Ha sempre rivendicato il ruolo di artefice, anche se il patrocinato non glielo ha mai davvero riconosciuto, ma il leader di Italia viva sa sfruttare i momenti e quando serve non farsi montare dal rancore. Perché anche Matteo Renzi con la salita di Mario Draghi al Quirinale può guadagnare qualcosa, anche se meno rispetto agli altri leader.

Visibilità, centralità nell’arco politico e un governo di passaggio in cui contare qualcosa in più rispetto ai modesti tre posti che Draghi gli ha riconosciuto arrivando alla presidenza del Consiglio: le pari opportunità con la ministra Elena Bonetti, il posto da vice ministra delle Infrastrutture di Teresa Bellanova e il sottosegretariato all’Interno di Ivan Scalfarotto.

Se dovesse avverarsi lo scenario in cui l’attuale premier traslochi al Quirinale, e i partiti fossero in grado di formare una maggioranza per un nuovo governo, allora Renzi potrebbe tenere in piedi ancora per un po’ il suo partito al governo, forse uno degli ultimi colpi in canna che gli restano prima di affrontare le elezioni che potrebbero rilegarlo verso le soglie dell’oblio, avendo già un consenso elettorale con cui potrebbe essere difficile eleggere un numero cospicuo di parlamentari.

A Renzi, infatti, non dispiace l’idea a cui lavora la Lega di un governo dei leader («può avere un senso coinvolgere le prime linee dei partiti», ha detto in un’intervista al Corriere della Sera), non tanto perché lui stesso possa ricoprire un incarico di governo ma soprattutto per coltivare l’ambizione di avere di nuovo un esecutivo interamente politico. Detta con le parole di un parlamentare di Italia viva: «Un rientro della politica nel governo».

Un’idea che non convince tutto il partito, una parte dei renziani vorrebbe che Draghi rimanesse lì dove è, ovvero a Palazzo Chigi, fino al 2023. Ma per Renzi il campo da gioco naturale è la politica e lui potrebbe ottenere nuove opportunità se tutti i tasselli si collocassero nelle giuste posizioni.

 

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