La candidatura di Silvio Berlusconi alla presidenza della Repubblica si è fermata a poco meno di una settimana dal primo voto, fissato per lunedì prossimo. A dare il colpo di grazia a un’operazione politica che fin dall’inizio appariva difficilissima sono state le parole del leader della Lega Matteo Salvini, che ha fatto capire che Berlusconi non aveva voti sufficienti per aspirare all’incarico e che quindi la Lega avrebbe presto proposto il suo candidato.

Nel pomeriggio di oggi sono arrivate le conferme. «Questa è una vicenda molto malinconica, ieri sera Berlusconi era abbastanza triste», ha detto il critico d’arte e personaggio televisivo Vittorio Sgarbi, uno dei parlamentari incaricati di individuare i voti necessari all’elezione di Berlusconi. «Al momento l'operazione “scoiattolo” si è fermata», ha detto utilizzando il nome che in gergo è stato attribuito all’operazione di "scouting” di parlamentari.

Il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani ha immediatamente minimizzato le parole di Sgarbi che «non rappresenta Berlusconi». Ma dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni, il cammino del fondatore di Forza Italia verso il colle sembra essersi definitivamente arrestato.

Operazione scoiattolo

Di Berlusconi candidato alla presidenza della Repubblica si parla almeno dall’inizio dell’autunno. A novembre, la candidatura è di fatto diventata ufficiale quando è stata proposta da Mariastella Gelmini, ministra degli Affari regionali e importante dirigente di Forza Italia. Anche se Berlusconi non lo ha mai confermato pubblicamente le sue intenzioni, sono numerosi gli alleati e gli amici, come Vittorio Sgarbi, che in queste settimane si sono adoperati per trasformare in realtà questo desiderio.

Ufficialmente, sia Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, che Salvini, hanno appoggiato la sua candidatura come scelta "ufficiale” del centrodestra. Ma nessuno dei due ha mai veramente creduto all’operazione. Dopo le prime uscite infatti, è diventato presto chiaro che Berlusconi non avrebbe potuto contare nemmeno su tutti i voti del centrodestra, che in ogni caso non sarebbero sufficienti a garantirgli l’elezione. In tutto, gli mancherebbero circa 70 voti per arrivare alla maggioranza assoluta (fissata a 505 grandi elettori, nell’attuale situazione). Berlusconi «potrebbe tornare a Roma domani ma, se anche su 110 chiamate che dovremmo fare ci rispondessero la metà, non sarebbe sufficiente», ha detto oggi Sgarbi.

L’impazienza degli alleati

Salvini e Meloni hanno mostrato segni di crescente impazienza di fronte alla determinazione di Berlusconi. Dal loro punto di vista, il tempo speso dietro alla difficilissima candidatura del fondatore di Forza Italia blocca le trattative con le altre forze politiche, che potrebbero portare, per la prima volta nella storia recente, all’elezione di un presidente della Repubblica più vicino alle sensibilità della destra che a quelle del centro e del centrosinistra.

A perdere definitivamente la pazienza per primo è stato Salvini, che ieri ha rilasciato una brusca dichiarazione in cui invitava Berlusconi a chiarire rapidamente se aveva o meno i numeri per essere eletto. Altrimenti, ha spiegato, spetta alla Lega il compito di indicare un candidato. Una figura «che possa piacere a molti, se non a tutti».

Dalla Lega sono filtrate anche altre voci che giustificherebbero l’abbandono di Berlusconi sulla base di scelte strategiche. Salvini, infatti, preferirebbe trovare l’accordo su una figura meno divisiva di Berlusconi e in grado di fornire garanzie di stabilità all’Unione europea, così da incorrere in minori difficoltà nel caso di un futuro governo di destra.

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