Il centrodestra ostenta unità e l’obiettivo di giornata è capitalizzare la confusione a sinistra: mentre i progressisti si perdono tra veti incrociati e ancora non hanno definito il perimetro dell’alleanza, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sono già seduti intorno al tavolo per definire il programma.

In realtà dentro il centrodestra si discute della presentazione di una lista di ministri prima del voto, proposta lanciata da Matteo Salvini che vede contraria Giorgia Meloni, e anche la definizione del programma è tutt’altro che una mera formalità. Ieri si è svolta una prima riunione al Senato per rispettare la volontà di Meloni di dare un contesto istituzionale ai tavoli del confronto. Ogni partito ha inviato i suoi delegati al programma: per FdI Giovanbattista Fazzolari e Raffaele Fitto; per la Lega Armando Siri e il capogruppo alla Camera Massimiliano Romeo, per Forza Italia Alessandro Cattaneo e il vicepresidente della Camera Andrea Mandelli. Presenti anche i rappresentanti di Coraggio Italia, Udc e Noi per l’Italia. I delegati a redigere materialmente il programma si vedranno ancora, fino all’inizio della prossima settimana. Il testo verrà poi ratificato con la firma dei leader.

A fare da canovaccio sarà il programma di coalizione del 2018, da cui dovrebbero essere ripresi alcuni elementi caratterizzanti: tasse, autonomia differenziata, presidenzialismo e pensioni. L’obiettivo è quello di «stabilire un perimetro condiviso di governo», spiega Fazzolari. Tutto chiaro, almeno sulla carta. Invece, lo scoglio rischia di essere la differente impostazione tra Lega e Fratelli d’Italia sul metodo.

Punti snelli o dettagli?

«Il tavolo servirà a stabilire punti semplici ed essenziali condivisi, poi ogni partito scriverà il proprio programma di dettaglio», spiega sempre Fazzolari. L’obiettivo di FdI è di redigere un decalogo di obiettivi ancora più snello rispetto a quello del 2018, così che ogni forza politica possa poi svilupparli a modo suo. «Saranno gli italiani a scegliere, con il voto, quale dei vari punti di vista programmatici preferire. Così il voto del 25 settembre sarà una sorta di “primaria delle idee del centrodestra”», è la visione della pattuglia di Meloni, favorita nei sondaggi.

L’approccio, però, non è condiviso al tavolo e anzi sarà oggetto di discussione. La Lega è tutt’altro che convinta di questa strada. «Altro che punti snelli, bisogna mettere anche le virgole», dice una fonte leghista. Il timore è che lasciare troppa discrezionalità in una cornice programmatica così ampia significhi dare automaticamente a FdI mani libere sulla gestione del futuro governo. Per questo il partito di Salvini si è seduto cautamente al tavolo. «Il metodo di lavoro dovremo sceglierlo insieme, questa è solo la prima riunione», si è limitato a dire Romeo sulla falsariga del suo leader. Il segretario, infatti, ha anticipato che «la Lega chiederà agli alleati di firmare alcuni accordi per essere omogenei dopo una eventuale vittoria».

Le condizioni della Lega

Sul fronte leghista, Salvini in tour elettorale in Veneto ha dettato le sue priorità: «Flat tax, nucleare di ultima generazione, revisione del reddito di cittadinanza, pace fiscale e nuovi decreti sicurezza», ma soprattutto «autonomiea regionale». Il segretario sa che l’anima nordista del suo partito non ha dimenticato il vecchio cavallo di battaglia e per lui è vitale ottenerlo nero su bianco nel programma, così da dare ai suoi un’arma per la campagna elettorale nei territori in cui la Lega ha perso terreno alle amministrative.

«Ho chiesto ai governatori Luca Zaia e Attilio Fontana un progetto sull'autonomia, su cui chiederò la firma di Meloni e Berlusconi perchè patti chiari e amicizia lunga, abbiamo già perso troppi anni con Pd e Cinque stelle» ha detto il leader leghista proprio dal Veneto, dove ha iniziato un tour elettorale. Formalmente, FdI non pone questioni. «Non c’è argomento del contendere. L’autonomia era già nel programma di centrodestra del 2018, quindi è una discussione sul nulla», taglia corto Fazzolari.

Specularmente, FdI intende battere sulla riforma costituzionale di tipo presidenziale. Meloni ne ha fatto un tratto distintivo della sua proposta politica e non rinuncerà ad averla nel programma, la Lega fa sapere di essere favorevole ma non si addentra in dettagli. Anche se nessuno dei due fronti vuole porla in chiave di scambio, autonomia e presidenzialismo potrebbero essere i due argomenti paralleli su cui FdI e Lega dovranno trovare un punto di incontro.

Politica estera

Non solo su questo. Altro argomento delicato all’ordine del giorno sarà l’Ucraina e le posizioni di politica estera, con Meloni sempre più attenta a ribadire in ogni sede le sue posizioni atlantiste e Salvini alle prese con le notizie stampa dei rapporti con la Russia.

Che siano punti generali o prese di posizione dettagliate, sia sul metodo di lavoro sia nel merito delle posizioni, il percorso non sarà facile.

Anche perché Meloni sa di dover condurre il tavolo e di essere “attenzionata speciale” anche fuori dall’Italia. Per questo ha già intimato gli alleati di «non fare proposte irrealizzabili» in campagna elettorale. Messaggio indiretto a Silvio Berlusconi, già in modalità “venditore” nel proporre piantumazione di alberi e pensioni da mille euro anche alle casalinghe.

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