«Scrivere una norma è una cosa seria. Crea un dispositivo pronto all’uso per ogni evenienza. Quello dei rave, quei pochi che ci sono, è solo l’occasione, l’obiettivo è dare al nuovo esecutivo un profilo di legge e ordine di fronte a un autunno difficile». Amedeo Ciaccheri è il giovane presidente del Municipio VIII di Roma, che comprende il mitico quartiere Garbatella, popolare e tradizionalmente di sinistra, da cui la presidente Giorgia Meloni si vanta di provenire.

Origine messa in dubbio, a leggere il periodico Cara Garbatella, che con ironia ricorda che lì non abita da molti anni,  non è nata e neanche ha fatto le scuole, quindi niente «ius soli» e neanche «ius scholae», quindi da abitante in transito, può giusto reclamare «il suo permesso di soggiorno», che comunque sarebbe concesso.

Ma fin qui siamo allo scherzo, la norma anti rave, per Ciaccheri, che governa a nome di tutto il centrosinistra e proviene dai movimenti sociali, è una cosa seria.

Anche secondo lei le norme contro i rave sono liberticide e pericolose per tutti, come stanno dicendo in queste ore i giuristi, e potrebbero essere applicate alle forme meno organizzate di dissenso sociale? 

Abbiamo dinanzi un autunno difficile per molte famiglie e per molti lavoratori. Crisi economica, dell’energia e quindi del lavoro. Sta camminando un movimento pacifista che finalmente si riconosce con parole comuni.

E infine c’è un’insofferenza generazionale su troppi temi, futuro, clima e libertà individuali. Tutto questo ribolle. Prima di pensare alle manifestazioni musicali, immagino che la prima applicazione dovrebbe essere sui raduni dei nostalgici di Predappio. E come mai non è andata così?

Il ministro dell’interno Matteo Piantedosi dice che il raduno alla tomba di Mussolini è un’altra storia. E Giorgia Meloni rassicura che “tutti potranno esprimere il loro dissenso”.

Ho letto l’intervista del ministro. Sono stupito che anche lui ritenga un’emergenza i rave, quando era capo di gabinetto di Salvini non sembrava. Prendo atto delle sue parole, ma resta il fatto che non è un ministro che interpreta la norma. Ed è una norma poco chiara è esposta a troppe interpretazioni arbitrarie. Lo dico da cittadino, da partecipante a tante manifestazioni, e anche da presidente di municipio, che con le norme ha a che vedere ogni giorno.

Siamo di fronte, come dicono suoi colleghi, a una deriva orbaniana?

Giorgia Meloni cerca uno spazio più grande e per questo corre seguendo l’onda di Orbán e degli altri sovranismi internazionali. L’obiettivo è consolidare una nuova cultura diffusa, instillare paura e consigliare le persone a stare prudentemente a casa. 

Queste norme 'provocano' la piazza democratica secondo lei? 

I rave sono l'occasione, il pretesto, la piazza democratica del 5 novembre è il primo avversario? Spero di no. Se intorno alla pace si costruisce un movimento, anche la frammentazione delle opposizioni sociali, prima che politiche, trovano la forza per dire che in Europa è in Italia c'è uno spazio alternativo contro la guerra, che è anche uno spazio alternativo al sovranismo e al nazionalismo.

Veramente i primi a chiedere la pace, nel senso di pace putiniana, sono proprio i sovranisti d’Europa.

Il popolo della pace ha scritto una piattaforma chiara, non chiede nessuna pace putiniana. Chi prova a fare di tutta l’erba un fascio sbaglia, e non fa un buon servizio a nessuno: né alla pace, né alla causa dell’Ucraina.

La destra al governo cerca lo scontro con chi manifesta? Lo troverà?

La storia del nostro paese ci insegna che chi cerca lo scontro difficilmente rimane a mani vuote. Ma mi sembra che ci sia consapevolezza diffusa che che la priorità, dagli studenti della Sapienza, ai giovani attivisti per il clima, alle tante organizzazioni che chiedono pace, sia costruire oggi i presupposti di un fronte ampio, plurale, comune.

I rave sono illegali. Lei amministra una città nella città, e viene da un’esperienza di movimento: come si concilia il diritto al divertimento dei ragazzi e delle ragazze con quello alla incolumità di tutti, e magari anche a quello della proprietà privata?

I rave ormai sono una storia di un’altra epoca, se ci sono, sono pochi e per questo diventano subito caso mediatico. La questione è che dopo due anni di pandemia, di fronte a una crisi così profonda, umiliare e vietare queste forme aggregazione, in genere non a scopo di lucro, vuol dire lasciare spazio al vuoto.

Ci sono centinaia di manifestazioni e campagne per segnalare  centinaia di luoghi abbandonati: luoghi pericolosi proprio perché vuoti. Sorvegliare e punire è un modo buono solo a affollare le carceri già fuori controllo, e punire una generazione, al governo non saranno sfuggiti i suicidi giovanili in aumento. Serve che lo stato, il pubblico, metta a disposizione spazi, luoghi per l’aggregazione anche gioiosa, e che sostenga le produzioni culturali. Anche questa è una priorità.

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