Mosca. La cosa curiosa è che se andassi io a Mosca partirebbero 18 inchieste».

Luigi Di Maio e Giuseppe Conte

Il ministro degli Esteri nelle ultime ore ha espresso ampio impegno nella mediazione e ha subito attribuito alla Russia la responsabilità di un potenziale conflitto. 

Anche nel suo caso, nel periodo del Conte I le posizioni erano ben diverse: insieme al collega Salvini e all’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel 2018 era stato a cena con Putin. A documentarla c’è anche una foto che li immortala insieme e un video che ritrae la tavolata.

Durante il suo primo mandato a palazzo Chigi in diverse occasioni Giuseppe Conte ha celebrato il buon rapporto con il presidente russo. 

Oggi i toni del presidente del M5s, che da premier aveva detto che «le sanzioni contro la Russia rattristano l’Italia», sono differenti. 

Anche il numero due di Di Maio, Manlio Di Stefano,nel 2018 ha incontrato con Di Battista una delegazione di rappresentanti dello stato russo composta da Robert Schlegel e Sergei Zheleznyak (rispettivamente ex membro della Duma e vicepresidente), interessata ad approfondire la realtà del partito-internet dei Cinque stelle. 

Beppe Grillo

Pure Beppe Grillo, il fondatore del Movimento, non ha ancora voluto prendere posizione sulla situazione in est Europa. In passato, le sue prese di posizione sul tema sono state invece piuttosto nette e tollerante nei confronti di Mosca. 

L’ultimo contributo sul tema pubblicato sul suo blog personale è di Danilo Della Valle, laureato in scienze politiche e relazioni internazionali e con un master della Escuela del buen vivir, come indica la biografia sul blog. Nel testo si legge della «narrativa russofoba» che domina il racconto del conflitto tra Mosca e Kiev. L’intervento è anche molto comprensivo nei confronti del sentimento di aggressione che i russi dicono di provare a causa della presenza delle truppe Nato in prossimità dei loro confini.

Anche in passato si era scagliato contro il “maccartismo” degli Stati Uniti nei confronti di Mosca e Pechino rilanciando un contributo di Fabio Massimo Parenti. In un’altra occasione, Andrea Zhok sul suo blog ha scritto che «il G7 prima e la riunione della Nato poi hanno colto l’occasione per sparare a palle incatenate contro il “nemico”, nelle vesti di Russia e Cina».

Giorgia Meloni

In passato anche la leader di Fratelli d’Italia aveva commentato nel 2018 la quarta rielezione di Putin così: «La volontà del popolo in queste elezioni russe appare inequivocabile». Una chiara presa di posizione in una votazione controversa. 

Oggi Meloni è intervenuta in maniera tempestiva per condannare la mossa di Putin: «Fratelli d’Italia, convinto da sempre che il rispetto del diritto internazionale sia alla base della convivenza pacifica tra gli Stati, condanna fermamente il riconoscimento unilaterale da parte della Federazione russa delle repubbliche separatiste del Donbass».

Contemporaneamente, si gloria di aver portato Draghi in parlamento a riferire sulla situazione geopolitica in Europa orientale: «Grazie alle pressioni di Fratelli d'Italia, il Presidente del Consiglio Draghi verrà in Aula a riferire sulla crisi in Ucraina. Un atto doveroso nei confronti del Parlamento e degli italiani». 

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