Sponsorizzare Mario Draghi al Quirinale può essere la mossa che allunga la vita politica di Silvio Berlusconi. Terminata l’illusione di poter scalare lui in prima persona il Colle, il leader di Forza Italia ha tutto l’interesse a sostenere un candidato non di area centrodestra: per orgoglio, ma anche per tattica.

L’orgoglio, infatti, gli suggerisce di non dare ossigeno a nessun altro candidato della sua area politica. Altrimenti, oltre alla beffa di non venire eletto, per Berlusconi ci sarebbe il danno di essere stato l’esca per far abboccare il centrosinistra, disposta a ragionare su tutti i nomi pur di tenere fermo il no su di lui.

Sul fronte tattico, virare su Draghi significa ricollocare il partito di nuovo fermamente nella maggioranza di governo, garantendo non solo la durata della legislatura ma anche che Forza Italia continui a essere parte di un futuro esecutivo di emanazione draghiana.

Certo, sarà necessario rimangiarsi qualche uscita infelice fatta trapelare sui giornali su una possibile uscita di FI dall’esecutivo in caso di elezione di Draghi al Quirinale. Ma è ben poca cosa rispetto al rischio di veder sparire il proprio partito, schiacciato e assorbito dalla Lega e con un leader ormai definitivamente tramontato.

Perché la mossa funzioni, però, Berlusconi deve muoversi subito: non farsi sacrificare in aula alla prima chiama per constatare che i voti non ci sono, ma ritirarsi subito e ricollocarsi su Draghi, rubando il tempo a Salvini. Il leader della Lega scalpita per prendersi il ruolo di regista e archiviare definitivamente la stagione berlusconiana.

Per evitarlo, il Cavaliere deve muoversi per primo e non farsi mettere da parte nel nuovo schema pro Draghi. Tanto più che la campagna di raccolta voti di questi giorni tornerebbe utile: se dirottata su Draghi prenderebbe quota e permetterebbe a Berlusconi di portare in dote anche più voti rispetto a quelli di FI. Moneta preziosa anche per costituire, poi, il nuovo esecutivo del presidente.

 

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