Il leader della Lega Matteo Salvini ha intenzione di schierare i suoi social media manager contro Roberto Saviano nel processo che vede lo scrittore imputato per diffamazione. La prima udienza che si è svolta a Roma è stata brevissima, ma lo scrittore ha già chiarito la sua linea di difesa: averlo accusato di essere ministro “della Mala vita”, con tanto di citazione di Gaetano Salvemini, è poca cosa rispetto alle ripetute minacce di togliergli la scorta che gli ha rivolto il leader della Lega.

L’autore di Gomorra ha poi spiegato in una dichiarazione spontanea che non ha paura di portare avanti le sue critiche contro due ministri e un primo ministro, visto che è stato chiamato in tribunale anche dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Molti scrittori sono con lui per sostenerlo. «Chi siete?», ha chiesto la giudice al gruppetto in tribunale formato da Michela Murgia, Chiara Tagliaferri, Chiara Valerio, Marcello Fois, e il vincitore del premio Strega del 2022 Mario Desiati. «Amici», hanno risposto.

La querela

Il processo parte dalla querela di Salvini del 2018, depositata quando era ministro dell’Interno e presentata su carta intestata del Viminale. Adesso è ministro ancora. Le diffamazioni, secondo Salvini, consisterebbero in alcuni post social pubblicati a giugno di quell’anno in cui Saviano lo accusava di essere un bandito perché si era rifiutato di aiutare i migranti salvati dalla nave Aquarius, con donne e bambini a bordo.

Oltre a questo, ci sono i video in cui Saviano chiamava Salvini ministro della “Mala vita” per i suoi rapporti al sud. Da alcune inchieste dell’Espresso era emerso che subito dopo la campagna elettorale avevano partecipato a un comizio del segretario della Lega a Rosarno affiliati della ‘ndrangheta, persone della cosca Bellocco e imparentate con i Pesce. Come raccontato da Domani, nel 2021, ritornato a Rosarno, Salvini aveva alle sue spalle, durante il comizio, il candidato al consiglio regionale della Lega Enzo Cusato, consuocero del boss Rocco Bellocco. Articolo finito tra i documenti della difesa.

I social media manager

Salvini, che non si è presentato all’udienza, tramite i suoi avvocati ha chiesto che non sia ascoltato nessuno dei testimoni proposti da Saviano. Come anticipato da Domani, la difesa aveva proposto di sentire il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, il segretario generale della Federazione europea dei giornalisti, Ricardo Gutiérrez, e il fondatore della Ong Open Arms che presta soccorso ai migranti, Oscar Camps.

Il pm, Sergio Colaiocco, ha detto che né Gutiérrez né Oscar Camps gli sembrano testimoni rilevanti, ormai è tutto noto.

Colaiocco non si è invece espresso sulla testimonianza di Piantedosi. L’allora capo di Gabinetto, oggi ministro dell’Interno, ha spiegato l’avvocato di Saviano, Antonio Nobile, sarà chiamato a riferire «sulle iniziative volte a verificare il regime di protezione al quale l’imputato è sottoposto dall’ottobre 2006».

La lista dei testimoni del ministro include invece quattro persone del suo staff: Matteo Pandini, Fabio Visconti, Andrea Zanelli e Fabio Montoli. Il suo portavoce e i responsabili della comunicazione del ministro. Una scelta che il pubblico ministero ha giudicato «francamente inutile», sostenendo che a suo parere «ne bastava uno».

La giudice onoraria, Franca Malizia, ha deciso di accogliere tutti i testimoni con riserva. Sul perché Salvini punti sul suo team social, l’avvocata Fucile ha preferito non commentare, anche perché, ha spiegato a Domani, interveniva in sostituzione dell’avvocato Mattia Celva dello studio Eccher.

Lo stesso studio da cui arriva Claudia Eccher, la legale nominata di recente dal centrodestra come membro laico del consiglio superiore della magistratura.

Fiero di essere imputato

Prima di chiudere, Roberto Saviano ha letto una dichiarazione spontanea: «La mia difesa non è solo quella di un individuo, ma è la difesa di chiunque abbia la volontà di criticare radicalmente il governo e la politica», ha detto.

E ancora: «le menzogne e la complicità della politica con la diffusione sistematica di propaganda e paura». Un ministro, un leader politico, ha scandito, «non è pari a un cittadino, fosse egli anche un intellettuale, un giornalista, uno scrittore». Lui è «fiero di essere imputato» e porterà avanti il suo diritto: «Non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti», ha spiegato citando ancora Salvemini.

Alla prossima udienza, l’1 giugno, toccherà intervenire alla parte civile. Salvini, a differenza di quanto accaduto nell’analogo processo intentato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sarà costretto a presentarsi. Murgia postando una foto del gruppo di sostenitori ha commentato: «Gli scrittori e le scrittrici continueranno ad esserci».

A margine, Saviano è intervenuto sul caso Alfredo Cospito, l’anarchico che sta portando avanti lo sciopero della fame contro il carcere duro del 41 bis. Per Saviano è credibile che le mafie stiano cercando di approfittarsene sperando che l’istituto si allenti, ma dal punto di vista dell’esecutivo e della maggioranza, ha risposto a Domani, «c’è una strumentalizzazione totale. Ovviamente il governo non sa gestire in real modo l’emergenza e vuole dare in pasto al suo elettorato una visione securitaria, che mai come in questa vicenda non c’entra niente».

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