Una chiamata alle personalità della sinistra, dentro e fuori il partito, per superare i personalismi e i narcisismi e scommettere sul nuovo Pd. Una «convergenza», per dirla alla cilena, per un partito di sinistra. Lo fa Peppe Provenzano, vicesegretario, ex ministro, deputato e papabile al congresso. Anche se a un certo punto ha fatto sapere che non aveva intenzione di correre.

Il Pd oggi sarà al corteo pacifista a Roma. Non avete paura di essere fischiati, per il vostro sì alle armi all’Ucraina?

L’unica paura è l’escalation militare, la minaccia atomica, ed è la ragione per cui siamo in quella piazza. Io sono stato in tutte le piazze che chiedono pace, e questa parola porta già con sé un’inequivocabile condanna all’invasione di Putin. Rivendico il nostro sostegno alla resistenza ucraina, se non ci fosse stato anche l’aiuto militare oggi a Kiev ci sarebbe un deserto di macerie che non potremmo chiamare pace. Ma non basta, serve una forte iniziativa diplomatica dell’Europa e dell’Onu. Ecco perché è importante che l’opinione pubblica faccia sentire la sua voce.

Il decreto antirave, il contante: i primi passi del governo sono falsi, o sono provocazioni volute?

Siamo stati i primi a sventare il pericolo della stretta autoritaria che si nasconde in quel nuovo reato. E non basta una correzione, deve essere abrogato. Solo che da una settimana parliamo di rave e di migranti, sembra il governo Salvini più che il governo Meloni. Ma non dobbiamo cadere nella trappola, farci distogliere dalle priorità: e la priorità sono i salari. La perdita del potere di acquisto dei salari reali rischia di portarci in recessione, lo dice Panetta della Bce, che Meloni ha tanto corteggiato per il Mef. Su questo la destra non dà risposte, ma non si pone nemmeno la domanda. Quanto al tetto del contante a 10mila euro, oggi in Italia ci sono più di 5 milioni di lavoratori che non li guadagnano in un anno. L’annuncio di questo provvedimento racconta che la legalità per la destra è retorica e in concreto fanno regali agli evasori e alle mafie.

In Europa Meloni non ha ricevuto grandi risposte.

A Bruxelles ha cambiato faccia, non si è presentata come l’amica di Orban. La verità è che teme non riuscirà a dare risposte sul piano economico e dunque spinge su provvedimenti identitari in patria. La nostra opposizione deve caratterizzarsi sul terreno sociale, che è il vero disastro annunciato del governo. Come si fa, ora, a proporre il taglio del reddito di cittadinanza o a ammortizzatori sociali come la Naspi?

Più lavoro e meno antifascismo?

Se oggi Meloni è al governo è anche perché per troppo tempo non abbiamo fatto vivere l’attualità dell’antifascismo. Ha potuto dire in aula che «non prova simpatie per il fascismo», bontà sua, ed ha ridotto l’antifascismo all'estremismo degli anni 70. Ma l’antifascismo è la matrice della Costituzione, che noi dobbiamo difendere, e attuare proprio su lavoro e uguaglianza. Questa deve essere l'identità del Pd. Dobbiamo saperci schierare, con nettezza. Pensi a Twitter esposto ai capricci di un miliardario che licenzia la metà dei lavoratori e con le sue scelte condiziona l'opinione pubblica. C'è un nesso tra l'abbandono della lotta alle disuguaglianze da parte della sinistra e il deperimento delle nostre democrazie, lo spiega Carlo Trigilia in un libro che dovrebbe essere lettura obbligatoria per il processo costituente del nuovo Pd.

In concreto che significa congresso costituente?

Significa non ripetere i meccanismi perversi che ci hanno portato a eleggere segretari che vengono triturati se va bene in due anni. Perché se il partito non ha un’identità tutto si risolve nella contesa tra persone. Di fronte a una destra orgogliosa e identitaria ora serve una sinistra senza paura delle sue idee. E, per essere credibili, dobbiamo mettere un punto su alcune questioni di fondo: sulla lotta alla precarietà pensiamo tutti che il jobs act è stato un errore, e così le politiche di precarizzazione degli anni 90? Sulla transizione ecologica siamo tutti d’accordo di accelerare oppure facciamo battaglie di retroguardia come sulla plastic tax? Non ci possono essere due partiti in uno.

La scelta è fra un partito socialista e uno “riformista”?

Siamo tutti riformisti, ma le riforme sono quelle che allargano la democrazia e includono gli esclusi, non quelle che tolgono diritti. Io sì, mi definisco socialista, ma anche sul socialismo europeo è bene chiarirsi: un conto è lo spagnolo Sanchez, un altro i socialdemocratici nordici, falchi del rigore. Guardi: partiamo dal lavoro, il terreno più esposto e scoperto in termini di rappresentanza politica. Da qui dobbiamo provare a realizzare il «controesodo» della nostra base elettorale.

E se vince un’altra tendenza, nel Pd? La sinistra resterà in minoranza a lamentarsi che l'identità scelta è sbagliata?

Il tema non è personale, se oggi non facciamo della lotta alle diseguaglianze, della tutela e della promozione del lavoro nelle transizioni ecologica e digitale, gli assi del nuovo Pd, non recupereremo consenso e non avremo un grande futuro.

Da lunedì chiamerete i cittadini a entrare nel Pd. Perché dovrebbero aver voglia di farlo?

Più che invitare le persone a venire da noi, dobbiamo andare noi ad ascoltare le ragioni per le quali non ci votano più. C’è una sinistra che vive fuori dai partiti, che anima le associazioni, che aspetta un partito progressista credibile e coerente. È importante aver aperto all'adesione a soggetti collettivi, che non devono rinunciare alla loro identità, non gli chiediamo di sciogliersi ma di partecipare a un processo costituente all'esito del quale se condivideranno i principi del nuovo Pd aderiranno.

Una norma ad hoc per Articolo 1?

Non solo per loro, ma per associazioni, comitati, liste civiche.

Nel Pd c'è la stessa classe dirigente da dieci anni, è un tema?

Il ricambio è utile e necessario, ma non mi pare che gli elettori chiedano il certificato di nascita, ma quali battaglie si fanno. Così si formano nuove classi dirigenti, che sono autorevoli se coerenti. Nel Pd troppi hanno sostenuto tutto e il contrario di tutto, fin da giovani. Questo mi sembra il vero problema.

Conte non vi vuole più neanche parlare, Calenda vi sfida sul terreno liberale. Basterà cambiare il segretario per riaprire il dialogo con due partito che invece fanno opa ostile contro voi?

Sembra che sulla sconfitta del 25 settembre ci stiamo interrogando solo noi. Non c'è stata un'ondata di destra, è il campo progressista e democratico che si è presentato diviso. Noi non vogliamo ripetere quell’errore, per esempio nel Lazio. Al di là delle amministrative, all’opa di Conte e Calenda si risponde facendo fino in fondo il nostro mestiere, di forza progressista. Senza regalare niente a nessuno. Le ambiguità del Terzo polo con la destra rendono la loro minaccia poco credibile. Mentre abbiamo il dovere di non regalare l’ispirazione della sinistra italiana al M5s.

Rischiate lo scioglimento, o l'evaporazione come il Ps francese?

Se il Pd non scioglie il nodo della sua identità politica, se non verrà percepito come la forza di sinistra che serve al paese per costruire l'alternativa a questa destra è a rischio la sua funzione. Ecco perché non serve un congresso sui nomi, ma prima di tutto il Manifesto un nuovo Pd.

Sui nomi mi risponderebbe solo diplomaticamente, allora le chiedo: doveva essere anche lei un candidato papabile ma poi ha fatto un passo indietro?

C’erano tanti nomi e poche idee, ho tolto di mezzo il mio. Dobbiamo dimostrare tutti di volerci davvero confrontarci sulle idee. I nomi vengono dopo. Le candidature del resto si presenteranno a gennaio.

Ma perché la sinistra del partito non si mette insieme?

Voglio rivolgere un appello a tutte le personalità della sinistra dentro e fuori il Pd. Lasciamo da parte i personalismi, quello che Freud chiamava il narcisismo delle piccole differenze, mettiamoci tutti insieme. Abbiamo il dovere di investire in questo processo costituente perché è davvero a rischio la storia del lungo cammino della sinistra italiana. Non è un tema che riguarda solo noi del Pd. Avere una forza di sinistra che rinasca dando risposta alla questione sociale che oggi si pone in termini nuovi è interesse non della sinistra, ma della democrazia italiana.

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