Colpo di scena: il progetto di legge costituzionale sul premierato verrà incardinato al Senato e non più alla Camera, dove sembrava invece destinato visto che a palazzo Madama già è partito l’iter sull’autonomia.

Non è un mero dato di procedura parlamentare, ma una scelta piena di risvolti politici.

In questo modo, infatti, Giorgia Meloni mette la riforma costituzionale nelle sicure mani del suo partito, consegnandola al duo di fedelissimi Ignazio La Russa e Alberto Balboni, rispettivamente presidente del Senato e presidente della commissione Affari costituzionali.

La scelta sarebbe arrivata direttamente dalla premier, che non vuole correre rischi e intende marcare stretto l’iter della riforma, sperando di approvarla almeno al Senato entro le elezioni europee.

A far presagire il cambio era stato lo stesso La Russa, che subito dopo il via libera in cdm si era proposto come coadiuvatore di quella che Meloni ha definito «la madre di tutte le riforme». Insolitamente loquace e nonostante il ruolo istituzionale, il presidente del Senato ha detto a Repubblica che «Si dovrà lavorare per fare qualche concessione alle Camere», «Certo senza stravolgere il testo, ma per coinvolgere le opposizioni condividere il più possibile, allargare il perimetro del consenso. Per mia parte, farò di tutto per favorire questo processo».

Tradotto, cercherà di fare da pontiere con le opposizioni più dialoganti, sperando nel colpaccio: approvarla con una maggioranza di due terzi a palazzo Madama. La percentuale è necessaria per evitare il referendum ma i numeri parlano chiaro: i senatori sono 205 e i due terzi sono 138, con 116 eletti di maggioranza a cui si potrebbero forse aggiungere gli 11 dell’ex terzo polo. Servirebbe quindi l’appoggio di almeno una quindicina di senatori di minoranza per evitare rischi.

Il duo La Russa-Balboni

Ipotizzata da chiunque altro, l’operazione sembrerebbe velleitaria. La Russa, però, è un caso a sè, come ha dimostrato la sua elezione sullo scranno più alto di palazzo Madama. Mancati i voti di Forza Italia (in polemica con Meloni), gli bastarono quelli ricevuti, nel segreto dell’urna, dai senatori di opposizione. In quell’occasione, La Russa era stato capace di raggranellare ben 17 voti dalle opposizioni e, appena eletto, ringraziò «chi mi ha votato pur non facendo parte del centrodestra».

Le probabilità di riuscita non sono alte, ma un’operazione simile potrebbe essere tentata anche per la riforma costituzionale. E, se ce la facesse, si aprirebbe una voragine nell’opposizione e sarebbe l’ennesimo colpo di mestiere politico dell’ex generale di An. 

Anche la posizione di Balboni è perfetta per questo: il presidente della commissione ha la possibilità di velocizzare o rallentare gli iter di approvazione, sapientemente gestendo i regolamenti. Dunque, se Meloni intende arrivare ad approvare il testo entro maggio 2024, avere un suo uomo a gestire la clessidra è fondamentale. Anche se, in quella commissione, siede anche Marcello Pera: formalmente eletto con Fratelli d’Italia ma primo critico del testo prodotto dalla sua maggioranza.

Addirittura, Balboni di clessidre ne avrà in mano due: gestendo sia la riforma costituzionale che quella dell’autonomia differenziata, sarà lui nei prossimi mesi a tenere le fila in parlamento dei due testi chiave nel rapporto tra Fratelli d’Italia e Lega.

La scelta di palazzo Madama è il sintomo di come il testo sia sostanzialmente blindato e debba correre velocemente e senza intoppi. Così non sarebbe stato alla Camera, dove la guida dell’aula è del leghista Lorenzo Fontana e la guida della commissione Affari costituzionali dell’azzurro Nazario Pagano. Qui le garanzie per Meloni sarebbero state inferiori e il rischio di guai parlamentari sarebbe aumentato esponenzialmente.

Certo, fanno notare fonti di maggioranza, il testo comunque arriverà anche a Montecitorio e lì nulla vieta di modificarlo di nuovo. «Bisogna chiedere alle opposizioni perché si sono stupite», ha aggiunto la ministra Casellati, «io invece non ho avuto nessun tipo di stupore, nel senso che il Senato ha appena vistato il provvedimento sull'autonomia differenziata e in genere si guarda a quanti provvedimenti ci sono da una parte e dall'altra. Assolutamente non c'è una scelta politica».

Invece, l’obiettivo da raggiungere sembra essere prima di tutto proprio quello politico: la riforma costituzionale, che deve fare un doppio passaggio in entrambe le camere, comunque è un obiettivo di fine legislatura. Ora a Fratelli d’Italia serve invece chiudere il primo passaggio in tempo per rivendicarlo in campagna elettorale alle europee.

© Riproduzione riservata