In arrivo un nuovo condirettore al fianco del nuovo direttore del Gr, mentre il budget a disposizione dei nuovi palinsesti è sottoposto a un vincolo di bilancio imposto dal ministero dell’Economia
Sigfrido Ranucci audito dal parlamento europeo parla già di «tagli», a Roma sono più prudenti ma in Rai è partita la grande corsa a trovare un posto al sole nei nuovi palinsesti che saranno presentati come da tradizione al centro di produzione di Napoli a fine giugno. Quest’anno, con un ostacolo in più: un tetto di spesa.
Ma mentre altrove si tira la cinghia, la governance ha appena deliberato la nomina di un condirettore a Radio1, dove a breve Nicola Rao (considerato vicino all’area di Fratelli d’Italia) dovrebbe prendere il posto di Francesco Pionati, scelto tempo fa dalla Lega. Al suo fianco, dunque, si andrebbe a insediare (la proposta sarebbe di Pionati, controfirmata dall’ad) Stefano Mensurati, classe 1959, voce storica della rassegna stampa notturna con un passato al Secolo d’Italia e anche lui considerato vicino alla corrente ex tatarelliana di FdI.
L’austerity con cui devono fare i conti direttori, conduttori e giornalisti è un regalo della Lega, o meglio del ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti, che con un emendamento all’ultima legge di Bilancio ha imposto alla Rai un vincolo: l’articolo 113, che chiede tagli pesanti (a spanne siamo sui 20 milioni di euro, il 2 per cento dell’ammontare sostenuto nella media 2021-2023) alla Rai per gli anni a venire.
Tagliare ma dove
Una razionalizzazione di cui la politica ha ribadito la necessità a più riprese, considerate le spese esagerate e immotivate che periodicamente assurgono agli onori delle cronache e le condizioni disastrose in cui vertono i conti dell’azienda. I tagli ragionati ai costi vengono discussi ciclicamente, ma difficilmente vanno a dama: l’esempio che viene citato a più riprese tra palazzo San Macuto, dove ha sede la commissione Vigilanza e viale Mazzini è il piano Newsroom, che avrebbe dovuto accorpare le redazioni Rai in un gruppo unico. Con tutte le conseguenze del caso, come il taglio dei vicedirettori che ha ogni testata (e che sono sempre un bottino prezioso per tutte le parti politiche): una riduzione che all’epoca fece storcere il naso a più di qualcuno, tanto da finire per lasciare il piano in un cassetto.
Oggi, la stabilizzazione può rappresentare un rischio per testate e programmi meno in linea con i desiderata della governance. I costi non controllabili nelle produzioni sono tanti. Dalle troupe ai cosiddetti zainetti – necessari per i collegamenti in diretta – passando per ospiti e conduttori, i cosiddetti costi “sopra la linea” (quelli “sotto” sono tutti quelli collegati allo studio, come operatori, scenografi, fotografia e così via) rischiano di aumentare costringendo a tagliare le spese altrove. Il rischio che vede chi quotidianamente realizza le trasmissioni che vanno in onda è che a soffrire dell’austerità sia la qualità del prodotto: «Se devo tagliare le trasferte è un tema, se arrivo a non avere servizi da mandare in onda sono costretto a fare due ore di programma senza un’immagine» racconta chi conosce bene i meccanismi della tv.
Il limite di bilancio può avere ricadute anche sulle squadre, che rischiano di essere ridotte. E, considerato quanto la politica sia il convitato di pietra anche nella scelta di chi lavora nelle redazioni, qualcuno teme già che il manuale Cencelli sarà seguito in maniera ancora più pedissequa per investire le minori risorse a disposizione in maniera politicamente efficiente.
E se la spartizione è un tema all’interno delle redazioni, figurarsi nella gestione dei palinsesti. Risalendo le gerarchie, i prossimi a dover fare scelte di peso in base al budget disponibile sono i direttori, che già da settimane si stanno spremendo le meningi per compilare i palinsesti del prossimo inverno. Ci sono alcune trasmissioni dal costo monstre che verranno mantenute nonostante risultati non proprio brillanti, prima fra tutte L’altra Italia di Antonino Monteleone, che resta nella sua nuova collocazione della seconda serata. Confermato anche Lo stato delle cose di Massimo Giletti (sempre sotto la direzione Cultura, non Approfondimenti) che continua a viaggiare intorno al 5 per cento di share. Strada spianata anche per Eccellenze italiane, progetto caro alla Lega condotto dalla giornalista esterna Simona Arrigoni, con un passato all’emittente lombarda 7Gold. Percorso più in salita per altri programmi meno graditi al nuovo corso che cercano più fondi per finanziare nuove iniziative o un aumento dello spazio.
Risalendo ancora la gerarchia, si arriva a chi invece dovrà spartire i fondi tra le direzioni, il nuovo coordinatore dei generi Stefano Coletta. Si tratta di un livello aggiuntivo, un ruolo che finora era solo previsto nella teoria dell’organigramma aziendale ma che l’ad Giampaolo Rossi ha voluto fortemente. Apprezzato trasversalmente per la sua esperienza anche se considerato non allineato con la nuova governance, sarà da vedere come il dirigente cresciuto a Rai3 affronterà il tema dei fondi da assegnare insieme alla sua probabile nuova vicedirettrice Federica Lentini, che a lungo ha seguito il dossier Sanremo finché Coletta era direttore del prime time. L’ex direttore di Rai3 dovrà metterci la faccia.
© Riproduzione riservata



