Galeotto fu il sit-in. La decisione della segretaria Pd Elly Schlein di manifestare sotto il palazzo della Rai in viale Mazzini ha provocato una nuova frattura nel campo delle opposizioni. Il Movimento 5 stelle ha deciso di non partecipare alla protesta: le ragioni sono state illustrate in un post social della presidente della commissione Vigilanza Rai, Barbara Floridia, che ha spiegato che il problema dell’occupazione «non è un fenomeno che nasce con Giorgia Meloni, ma è radicato nei decenni. Meloni sta facendo quello che la legge le consente».

Gli unici a non partecipare alla spartizione sarebbero stati i grillini, secondo Floridia. Ma a questo punto c’è da chiedersi chi abbia scelto Fabrizio Salini come ad o Giuseppe Carboni come direttore del Tg1 durante il governo Conte I.

Secondo il M5s, comunque, non c’è ragione di partecipare al sit-in – che per altro andrà in scena durante la settimana di Sanremo, quando a viale Mazzini non resterà quasi nessuno – perché «il problema è strutturale e va affrontato in sede di riforma», da discutere anche con le forze di maggioranza.

Nel pomeriggio a coprire le spalle a Floridia è sceso in campo Giuseppe Conte in persona, sottolineando che gli strumenti migliori per fare opposizione a “TeleMeloni” sarebbero la commissione di Vigilanza e gli Stati generali (il tavolo aperto ad azienda, partiti e stakeholder rinviato di stagione in stagione da mesi). E, soprattutto, che le battaglie sull’occupazione bisogna farle «senza ipocrisia», visto che «la governance Rai è assoggettata al controllo del governo, oltreché della maggioranza di turno, grazie alla riforma imposta dal Pd renziano del 2015».

Un affronto per Italia viva. Replica infatti Matteo Renzi: «Giuseppe Conte è un uomo senza dignità. Sulla Rai: se ritiene che la riforma del 2015 fosse sbagliata, perché l’ha utilizzata per fare le nomine quando è toccato a lui governare? E perché continua a fare la stampella a Meloni anche sul servizio pubblico dopo averlo fatto sul Mes?»

La replica dei dem

Quella di Conte è una posizione irricevibile anche per il Pd. Dalle parti dei dem in un primo momento hanno fatto notare come il rifiuto di aderire poteva essere letto come dimostrazione che i Cinque stelle fossero in combutta con TeleMeloni, lettura che circola già da tempo nel partito che una volta sarebbe dovuto essere il partner di Conte nel campo largo. Come prova, a sinistra, citano le concessioni ricevute dal Movimento a viale Mazzini, dal terzo condirettore della Tgr alle conduzioni affidate a volti d’area nei palinsesti televisivi, «in cambio – dicono – delle astensioni di di Majo (consigliere d’area in cda ndr) sulle proposte dei vertici».

Schlein stessa nelle trattative si sarebbe limitata a mantenere le posizioni aziendali storicamente già in mano al centrosinistra e, giurano, mai si intrometterà nella spartizione. Il Pd non si espone neanche sul duello televisivo con Meloni, su cui le trattative sono ancora in alto mare, spiegano. E non è detto che la sfida andrà in onda necessariamente sui canali della Rai, nonostante l’amministratore delegato Roberto Sergio abbia già dato per certa la conduzione di Bruno Vespa. «Una sparata», si limitano a liquidarlo.

A Conte in serata replicano poi altre fonti dem: «Il Pd non risponde né agli attacchi di Conte né a quelli di Wanna Marchi (che ieri ha detto di non apprezzare Schlein, ndr). Il nostro avversario continua a essere la destra, il governo e la destra di Giorgia Meloni e Matteo Salvini». Ma per il Nazareno non è così facile scrollarsi di dosso il peccato originale della legge renziana sulla governance evocata dal Movimento. E così, la scelta dello strumento di lotta, dopo le mosse in Vigilanza, ricade sul sit-in. Per il partito è secondario che i dirigenti saranno tutti in trasferta, «l’attenzione sul servizio pubblico sarà alta, e a noi importa chi verrà a manifestare con noi. La nostra non è una manifestazione contro l’azienda».

Alla fine, però, a partecipare insieme al Pd rischia di esserci soltanto Avs. Azione si è tirata fuori nonostante Carlo Calenda abbia fatto sapere via X, ad Andrea Orlando, di essere pronto a riprendere una discussione su un testo condiviso per riformare la governance. Anche Italia viva non sembra troppo incline a condividere l’iniziativa nonostante Renzi sabato mattina sia stato tra i primi a segnalare l’improbabile apertura del Tg1 sul cibo italiano nello spazio accompagnato da una lunga intervista al ministro Francesco Lollobrigida. Da allora il telegiornale di Gian Marco Chiocci, che nei giorni scorsi aveva anche lanciato un titolo fallace sui «1.000 euro in più agli anziani», è tornato ancora nella bufera: questa volta, per la scelta di mandare in onda, sabato sera, il viso non oscurato della donna che ha lasciato un neonato al pronto soccorso di Aprilia. Un servizio che ha mobilitato anche Ordine dei giornalisti e Garante per la privacy. In azienda sono in sofferenza anche Raisport, dove la redazione si chiede perché il trionfo di Jannik Sinner, primo italiano a vincere gli Australian Open, non sia stato seguito da nessun inviato (pare che a Viale Mazzini si sia preferito risparmiare), e Radiorai: il cdr segnala la scaletta a senso unico di Ping pong, dopo settimane in cui la lista degli ospiti di Annalisa Chirico ha mostrato una certa sovrabbondanza di esponenti della destra.

Ma mentre si muovono le componenti sindacali delle singole redazioni, anche Unirai – il sindacato “di destra" nato lo scorso novembre – ha pensato di dare il suo contributo al dibattito sul servizio pubblico, promuovendo un proprio anti-sit-in, sempre il 7 febbraio, secondo il comunicato «in difesa dell’autonomia professionale dei giornalisti, del pluralismo e della libertà». Chi più ne ha più ne metta.

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