Silvio Berlusconi è tornato: lasciato il buen retiro di Arcore, ha rioccupato la scena politica in prima persona sia in Italia sia in Europa. Con due partite in testa: il Quirinale e conseguentemente la tenuta dell’alleanza di centrodestra. A risollevarne l’immagine ha concorso l’assoluzione nel filone senese del processo Ruby ter, in corso però ne rimangono altri quattro.

Quello tra Silvio Berlusconi e la giustizia, infatti, è uno scontro che dura da 25 anni e non è ancora esaurito. Contro di lui si sono celebrati 36 processi, quattro dei quali sono appunto ancora in corso. Il conto finale segna 11 sentenze di assoluzione – l’ultima in un filone secondario del processo Ruby ter – 10 procedimenti archiviati, 8 prescritti e per 2 è intervenuta l’amnistia. Una sola sentenza è stata di condanna, nel processo Mediaset, che è diventata definitiva nel 2013, per frode fiscale. La pena è stata di quattro anni, ma l’indulto ha aiutato il cavaliere a ridurla drasticamente a un anno, peraltro scontata ai servizi sociali in una clinica di Cesano Boscone. La pena accessoria dell’interdizione lo ha fatto decadere da senatore per effetto della legge Severino, ma nel 2018 il cavaliere ha ottenuto la riabilitazione e ha potuto candidarsi alle Europee del 2019. Per districarsi nella mole di processi, è necessario dividerli nei principali filoni.

Il processo Mediaset

È il processo madre, perché toccava gli interessi industriali dell’ex presidente del Consiglio. La procura di Milano ha ottenuto il rinvio a giudizio nel 2005 per appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio, insieme ad altri 14 indagati: Fedele Confalonieri, Frank Agrama, l’uomo di appoggio della Fininvest in America, l’avvocato inglese David Mills e altri alti dirigenti Mediaset.

L’indagine ha riguardato due società estere collegate alla “Berlusconi Finanziaria”, dove è stata trovata traccia di fondi occulti e versati su conti bancari in Svizzera, Bahamas e Montecarlo e gestiti da fiduciari di Berlusconi. I fondi neri sono risultati frutto di una compravendita dei diritti di film americani: Mediaset li comprava in via diretta dalle società offshore, che a loro volta li cedevano ad altre società facendo lievitare il prezzo ad ogni passaggio. La differenza tra il valore reale dei diritti e quello finale veniva accantonato in modo illegale per un valore di 280 milioni di euro. Questo avrebbe provocato un’evasione fiscale da 7,3 milioni e una frode nei confronti degli azionisti di Mediaset.

Berlusconi si è difeso dicendo di aver lasciato ogni carica sociale nelle sue società a partire dal 1994, anno della sua “discesa in campo”, cioè in politica. Tuttavia, secondo l’accusa, continuava a dare indicazioni tramite prestanome.

La sentenza di condanna a 4 anni è stata confermata in cassazione nel 2013.

L’inchiesta Mediaset è nata da un filone dell’inchiesta All Iberian, dal nome di una presunta società occulta dietro cui gli inquirenti ritenevano si nascondessero fondi neri della Fininvest. L’ipotesi di reato era di finanziamento illecito al Partito socialista italiano con un giro di denaro che finiva sui conti svizzeri del partito: il processo si è concluso con la prescrizione (All Iberian 1), mentre il secondo troncone che riguardava il falso in bilancio si è concluso con la formula “il fatto non costituisce più reato”. Miracolosa fu proprio una legge modificata nel corso del governo Berlusconi 2. 

Processo Mediatrade

Si tratta di un filone del processo Mediaset e le indagini cominciano nel 2005, quando la finanza perquisisce gli uffici di Mediatrade, ossia una società controllata del gruppo di Berlusconi che si occupa dell’acquisto dei diritti televisivi.

L’accusa è simile a quella del processo Mediaset: trasferimenti di denaro in conti svizzeri di prestanome legati a Mediaset.

L’accusa è appropriazione indebita e frode fiscale. Il giudice per le udienze preliminari di Milano proscioglie Berlusconi per non aver commesso il fatto e la Cassazione conferma nel 2012.

Lodo Mondadori

Il processo riguarda la proprietà della casa editrice Mondadori e rientra in quella che è stata soprannominata dai giornali “guerra di Segrate” tra Berlusconi e Carlo De Benedetti.

L’accusa a Berlusconi era di concorso con l’avvocato Cesare Previti e altri tre indagati in corruzione in atti giudiziari. L’accusa: aver pagato i giudici di Roma in modo da ottenere una decisione favorevole nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo Mondadori.

Oggetto del contendere è la proprietà della società. Nel 1988 la Mondadori era in mano a tre soci: la Cir di De Benedetti; la Fininvest di Berlusconi e la famiglia Formenton. De Benedetti stipula un contratto di acquisto delle azioni dei Formenton che dovrebbero passare a lui entro il gennaio 1991, ma nel frattempo la famiglia cambia idea e nel gennaio 1990 permette a Berlusconi di insediarsi come nuovo presidente. Questo genera una lite tra soci, che decidono di ricorrere a un lodo arbitrale per valutare se i Formenton potessero o meno cedere le proprie quote a Fininvest.

I tre giudici designati dai soci stabiliscono che le quote devono invece essere cedute a De Benedetti. Berlusconi e Formenton, però, impugnano il lodo arbitrale davanti alla corte d’appello di Roma, che annulla l’accordo De Benedetti-Formenton, dichiara la nullità del lodo e consegna le azioni a Fininvest.

I magistrati di Milano però indagano sui giudici romani che hanno giudicato sul lodo e rintracciano movimenti di denaro da società offshore che sarebbero serviti per la corruzione.

Il processo è al centro di forti tensioni pubbliche perché si svolge mentre Berlusconi è presidente del Consiglio. In sede di dibattimento davanti alla corte d’Appello, nel 2001, il reato ascritto al Cavaliere diventa quello di corruzione semplice. Un altro cambio di registro favorevole al Cavaliere, salvato di nuovo dalla prescrizione.

Processo Sme

Il processo riguarda la mancata vendita nel 1985 della Società Meridionale di Elettricità (Sme), posseduta dall’Iri che allora era presieduta da Romano Prodi.

Il primo accordo di vendita viene stretto con Carlo De Benedetti, ma l’allora presidente del consiglio, Bettino Craxi, spinge per la riapertura delle trattative, così e per la Sme arriva anche l'offerta della Fininvest di Berlusconi.

Prodi dichiara non vincolante il primo accordo con De Benedetti, il quale fa causa all’Iri per ottenerne il ripristino, ma il tribunale civile di Roma respinge il ricorso.

Nel 1998 la procura di Milano apre un’indagine per corruzione e Berlusconi viene accusato di aver concorso nella corruzione dei giudici Filippo Verde per 750 milioni di lire e Renato Squillante per 100 e poi 500 milioni.

Anche in questo caso si intromette la politica: il processo inizia nel 2000 e nel 2003 viene approvata una legge chiamata lodo Schifani, che vieta processare le cinque più alte cariche dello stato. Il processo viene sospeso ma dopo 3 mesi la corte costituzionale dichiara incostituzionale la legge.

Nel 2004 il tribunale di Milano assolve Berlusconi per la corruzione del giudice Verde, dichiara prescritto il reato di corruzione per il bonifico da 500 milioni a Squillante e per quello da 100 lo assolve per non aver commesso il fatto.

Dopo un lungo iter processuale, nel 2007 la Corte di Cassazione conferma l’assoluzione per tutti i reati contestati.

Processo Ruby

Le accuse a carico di Berlusconi riguardano i suoi rapporti con l’allora diciassettenne Karima El Mahroug, detta Ruby Rubacuori. Inizia nel 2010.

La ragazza viene accompagnata in questura per una identificazione per un sospetto furto: Berlusconi viene contattato da una sua amica e telefona in questura per chiedere che Ruby venga affidata all’allora consigliera regionale Nicole Minetti, invece che a una comunità per minorenni.

Così avviene, ma poco dopo Berlusconi viene indagato dalla procura di Milano per concussione, per aver abusato della sua qualità di presidente del Consiglio per esercitare una indebita pressione sui funzionari della questura di Milano per il rilascio di Ruby, al fine di coprire il più grave reato di prostituzione minorile. Da questa indagine emergono le cosiddette “cene eleganti” ad Arcore, ovvero feste con la presenza di prostitute.

La difesa di Berlusconi sostiene che il premier si sia mosso perché credeva che Karima El Mahroug fosse la nipote dell'allora Presidente egiziano Hosni Mubarak. Dunque, si muove, per evitare un incidente diplomatico con l'Egitto. Naturalmente Ruby non era la nipote di Mubarak. 

Anche questo processo genera un duro scontro politico, tra richieste di autorizzazione a procedere da parte del procuratore capo di Milano e conflitti di attribuzione tra poteri dello stato sollevati dalla Camera.

Nel 2013 Berlusconi viene condannato in primo grado a 7 anni di carcere per i reati di prostituzione minorile e concussione. In appello, nel 2014, viene assolto perché il fatto non sussiste e, con riferimento alla prostituzione minorile, perché il fatto non costituisce reato: «Ci fu prostituzione, ma la conoscenza dell’età non è stata supportata da prove adeguate». L’assoluzione è stata confermata  in Cassazione nel 2015.

Da questo processo scaturisce un altro filone, detto Ruby ter, in cui Berlusconi è stato imputato dall’accusa di corruzione di testimoni del processo Ruby con le finalità di una falsa testimonianza. A sostenere l’ipotesi, il fatto che l'ex presidente del Consiglio verserebbe 2.500 euro ogni mese a ospiti delle serate di Arcore e Palazzo Grazioli. La difesa ha sostenuto che si trattasse di un indennizzo per il danno d'immagine recato alle ragazze dal clamore dell'inchiesta. È tra i 28 imputati nel processo in corso a Milano. Mentre per un troncone è stato assolto a Siena dall’accusa di corruzione in atti giudiziari.  

Rimangono tuttavia in piedi altri procedimenti paralleli con le stesse accuse ma relative ad altri fatti e pendenti presso altri tribunali.

I procedimenti in corso

Sono attualmente in corso quattro processi contro l’ex presidente Berlusconi, oltre al filone principale Ruby Ter a Milano. Il cosiddetto “processo Escort”, per esempio, è in fase di udienza preliminare. Si svolge a Bari e l’accusa è di aver pagato Gianpaolo Tarantini, detto “Giampy”, nel 2009, inducendolo a mentire davanti ai magistrati sulle escort portate alle feste organizzate dall’ex premier.

Nel 2018, sempre nel capoluogo pugliese, un nuovo rinvio a giudizio: il reato è induzione a rendere false dichiarazioni all'autorità giudiziaria. Tuttavia, poiché il collegio giudicante è mutato, è necessario il rinnovo degli atti processuali compiuti durante il dibattimento che fino ad oggi si è svolto.

In fase istruttoria, invece, sono altri tre procedimenti penali. Presso la procura di Napoli, quello per finanziamento illecito ai partiti a causa di presunti finanziamenti erogati al Movimento Italiani nel Mondo.

La procura di Roma invece sta svolgendo le indagini in seguito a un esposto del 2013 presentato da Antonio Di Pietro, riguardante la presunta corruzione dei senatori Antonio Razzi e Domenico Scilipoti per passare dall'’Italia dei Valori al Popolo della Libertà e tenere in piedi la maggioranza di governo del 2010. La procura aveva chiesto l’archiviazione, ma il Gip ha rigettato la richiesta e l’indagine è stata riaperta.

La procura di Firenze ha invece ottenuto la riapertura del fascicolo archiviato nel 1998, che riguarda le stragi di mafia del 1992-1993. Le indagini sono state riaperte e sono in corso, in seguito a una intercettazione del boss Giuseppe Graviano, in cui parla di Berlusconi e di Marcello Dell’Utri.

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